Trasse dal teatro contemporaneo la fonte per le sue composizioni, coniugando le caratteristiche fisiognomiche, spesso ambigue, dei personaggi rappresentati, alla espressiva gestualità rivelatrice dei loro caratteri.
Primo di otto fratelli, l'artista nacque da Domenico e Margherita Marinello (o Marinelli). Probabilmente influenzato dall'anziano Francesco Solimena, nei suoi dipinti, sia con opere d'argomento religioso - come la Crocifissione del 1748, ora conservata alla Collezione Escalar, o i tre grandi teleri orizzontali con le Storie della Vergine per la chiesa napoletana di Santa Maria dell'Aiuto dell'anno successivo, che in ritratti e scene di soggetto domestico - si mise in opposizione alle tendenze «ufficiali» dell'ambiente napoletano, indirizzandosi verso una resa naturalistica e psicologica della realtà.
A causa dei difficili rapporti con artisti e committenti il Traversi si trasferì, intorno al 1752, definitivamente a Roma, nel quartiere Trastevere, accompagnato dalla sorella Caterina e dalla moglie Rosa Orlandi, forse su invito del padre francescanoRaffaello Rossi da Lugagnano, conosciuto a Napoli quando quest'ultimo era, dal 1742, commissario visitatore apostolico presso il Regio Monastero di Santa Chiara a Napoli e suo maggior committente romano, ma continuò a mantenere contatti con l'ambiente napoletano.
In quello stesso anno, su commissione dei Carmelitani di San Crisogono, realizzò sei tele incentrate su temi biblici ed evangelici oggi conservate nella Basilica di San Paolo fuori le mura; successivamente esegue il Miracolo di san Raimondo Nonnato per la chiesa di Sant'Adriano, ora conservato nella curia generalizia dei Mercedari. Nella coeva tela con Il ferito, conservata nelle veneziane Gallerie dell'Accademia, un giovane, confortato da una ragazza, fa esaminare la sua ferita a un medico: il punto focale della tela è nel volto, intento e grave, del medico; secondo Roberto Longhi"...ci pare che il sembiante dell'ignoto chirurgo napoletano prenda posto fra quei ricordi dell'uomo che ci dicono qualche cosa di sicuro, di veracemente attuale sui sentimenti possibili ad un uomo in un secolo, senza cedere troppo a quei sentimenti medesimi; così come ci dicono l'Erasmo dell'Holbein o il Voltaire dello Houdon".
Tra il 1753-58 le 25 tele per la chiesa e la sagrestia di Santa Maria di Monte Oliveto a Castell'Arquato su commissione di Raffaello Rossi da Lugagnano e dipinti per il Duomo di Parma. Nel 1753 riceve la commissione per le Stazioni della Via Crucis di Borgotaro, in origine destinate alla chiesa di Santa Maria di Castell'Arquato presso Piacenza.
Contemporanee alla produzione religiosa sono le sue celebri tele con scene di genere, dipinti nei quali alle prime esperienze del naturalismo napoletano si aggiungono le nuove sollecitazioni della pittura di genere nordica e dell'eredità caravaggesca; raccoglie i nuovi indirizzi del Monsù Bernardo e di Marco Benefial, indirizzandoli verso un'autentica indagine sociale, prendendo a soggetto tanto le classi alte che quelle popolari. Come scrive Nicola Spinosa, il Traversi presenta "...scene tratte dalla vita d'ogni giorno, dai salotti di ricchi borghesi – quelli che allora s'usava indicare come parvenus – con aspirazioni nobiliari o da qualche misero interno d'osteria con avventori rissosi, vecchi ubriaconi, mezzane proterve e giovanotti sprovveduti, dall'interno di qualche basso con comari compiacenti e ragazzotte intristite o da un angolo di strada frequentato da frati avvinazzati e legulei senza scrupoli, da ragazzini ridanciani e da cicisbei rammolliti; venivano messi a fuoco, meglio che in un trattato sulla situazione economica del paese o in un pamphlet sui costumi della sua gente e sulle sue necessità, i mali, le rinnovate aspirazioni, le continue delusioni, i laceranti contrasti, le persistenti contraddizioni di una realtà che poteva essere solo quella della Napoli settecentesca o di alcuni quartieri periferici romani".
Il contratto nuziale del 1745 - 1750, rivela l'attenzione dell'artista per la produzione di William Hogarth, del quale dovette conoscere le incisioni anche se, secondo l'Antal, "i volti di questi ricchi borghesi napoletani, che vogliono sembrare aristocratici, sono lievemente più convenzionali che in Hogarth".
L'ultima sua opera conosciuta, del 1770, è il Ritratto di canonico, in cui l'espressione cupida del vecchio sacerdote stigmatizza l'immagine di un clero corrotto ma potente, fra i principali bersagli della contemporanea critica illuminista.