Sadaf Rahimi | |
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Nazionalità | Afghanistan |
Pugilato | |
Sadaf Rahimi (9 novembre 1993) è una pugile afghana.
È stata la prima pugile afgana ad essere invitata alle Olimpiadi di Londra del 2012 e la prima donna pugile nella squadra nazionale dell'Afghanistan.[1]
Sadaf Rahimi e i suoi fratelli hanno trascorso gran parte della loro infanzia in Iran; i loro genitori, di etnia tagika, erano fuggiti dall'Afghanistan in seguito all'ascesa dei talebani negli anni '90.[2] Mentre viveva in Iran, ha iniziato a praticare il pugilato e all'età di 14 anni dopo aver visto Laila Ali boxare in una competizione.[3] Dopo essere tornata in Afghanistan con la sua famiglia nel 2007,[2] Rahimi è stata preparata atleticamente da Saber Sharifi, un ex pugile professionista,[4][5] che dal 2012 ha allenato 30 ragazze e giovani donne afghane allo stadio Ghazi di Kabul, lo stesso stadio dove i talebani organizzavano le esecuzioni pubbliche.[3][6] Per praticare questo sport ha dovuto ottenere il permesso dalla sua famiglia, che tuttavia si è detta favorevole alla sua decisione, nonostante le minacce ricevute.[6] Rahimi si allenava solo tre giorni alla settimana per un'ora allo stadio Ghazi, non potendo farlo in orari in cui lo stadio era frequentato, attenta a nascondere la sua identità di pugile mentre viaggiava da e verso gli allenamenti, poiché i passanti l'avrebbero minacciata se avessero scoperto che praticava la boxe.[2]
All'età di 17 anni Sadaf Rahimi è stata invitata partecipare alle Olimpiadi di Londra del 2012 grazie ad un posto speciale riservato alle nazioni che altrimenti non sarebbero in grado di qualificare un atleta adeguatamente preparato. Tuttavia, a causa delle preoccupazioni sulle sue capacità pugilistiche e per garantire la sua sicurezza fisica sul ring, pochi giorni prima dell'inizio delle gare l'Associazione Internazionale Boxe Amatori (AIBA) ha deciso di non farla competere.[6][7]
Nel 2013, un anno dopo le Olimpiadi, l'associazione Women in Sport l'ha invitata a partecipare, assieme alla sorella maggiore Shabnam, anche lei pugile, a una gara nel Regno Unito. Tuttavia i documenti che avrebbero consentito loro di recarsi a Londra non sono stati rilasciati, senza che fossero fornite motivazioni chiare.[2][8] Rahimi ha continuato a ricevere minacce e sono state fatte circolare voci secondo cui avrebbe avuto rapporti sessuali con l'allenatore.[2]
Nel 2016 Rahimi non è riuscita a qualificarsi per le Olimpiadi di Rio 2016 a causa della sconfitta ai Giochi dell'Asia meridionale in India. [9]
Nel luglio 2016 Rahimi e sua sorella Shabnam sono riuscite a fuggite dall'Afghanistan, non potendo ulteriormente sopportare le minacce personali e le persecuzioni dei talebani contro le donne. Le due sorelle si sono recate in Spagna in occasione della prima del documentario Boxing for Freedom che racconta i successi sportivi e gli ostacoli che le giovani atlete hanno dovuto superare per tentare di gareggiare alle Olimpiadi. Qui hanno fatto richiesta di asilo, accolte per i primi due mesi dai registi del film mentre attendevano una risposta. Nel 2018 hanno ottenuto il permesso di soggiorno per il loro status di rifugiate, con diritto al lavoro.[2]
Dal 2019 Rahimi ha iniziato a lavorare come netturbina presso il comune di Madrid.[2]
La storia di Rahimi e di altre pugili afghane è stata raccontata in un film documentario del 2012, The Boxing Girls of Kabul, diretto da Ariel Nasr e prodotto da Annette Clarke per il National Film Board of Canada[10] e nel film documentario spagnolo del 2015 Boxing for Freedom per la regia di Juan Antonio Moreno Amador e Silvia Venegas Venegas, vincitore del premio per il migliore documentario al Festival de cine de Zaragoza.[11]