La prostituzione in Birmania (attualmente denominata Myanmar) è ufficialmente illegale[1] ma, nonostante ciò è a tutt'oggi un grave problema sociale, che colpisce soprattutto giovani donne e bambini.
Il paese è una delle principali fonti di prostitute che vengono indirizzate verso la Thailandia, la maggior parte di queste si stabiliscono poi a Ranong, città nei pressi del confine a sud, e nel distretto di Mae Sai, che è situata invece sulla punta settentrionale della Thailandia[2][3]; operatrici del sesso di nazionalità birmana operano anche nella provincia cinese dello Yunnan e in particolare nella città di confine Ruili.[4]
La maggioranza delle prostitute birmane della Thailandia provengono da minoranze etniche[3]; almeno il 60% hanno meno di 18 anni.[5]. Ma dal paese ha anche origine un vero e proprio traffico di esseri umani, di giovanissime/i costretti a prostituirsi, oltre che in Cina, anche in Bangladesh, Taiwan, India, Malaysia, Corea del Sud, Macao e Giappone[6]; la tratta delle donne a scopo di prostituzione si verifica a partire dai villaggi rurali dell'interno per dirigersi verso i grandi centri urbani, campi militari, cittadine di frontiera o villaggi costieri.[6]
Molte sono le donne che vengono attratte dalla prostituzione dalla promessa di futuri posti di lavoro regolari con possibilità di guadagni nettamente superiori rispetto a quelli che esse, per lo più con bassissimi livelli d'istruzione, potrebbero mai pensare di potersi permettere.[7]
A Yangon la prostituzione si esercita spesso in piccoli alberghi che operano anche come autentici bordelli: la comparsa dei cosiddetti 'saloni di massaggio' ha inizio verso la metà degli anni novanta, con gruppi di minoranze etniche, come i va, a esercitare questo particolare business.[8]: ma i vari night club della città sono frequentati anche da prostitute che lavorano autonomamente.[9]. In tutto il paese l'industria del sesso in generale opera, oltre che in veri e propri bordelli, anche in catene di ristoranti, alberghi e discoteche.[10]
Da quando il ciclone Nargis ha colpito il sud del Paese nel maggio 2008, il numero di prostitute a Yangon è aumentato notevolmente, deprezzando così le tariffe per i servizi sessuali. In tutto il Sudest asiatico la Birmania rimane di gran lunga il paese più economico se ci si vuole assicurare i servizi di una prostituta, eclissando così perfino le scelte e i prezzi del vicino Laos[11]
A Naypyidaw, la nuova capitale dello Stato, è sorto anche un quartiere a luci rosse, con un gran numero di bordelli travestiti principalmente da istituti di bellezza e saloni di massaggio, che attirano soprattutto uomini d'affari e personale militare[12]: circa 70 bordelli, per lo più sotto forma di tende e capanne di bambù, operano su una zona a luci rosse più economica, lungo un tratto di 30 miglia d'autostrada dalla città.[12]
Le prostitute in birmania sono chiamate con un certo numero di termini differenti: "coloro che fanno passare la fame", "padrona blu" (il blu è il colore indicante la pornografia); nel linguaggio gergale "femmina del pollo" e "fiore profumato della notte".[11]
La prostituzione è stata vietata per la prima volta nel 1785, durante il periodo della prima dinastia Konbaung[13].
La grande depressione degli anni trenta ha causato una disoccupazione senza precedenti, costringendo molte donne dell'allora Birmania britannica a servire sessualmente truppe britanniche e sepoy indiani[14]; secondo alcuni resoconti il paese ha avuto, a causa della risi economica, la più fiorente industria della prostituzione dell'intera India britannica.[14]
La "Child Law", emanata nel 1933 ha alzato l'età del consenso a 16 anni e reso illegale a prostituzione; è un reato permettere consapevolmente a una ragazza minore di 16 anni e che è sotto la propria tutela, a prostituirsi: non è mai esistita invece alcuna proibizione corrispondente nei riguardi dei maschi. La stessa legge considera anche un reato punibile usare bambini per la creazione di materiale pornografico.[15]