Il maestro e Margherita è un film italo-jugoslavo del 1972, diretto da Aleksandar Petrović.
Si tratta della prima trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Michail Bulgakov.
Nikolaj Maksudov, maestro drammaturgo dell'Unione Sovietica, decide di scrivere una commedia liberamente ispirata al processo di Gesù Cristo. Viene organizzata la prima dello spettacolo. Durante le prove, appare un misterioso soggetto, tale Woland, successivamente identificato come il diavolo in persona. Costui è accompagnato da due bizzarri servi, Korov'ev e Azazello.
La pièce, nel frattempo, viene censurata. Nicolaj cerca in tutti i modi di convincere la commissione esaminatrice, senza successo. L'unica persona a sostenere l'artista è Margherita, una affascinante ragazza conosciuta per caso a Mosca. Fra i due nasce una intensa storia d'amore.
Woland, incuriosito dal lavoro teatrale, aiuta lo scrittore a far sì che lo spettacolo riprenda. Per far ciò, uccide o punisce tutti i burocrati sovietici. Il drammaturgo scopre, così, la vera identità del professore. Creduto pazzo, viene internato in un manicomio.
Grazie all'intervento del diavolo, la commedia viene finalmente presentata. Woland permette, inoltre, a Nikolaj di evadere dalla clinica, per dare un breve ed ultimo saluto alla sua amata Margherita; il maestro, infatti, muore poco tempo dopo.
La parte del Maestro fu affidato a Ugo Tognazzi, al suo primo ruolo drammatico. L'attore lombardo recitò al fianco di Mimsy Farmer, reduce dal successo mediatico di 4 mosche di velluto grigio di Dario Argento.
La maggior parte del lungometraggio è ambientato a Sarajevo.
Il film è stato distribuito nei cinema italiani a partire dall'8 settembre 1972. Venne presentato negli USA, in anteprima mondiale, al Chicago International Film Festival.
Nel 2016 è uscita la versione DVD italiana, edita dalla CG Entertainment.
La pellicola è presente nelle principali piattaforme streaming.
La rivista FilmTv considera Il maestro e Margherita «un pezzo di storia del cinema italiano». Loda, inoltre, l'ottima interpretazione di Tognazzi.[1]
Giudizio più tiepido è stato redatto dal critico Morando Morandini: «un film illustrativo e riduttivo, inerte e deprimente».[2]