Pippo Franco è un rappresentante della commedia all'italiana, ed è fin dagli anni settanta uno dei principali cabarettisti e conduttori della televisione italiana. Ha fatto parte della storica compagnia di varietàIl Bagaglino, presentando tutti i suoi spettacoli televisivi e teatrali.
Il suo pseudonimo deriva semplicemente dal suo cognome, Pippo, anteposto ad un diminutivo del suo nome di battesimo Francesco, ovvero Franco; non è il primo comico ad utilizzare tale nome d'arte, in quanto già negli anni venti un attore di varietà, Giuseppe Stagnitti, aveva raggiunto la notorietà facendosi chiamare proprio Pippo Franco[5].
Conosce il padre solo all'età di sei anni, in quanto Felice Pippo aveva partecipato alla seconda guerra mondiale ed era stato fatto prigioniero dai britannici. Pochi mesi dopo il suo ritorno dalla prigionia, il padre muore. Da bambino Franco studia in collegio. In seguito frequenta il liceo artistico in via di Ripetta. Tra i suoi insegnanti si annoverano Renato Guttuso e Giulio Turcato, che favoriscono in lui la passione per la pittura.[8]
Successivamente fa il disegnatore di fumetti, lavorando anche per Fratelli Spada Editori. Quindi incomincia la carriera da musicista.
Pippo Franco si sposa con l'attrice Laura Troschel e i due hanno un figlio, Simone. Dopo il divorzio nel 1994,[9] sposa Piera Bassino, attrice di teatro, dalla quale ha altri due figli.
Esordisce come cantante e chitarrista in piccoli complessi alla fine degli anni cinquanta, scrivendo canzoni dai testi comico-demenziali come Quel vagone per Frosinone, Cesso di amarti questa sera, Ninna nanna.[13] Incidendo in tutta la sua carriera venti 45 giri.
Nel 1967 ottiene un discreto successo con il singolo Vedendo una foto di Bob Dylan, che ironizza sul divario tra i seguaci della musica beat e i loro genitori. Come cantante incide oltre una decina di album, tra cui: Cara Kiri (1971), Bededè (1975), Pippo franco al cabaret (1977), Praticamente, no? (1978), Nasone disco show e Vietato ai minori (1981). Tra i brani più famosi Cesso, parodia delle canzoni d'amore giocata su terminologie scatologiche in forma di calembour («Cesso d'amarti questa sera»).
Si dedica successivamente a incidere dischi destinati al pubblico infantile che ottennero grande successo, tra cui le sigle per alcuni programmi abbinati alla Lotteria Italia, come Isotta (1977) e Pepè (1986).
Presenta una sua canzone al Festival di Sanremo 2008, venendo però escluso dalla commissione giudicatrice.
Nel 2017 propone in versione indie popChe fico, le persone che compaiono nel videoclip di accompagnamento al brano sono fan del comico scelti tramite i social network[14][15].
Nel 2018 è nel cast del videoclip musicale del cantautore Marco Santilli dal titolo "Portami Via Da Me[16]" insieme alla showgirl Mercedesz Henger.
La carriera televisiva di Pippo Franco è legata soprattutto agli spettacoli della compagnia Il Bagaglino. All'inizio, la protagonista era Gabriella Ferri, ma nel 1978 si ebbe un cambiamento: protagonista diventò il comico. Lo spettacolo si intitolava Il ribaltone, affiancato da Loretta Goggi, Daniela Goggi e Oreste Lionello, per la regia di Antonello Falqui. Il programma si guadagnò il "premio Rosa d'argento" al Montreux Jazz Festival.
Meno apprezzata da pubblico e critica è stata la trasmissione dell'anno seguente C'era una volta Roma, nonostante le primedonne fossero cinque, fra cui Laura Troschel, a quel tempo moglie di Franco.
Nel 1985 ha condotto su Rai 2 Il tastomatto, varietà di Enzo Trapani in cui cantava anche la sigla Fuffi Fuffi, che vedeva l'esordio de Il Trio e di una giovane e allora sconosciuta Lorella Cuccarini.
Nella stagione televisiva 1987-1988 conduce la prima edizione di Big!, contenitore pomeridiano per ragazzi di Rai 1, con Piero Chiambretti, Daniela Goggi, Gianfranco Scancarello e Riccardo Marassi, per il quale incide anche la sigla iniziale e finale, Big! e Io c'ho una fame che non ci vedo, rimaste inedite su supporto discografico.
Dal 1992 al 1995 ha condotto le prime tre edizioni di La sai l'ultima?, spettacolo prima estivo e poi autunnale incentrato sulle barzellette. Nel 1998 la Rai gli affida il programma culinario in prima serata Il Paese delle meraviglie, in coppia con Melba Ruffo e l'anno successivo Festa di classe su Rai 2.
Nel 2002 vince il "Delfino d'oro" alla carriera al Festival nazionale adriatica cabaret.
In teatro è stato tra gli interpreti nel 1967 della commedia musicale di Garinei e GiovanniniViola, violino e viola d'amore, con Enrico Maria Salerno e le Gemelle Kessler. È stato protagonista inoltre di commedie di grande successo di pubblico, come Belli si nasce, Il naso fuori casa ed È stato un piacere, tutte scritte e interpretate assieme a Giancarlo Magalli.
Molteplici gli spettacoli teatrali che lo hanno visto attore, autore e spesso anche regista: nella stagione 2002-2003 Che rimanga tra noi, I miei primi 42 anni (2004-2005), Tutto in un momento (2006-2007), Il marchese del Grillo (dal 2008 al 2012), Bambole, non c'è un euro (2011-2012), Il segreto di Mastro Titta (2013-2014), Svalutescion (dal 2015 al 2017).
Nel 1981 pubblica Il matto in casa, edito dalla Editoriale Due I.
Nel 2001 pubblica Pensieri per vivere. Itinerario di evoluzione interiore e insieme al professore Antonio Di Stefano ha pubblicato alcune raccolte di strafalcioni, cognomi, insegne e annunci bizzarri come Non prenda niente tre volte al giorno (2002) e Qui chiavi subito (2006), entrambi per Mondadori.
Del 2012 è invece La morte non esiste. La mia vita oltre i confini della vita, per Edizioni Piemme, scritto con la collaborazione di Rita Coruzzi, che testimonia il suo lungo percorso di fede.
Qui chiavi subito. Insegne, annunci, cognomi e strafalcioni tutti da ridere, con Antonio Di Stefano, Milano, Mondadori, 2006. ISBN 88-04-53597-0.
L'occasione fa l'uomo ragno. Strafalcioni, cartelli, scritte sui muri e altri capolavori di umorismo involontario, con Antonio Di Stefano, Milano, Mondadori, 2007. ISBN 978-88-04-56832-2.
Andrea Jelardi, Queer tv, omosessualità e trasgressione nella televisione italiana, Croce, Roma, 2007 (prefazione di Carlo Freccero).
Andrea Jelardi, Giuseppe Farruggio, In scena en travesti, Il travestitismo nello spettacolo italiano, Croce, Roma, 2009 (con divagazioni di Vittoria Ottolenghi)