Di famiglia borghese, Giovanni Battista De Luca nacque nel 1614 a Venosa, in Basilicata. Dopo aver studiato giurisprudenza a Salerno e a Napoli, dove si laureò in utroque nel 1635 ed iniziò l’attività di avvocato presso il Sacro regio consiglio e la Regia Camera della Sommaria. Ancora in giovane età, divenne vicario capitolare della sede episcopale venosina. Nel 1644 De Luca si trasferì a Roma, dove esercitò l'avvocatura, guadagnandosi la fama di valente giureconsulto.[2] Si occupò anche di questioni economiche e finanziarie in un'ottica prevalentemente mercantilista.[3] Nello studio di De Luca si formò, tra gli altri, il famoso giurista ed uditore della Sacra Rota Romana Ansaldo Ansaldi (1651-1719). Dal 1658 fu avvocato a Roma del Re di Spagna.
Consacrato sacerdote in età avanzata, venne nominato da papa Innocenzo XI uditore del Sommo Pontefice e segretario dei Memoriali (1676) e quindi referendario delle due segnature (1677). Papa Odescalchi lo incaricò di predisporre un vasto programma di razionalizzazione e modernizzazione dello Stato della Chiesa. La dura opposizione di una parte del collegio cardinalizio gli impedì però la realizzazione degli interventi più incisivi, come l’abolizione del nepotismo, attenuato certamente, ma ancora forte e dispendioso per la Sede Apostolica. Forti resistenze incontrò anche la riforma dei «patentati» del Sant'Uffizio, di altre istituzioni ecclesiastiche e statali e di cardinali e vescovi (laici che prestavano qualche servizio a queste e altre istituzioni o prelati, che con una «patente» venivano a godere dei privilegi completi o parziali del clero). Per la riforma di costoro fu istituita la «Congregazione particolare» del 1680, che divenne il campo della lotta più dura per il De Luca, quando circolarono diversi scritti anonimi con le accuse più gravi contro di lui.
Lasciò una vasta produzione giuridica, tra cui il Theatrum veritatis et iustitiae (un'opera in 15 libri con la raccolta delle allegazioni e dei pareri forensi in materia di diritto civile, canonico, feudale e municipale). L'opera divenne una delle principali autorità del tardo ius commune e fu ristampata regolarmente fino alla metà del XVIII secolo.[4]
De Luca adotta un approccio molto originale nell’analisi del diritto comune. I giuristi tradizionali cercavano di individuare regole e principi generali del diritto nel Corpus iuris civilis e nei suoi interpreti più antichi, senza accorgersi che il diritto romano era stato in gran parte accantonato nella prassi privatistica. Le materie trattate nel Theatrum, più che derivare dal diritto romano, sono tratte dalla pratica e dalla giurisprudenza forense. Per De Luca è importante focalizzarsi solo su quegli aspetti del diritto romano che possono essere utili nella pratica contemporanea del diritto, in opposizione all'approccio umanistico della scuola culta, che si impegnava allo studio del diritto romano per capirne il significato originale, senza particolari applicazioni pratiche al diritto contemporaneo.
L'opera più importante di De Luca è il Dottor volgare, un "compendio di tutta la legge civile, canonica, feudale e municipale" in lingua italiana. L'opera, caratterizzata da maggior respiro teorico e maggiormente svincolata dalle esigenze della pratica legale rispetto al Theatrum, era indirizzata ai giuristi di medio livello, ai pubblici funzionari e ai tecnici dell'amministrazione. Il Dottor volgare è la prima trattazione sistematica del diritto in volgare e la base del lessico giuridico italiano.[1][5] Molti termini giuridici usati ancor oggi sono attestati per la prima volta nell'opera di De Luca.[6] L'uso del volgare al posto del tradizionale latino in una trattazione giuridica di alto livello fu molto innovativo per l'Europa dell'epoca. Secondo Scipione Maffei «d'un corpo di ogni materia legale simile a quello dato dal cardinal de Luca nessun altra volgar lingua può far mostra come la nostra.»[7]
^Sulla ideologia mercantilistica di de Luca, T. Fornari, Delle teorie economiche nelle Provincie napolitane dal secolo XIII al MDCCXXXIV, Milano 1882, con un giudizio fortemente critico sul Principe pratico, motivato dalle inclinazioni dell'autore, non condivise. Una valutazione ampiamente positiva delle considerazioni finanziarie acute e ingegnose di de Luca, in G. Ricca Salerno, Storia delle dottrine finanziarie in Italia, Palermo 1896, p. 163. Sul compiuto e coerente modello di assolutismo mercantilistico e dirigistico prospettato da de Luca, D. Frigo, La dimensione amministrativa nella riflessione politica (secoli XVI-XVIII) in L'Amministrazione nella storia moderna ( = Istituto per la scienza dell'Amministrazione pubblica. Archivio, n.s., 3) I, Milano 1985, p. 57 ss.
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