Roj Aleksandrovič Medvedev (in russo Рой Александрович Медведев?, traslitterazione anglosassone Roy Aleksandrovich Medvedev) (Tbilisi, 14 novembre 1925) è uno storico e politologo russo, esponente della dissidenza in Unione Sovietica[1].
Roj Medvedev è figlio di Aleksandr Romanovič Medvedev, professore dell'Accademia Militare Sovietica, e ha un fratello gemello, il biologo Žores Medvedev. Suo padre fu arrestato nel 1937 durante le purghe staliniste, morendo in un campo di lavoro nel 1941. Laureatosi all'Università di Leningrado, aderì nel 1956 al Partito Comunista dell'Unione Sovietica e iniziò la carriera di docente. La formazione di Medvedev è marxista, e da queste posizioni partì per sviluppare, a partire dalla metà degli anni sessanta, una critica di tutto il sistema stalinista, inserendosi nella corrente del samizdat. Nel 1969 fu espulso dal Partito Comunista dell'Unione Sovietica[2], perché con le sue pubblicazioni criticava Stalin in un periodo in cui il dittatore era stato parzialmente riabilitato dalla propaganda ufficiale e da Leonid Il'ič Brežnev.
Nel 1970, assieme ad Andrej Sacharov e altri, sostenne pubblicamente la necessità di una riforma del sistema sovietico e di un ritorno alla democrazia socialista e ai valori del leninismo. In questi anni, Roj Medvedev fu sottoposto a costanti attenzioni e controlli da parte del KGB, anche se concretamente non venne mai arrestato.[3] Nei suoi scritti di questi anni approfondisce la critica dello stalinismo e sviluppa un'analisi originale sulla storia della Rivoluzione d'ottobre, in testi come La Rivoluzione d'Ottobre era ineluttabile? e Lo stalinismo.[4] Con questi testi Medvedev si ricollega in qualche modo al "dissenso di sinistra", ponendosi all'interno di un dibattito fra intellettuali che vogliono modificare lo Stato sovietico in senso democratico socialista.[5] Nei suoi testi, Medvedev si richiama molto spesso a Lenin e alla sua concezione di democrazia socialista, individuando nella morte di Lenin un momento di cesura[6], attraverso il quale passa la vera e propria "presa del potere" da parte della casta burocratica e da Iosif Stalin, che la rappresenta.
L'opera e l'analisi di Medvedev si sviluppano mentre a capo dell'Urss si trova Leonid Il'ič Brežnev. Nei testi di Medvedev si trovano frequenti richiami all'epoca del disgelo e a Nikita Sergeevič Chruščëv, la cui operazione di denuncia dei peggiori crimini dello stalinismo[7] viene evidenziata in una specifica biografia dello statista, anche se altrove, in coerenza con le posizioni espresse in più sedi, Medvedev sostiene che "Chruščëv e i suoi erano sicuri di riuscire a mantenere le critiche allo stalinismo entro i limiti che a loro facevano più comodo. Ma quando videro che queste si spingevano troppo lontano e toccavano problemi troppo profondi della stessa struttura del potere, cercarono essi stessi di smorzarle".[8]
Verso la fine degli anni '80 Roj Medvedev si riavvicina alla politica ufficiale, e nel 1989 viene reintegrato nel Partito Comunista dell'Unione Sovietica, diventando un convinto sostenitore dell'opera di riforma di Michail Gorbačëv.[9]
Negli ultimi anni Medvedev, sulla base di documenti ritrovati negli archivi segreti ex sovietici[10], ha riabilitato la figura di Stalin sotto molti aspetti, dimostrando l'infondatezza di numerose accusa lanciate nei confronti del fondatore dell'Urss dall'epoca di Chruščëv in poi. La tendenza alla riabilitazione della figura storica di Stalin, peraltro, si inserisce in un movimento che va ben al di là della storiografia, includendo le stesse autorità russe[11] e vaste fasce della popolazione[12]. Non stupisce, dunque, che Medvedev abbia espresso parole di apprezzamento per la figura di Vladimir Putin.[13]
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