Gliosarcoma | |
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Incidenza | 2% di tutti i glioblastomi |
Età media alla diagnosi | 53 anni |
Rapporto M:F | 1,8:1 |
Classificazione e risorse esterne | |
Neurooncologia | |
Tumori del tessuto neuroepiteliale └► Tumori astrocitari └► Glioblastoma └► Gliosarcoma | |
ICD-O | 9442/3 |
Grado WHO | IV |
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Il gliosarcoma è una variante istologica del glioblastoma caratterizzata da una struttura tissutale bifasica, con aree che mostrano alternativamente differenziazione gliale e mesenchimale[1].
Presenta sintomi e segni identici al glioblastoma ordinario. Metodica di diagnosi e trattamento sono gli stessi.
Dubbi su migliorie rispetto a quest'ultimo riguardo alla prognosi.
Il termine gliosarcoma venne introdotto nel 1895 da H. Stroebe.[2]
Verso la metà del secolo scorso I.M. Feigin e altri[3]
definivano il gliosarcoma come un glioblastoma nel quale i vasi sanguigni del tumore subiscono una trasformazione, acquisendo le caratteristiche di un sarcoma.
Questo punto di vista non è però supportato dalle recenti analisi genetiche, che sono orientate verso un'origine monoclonale.
Il gliosarcoma è una neoplasia rara. È stato stimato che costituisce approssimativamente il 2% di tutti i glioblastomi.[4][5]
Questa neoplasia ha una distribuzione, in quanto a età della sua comparsa, del tutto simile a quella del glioblastoma primario, con una fascia preferenziale tra i 40 e i 60 anni (età media 53 anni). I maschi ne sono molto più colpiti che le femmine (Il rapporto M:F è pari a 1,8:1).[1]
È stato indicato che i gliosarcomi mostrano una prognosi in un qualche modo più favorevole rispetto a quella dei glioblastomi ordinari,[6] ma sperimentazioni cliniche sufficientemente ampie hanno fallito nel mostrare significative differenze tra le due neoplasie, per quel che riguarda gli esiti.[5][7][8]