Giulio Ossequente (in latino Iulius Obsĕquens; Roma?, IV secolo – ...) è stato uno storico romano.
Nulla si sa della vita di Giulio Ossequente, a partire dall'epoca, che, per ragioni stilistiche, è stata collocata all'inizio del III secolo, mentre altri lo hanno inserito nel IV[1]. Il suo stesso nomen riconduce alla gens Iulia e, di conseguenza, a Roma, mentre resta oscuro il cognomen Obsequens.
Nella sua opera, Libro dei Prodigi (De prodigiis)[2], Ossequente descrive eventi anomali avvenuti a Roma e nei suoi domini, definiti prodigia, tutti tratti da Tito Livio o forse da una sua successiva epitome. L'opera si inserisce nella tendenza alle epitomi tipica del IV secolo, con autori come Eutropio o Ampelio, al quale ultimo Ossequente può essere accostato per la focalizzazione monografica della sua epitome liviana.
La parte del libro di Ossequente che comprendeva i primi secoli di Roma è perduta e ciò che rimane si estende dal consolato di Lucio Scipione e Gaio Lelio a quello di Paolo Fabio e Quinto Elio, vale a dire dall'anno 190 a. C fino all'anno 11 a.C. Comunque, ci sono altre lacune nella seconda parte.
«Si tenne un novendiale per la pioggia di pietre caduta nel Piceno e per i fuochi scaturiti dal cielo in molti luoghi che, accompagnati da un leggero vento, bruciarono le vesti di numerose persone. Il tempio di Giove nel Campidoglio fu colpito da un fulmine. In Umbria un ermafrodito di circa dodici anni fu scoperto e soppresso per ordine degli aruspici. I Galli, che attraversando le Alpi erano entrati in Italia, furono espulsi senza combattere […] Una furiosa tempesta produsse gravi danni in Roma: abbatté statue di bronzo sul Campidoglio […] Nell'allestimento di un lettisternio le statue divine girarono la testa in conseguenza del terremoto: il piatto dei cibi insieme al coperchio apparecchiato dinnanzi a Giove cadde dalla mensa e i topi rosicchiarono delle olive […] A Lanuvio un oggetto fu visto di notte brillare nel cielo. Molti edifici a Cassino vennero distrutti da fulmini e per alcune ore fu visto il sole di notte. A Teano Sidicino nacque un bimbo con quattro mani e altrettanti piedi. Dopo la cerimonia di lustrazione vi fu infine pace a Roma. A Cere nacque un maiale con mani e piedi umani e così bambini quadrumani e quadrupedi. A Foro Esino una fiamma, uscita dalla bocca di un bue, non lo ferì […] Un uccello incendiario e un gufo furono visti a Roma. Nel carcere delle latomie un uomo divorò un altro uomo […] Molte migliaia di persone morirono a causa dell'ingrossamento e dell'esondazione del Po e del lago di Arezzo. Piovve latte per due volte. A Norcia furono partoriti due gemelli da una donna libera: una bambina con tutte le membra integre e un bambino col ventre aperto davanti, sicché potevano scorgersi le viscere scoperte, dietro privo dell'orifizio anale: morì subito dopo aver emesso un gemito.[3]»
Il libro contiene molti avvenimenti insoliti come: bimbi nati a quattro braccia, buoi parlanti, sangue che esce dal terreno, foreste possedute (quando Mitridate VI del Ponto dà fuoco a una foresta sacra agli dèi maligni, viene udita una strana risata), piogge di sangue, terra e numerosi altri prodigi.
L'opera è scritta in uno stile semplice e puro, con una narrazione vivace, veloce, con chiari sviluppi e riflessioni, utile anche per aver riportato alcuni fatti dei quali nessun altro scrittore ha parlato e con grande attenzione alla paradossografia anche antropologica[4].
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