Giulio Alessio | |
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Ministro della pubblica istruzione | |
Durata mandato | 14 marzo 1920 – 21 maggio 1920 |
Presidente | Francesco Saverio Nitti |
Predecessore | Pietro Chimienti |
Successore | Andrea Torre |
Ministro dell'agricoltura, dell'industria e del commercio del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 15 giugno 1920 – 4 luglio 1921 |
Presidente | Giovanni Giolitti |
Predecessore | Giuseppe De Nava |
Successore | Bortolo Belotti |
Ministro di grazia e giustizia | |
Durata mandato | 1º agosto 1922 – 31 ottobre 1922 |
Presidente | Luigi Facta |
Predecessore | Luigi Rossi |
Successore | Aldo Oviglio |
Deputato del Regno d'Italia | |
Legislatura | XX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVI del Regno d'Italia |
Gruppo parlamentare | Radicale |
Circoscrizione | Padova |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Radicale Italiano |
Titolo di studio | laurea |
Università | Università degli Studi di Padova |
Professione | Economista |
Giulio Alessio (Padova, 13 maggio 1853 – Padova, 19 dicembre 1940) è stato un economista e politico italiano.
Laureatosi in Giurisprudenza nel 1874, cominciò ad insegnare negli istituti tecnici fino a quando, nel 1877, ottenne un incarico come docente di Economia politica presso l'Università di Padova. Nel 1880 fondò il Circolo d'Italia, associazione democratico-progressista (poi rinominata Società Cairoli e infine Associazione democratica padovana liberale, attiva fino al 1924). Dal 1888 resse la cattedra di Scienza delle finanze e di diritto finanziario sempre all'Università di Padova.[1]
Deputato radicale dal 1897 al 1919, nel corso della XXVI legislatura passò a Democrazia Sociale nel cui schieramento rimase fino al 1924.[1]. Fu sottosegretario alle Finanze nel primo ministero Sonnino (1906)[2] vicepresidente della Camera (1913-1919)[2], ministro della Pubblica Istruzione (1920)[3], ministro dell'Industria e Commercio (1920-1921), ministro di Grazia e Giustizia (1921), ministro delle Poste e Telegrafi (1920).
Negli anni della prima guerra mondiale, in qualità di vice, in sostituzione del presidente della Camera Giuseppe Marcora, partecipò all'assise del Parlamento interalleato a Parigi nel 1916 e a Londra nel 1918.[1]
Di origine ebraica[4], fu deciso avversario del fascismo[5] e prese parte alla secessione dell'Aventino (giugno 1924). Nel novembre del 1924 aderì all'Unione Nazionale delle forze liberali e democratiche di Giovanni Amendola.[2]
Perseguitato per le sue posizioni politiche, dopo l'attentato contro il re Vittorio Emanuele III del 12 aprile 1928 alla Fiera Campionaria di Milano, fu arrestato[2] e costretto a lasciare l'insegnamento universitario; continuò comunque a studiare e a preparare una grande opera in due volumi che vide la luce nel 1939 poco prima della sua morte, Lo stato italiano.
Firmatario nel 1925 del Manifesto degli intellettuali antifascisti[2] redatto da Benedetto Croce in polemica risposta all'analogo e opposto documento di adesione al regime preparato dal filosofo Giovanni Gentile, fu tra i dieci Accademici dei Lincei che nel 1933 si rifiutarono di prestare giuramento al fascismo.
Fece parte della Massoneria[6].
Fu membro delle seguenti accademie e istituzioni scientifiche:
Controllo di autorità | VIAF (EN) 114799635 · ISNI (EN) 0000 0001 0937 9000 · SBN RAVV072713 · LCCN (EN) n89659907 · GND (DE) 117760943 · BNF (FR) cb10341005g (data) |
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