«La riforma della Curia romana sarà reale e possibile se germoglierà da una riforma interiore, con la quale facciamo nostro «il paradigma della spiritualità del Concilio», espressa dall'«antica storia del Buon Samaritano», di quell'uomo, che devia dal suo cammino per farsi prossimo ad un uomo mezzo morto che non appartiene al suo popolo e che neppure conosce.[...] Deve pertanto essere chiaro che «la riforma non è fine a se stessa, ma un mezzo per dare una forte testimonianza cristiana; per favorire una più efficace evangelizzazione; per promuovere un più fecondo spirito ecumenico; per incoraggiare un dialogo più costruttivo con tutti.»
Questa costituzione apostolica presenta tra le principali caratteristiche[1]:
una maggiore enfasi sull'evangelizzazione ed in particolare un'impostazione missionaria della Curia affinché sia a servizio del Papa, della Chiesa e del mondo;
una maggiore collaborazione degli organismi curiali con le Conferenze episcopali al fine di valorizzare la dimensione sinodale nella Chiesa e di favorire una «sana decentralizzazione» di alcune competenze, permettendo ai Vescovi diocesani di poter disporre di quelle questioni che conoscono da vicino;
l'opzione preferenziale per i poveri, alla protezione dei minori e delle persone vulnerabili;
un aggiornamento nella terminologia. Per esempio, con la parola "Dicastero", si sostituiscono i termini "Congregazione" e "Pontificio consiglio", caduti in disuso; adesso inoltre per "Dicasteri" ci si riferisce solo ad alcune Istituzioni curiali e non più a tutte, come si intendevano prima; con questa riforma si adopera il termine "Unità curiali" per ciascuna categoria di organismi che formano la Curia, quindi Segreteria di Stato, Dicasteri, Organismi giudiziari, Organismi economici e Uffici. Le "Istituzioni curiali" sono l'insieme di queste Unità;
la possibilità data a tutti i battezzati, compresi i laici, di ricoprire ruoli di governo nella Curia, prima affidati solo ai chierici,[2] poiché ogni cristiano, in virtù del Battesimo ricevuto, è chiamato ad essere un discepolo-missionario a servizio della Chiesa e del mondo; si ricorda anche che ogni Istituzione curiale è caratterizzata da «un'indole vicaria» poiché «compie la propria missione in virtù della potestà ricevuta dal Romano Pontefice in nome del quale opera»;[3]
una maggiore importanza data all'Elemosineria apostolica, che assume anche il nome di Dicastero per il servizio della carità ed entra a far parte tra gli organismi della Curia romana; prima infatti l'Elemosineria era un'istituzione esterna della Curia ed era solo collegata ad essa;