Luciano Emmer (Milano, 19 gennaio 1918 – Roma, 16 settembre 2009) è stato un regista, sceneggiatore e montatore italiano. Realizzò numerosi film e alcuni tra i più importanti documentari d'arte italiani.
Nacque nel gennaio 1918 a Milano, in una casa in via Gesù, dall'ingegner Pietro Emilio Emmer, trentino di Cles di lontane origini olandesi, e da Lina Colombo, lombarda di Merate. Era cugino del fotografo Claudio Emmer. Lo stesso anno il padre venne ingaggiato dal comune di Venezia come ingegnere capo, con l'incarico di progettare il piano regolatore di Marghera, e portò con sé la moglie e il piccolo. A Venezia Luciano si appassionò al cinema, potendo entrare gratis nelle sale grazie a una speciale tessera conferita al padre, e valida per tutta la famiglia.
Sempre al seguito del padre, nel 1930 si trasferì in Sardegna, per tornare a Milano nel 1932 e iscriversi al Liceo Ginnasio Giovanni Berchet. Strinse amicizia col genovese Enrico Gras, e nel 1936 si fidanzò con Tatiana Grauding, di sangue russo, lettone e tedesco, nata a Parigi e giunta a Milano con la famiglia esule: insieme frequentavano la Cineteca Italiana. Col desiderio di fare cinema (nonostante la madre che non aveva mai visto un film gli consigliava di fare piuttosto l'idraulico), nel 1938 si trasferì con l'amico Gras e la fidanzata a Roma, iscrivendosi alla facoltà di Giurisprudenza all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", ma occupandosi più che altro della loro neofondata casa di produzione cinematografica Dolomiti Film. Nel 1942 si sposò.[1][2][3]
Realizzati con Enrico Gras alcuni documentari artistici, dopo la morte del padre, avvenuta nell'estate 1943, Emmer fuggì con le pellicole nella neutrale Svizzera (Gras era invece stato deportato a Dachau), dove riuscì a farle proiettare a intellettuali soprattutto francesi. Riunitosi con Gras, dal 1945 continuò ad acquisire rinomanza internazionale per i documentari anche compiendo alcuni viaggi a Parigi, avendo avuto l'interesse del noto conservatore e critico Henri Langlois. Nel 1947 Gras emigrò in Argentina, così Emmer continuò a realizzare documentari da solo, finché nel 1950 esordì nel film a soggetto, all'insegna di un neorealismo minore ed episodico, con Domenica d'agosto.
Diresse poi altri film: Le ragazze di piazza di Spagna (1952), Terza liceo (1953) e La ragazza in vetrina (1960), dopo il quale Emmer abbandonò il cinema per la pubblicità e per la televisione.
Nel 1990 tornò al cinema di finzione realizzando Basta! Ci faccio un film, cui seguirono Una lunga lunga lunga notte d'amore (2001) e L'acqua... il fuoco (2003).
Negli ultimi anni girò due film per la televisione: Le fiamme del paradiso (2006), ambientato nel Seicento, e Il cardo rosso (2007), ambientato nell'Ottocento.
Fu tutor e docente presso ACT Multimedia - Accademia del Cinema e della Televisione, di Cinecittà.
Novantunenne, a giugno 2009 viaggiando in automobile con Enrico Ghezzi, sulla via Nomentana rimase vittima di un incidente stradale, rompendosi un femore. Ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli, a causa dell'età avanzata non si riprese cadendo vittima di broncopolmonite e altre patologie, che lo portarono alla morte a metà settembre.[4]
Per i suoi documentari artistici, Emmer inventò interessanti e suggestivi moduli formali, che caricò di significato affettivo: a differenza di Pier Paolo Pasolini, che propose un manierismo neorealista, visionario e colmo di citazioni d'arte nella ripresa della realtà degradata, Emmer partì dall'opera artistica limitandosi a interpretarla con le riprese.
Emmer lavorò anche come regista pubblicitario: la stessa sigla del primo Carosello, quella coi vari siparietti che si aprivano uno dopo l'altro, era stata girata proprio da lui. Un'intera generazione di artisti passò davanti alla sua macchina da presa per interpretare gli spot mandati in onda dalla celebre trasmissione preserale: da Totò («Mi faccio un brodo? Ma me lo faccio doppio!») a Walter Chiari («Solo io mi chiamo Yoga»), da Mina (Industria Italiana della Birra) a Carlo Dapporto (Durban's), da Paolo Panelli («Ercolino sempre in piedi») ad Aldo Fabrizi («Avanti c'è posto»); e ancora Dario Fo («Supercortemaggiore, la potente benzina italiana»), Sandra Milo («Confidenziale»), Alighiero Noschese («Un Ramazzotti fa sempre bene!»), Pippo Baudo e Alberto Rabagliati («La famiglia senza guai»), il Quartetto Cetra («Tricofilina? Sì sì»), Marisa Del Frate («Voglio la caramella che mi piace tanto»), Edoardo Vianello («Voglio la Vespa!») e Umberto Bindi («Dieta Salus!»).
Fu autore anche di importanti innovazioni pubblicitarie. Insieme all'agenzia Publinter creò ad esempio il primo "eroe negativo" della pubblicità italiana, interpretato da Giampiero Albertini: nel 1971 per Elah («L'egoista», con Ugo Fangareggi) e dal 1972 per gli elettrodomestici Ignis («Gli incontentabili»).[5]
Sposatosi nel 1942 con Tatiana Grauding, era padre del matematico, accademico e scrittore Michele Emmer e del regista David Emmer.
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