Trump v. Anderson Trump contro Anderson | |
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Tribunale | Corte suprema degli Stati Uniti d'America |
Caso | 601 U.S. 100 (2024) - No. 23-719 |
Nome completo | (EN) Donald J. Trump v. Norma Anderson, Michelle Priola, Claudine Cmarada, Krista Kafer, Kathi Wright, and Christopher Castilian (IT) Donald J. Trump contro Norma Anderson, Michelle Priola, Claudine Cmarada, Krista Kafer, Kathi Wright, and Christopher Castilian |
Data | 8 febbraio 2024 |
Sentenza | 4 marzo 2024 |
Trascrizione | Arg. orali Sentenza |
Giudici | John G. Roberts (Presidente della Corte) Clarence Thomas · Ketanji Brown Jackson · Samuel Alito · Sonia Sotomayor · Elena Kagan · Neil Gorsuch · Brett Kavanaugh · Amy Coney Barrett |
Opinione del caso | |
La Corte Suprema del Colorado ha difettato di competenza nell'ordinare l’esclusione dalla scheda elettorale dello stato, per le elezioni presidenziali del 2024, dell’ex-Presidente Donald J. Trump, poiché la sezione 3 del XIV emendamento della Costituzione, che determina le inammissibilità agli uffici pubblici, trattandosi di un incarico federale, attribuisce tale potere al Congresso, non agli stati federati. | |
Leggi applicate | |
XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, sez. 3 |
Trump contro Anderson[N 1] è una sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti d'America del 2024, che giudicò, per la prima volta, sulla possibilità per uno stato federato (che negli Stati Uniti gode di ampia autonomia nel processo elettorale) di escludere dalla corsa un candidato per eventuali gravi azioni attuate, sotto giuramento in quanto funzionario pubblico, in contrasto con la Costituzione degli Stati Uniti. Nello specifico, la discussione ruotò intorno al coinvolgimento dell’ex-Presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump nell’assalto al Campidoglio del 2021, che, essendo questi, al tempo dei fatti, ancora in carica, si discusse come potenzialmente rientrabili nella fattispecie della sedizione.
Emanata a primarie repubblicane già in corso e ad un solo giorno dal Super Tuesday, la sentenza ha visto la Corte schierarsi, all’unanimità[N 2], a favore di Donald J. Trump, poiché la corte suprema del Colorado, nel giudicare, aveva difettato di competenza, dato che in questo caso, essendo l’incarico federale, il giudizio esclusivo risiedeva nel Congresso degli Stati Uniti.[1]
In seguito alla sconfitta del Presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump alle elezioni presidenziali del 2020, varie forti proteste di piazza, infiammate dalla retorica e dalle accuse infondate dell’ex-Presidente su potenziali brogli elettorali, hanno portato il 6 gennaio 2021, dopo precedenti numerosi tentativi giudiziari e di altra natura falliti, ad un assalto violento ed armato al Congresso degli Stati Uniti, con il tentativo di interrompere il processo di certificazione dei Grandi elettori da parte del Vicepresidente Mike Pence. Ciò scatenò un enorme problematica non solo di sicurezza ed incolumità, intaccata dai fatti, ma anche giudiziaria, rientrando potenzialmente queste fattispecie, essendo il Presidente ancora in carica, nel perimetro dell’insurrezione, della sedizione e dell’alto tradimento.
Per queste ragioni, il Presidente fronteggiò (anche con l’idea di vedersi applicare contro, nel caso, il XXV emendamento), successivamente alla sua dipartita dalla Casa Bianca, un processo di impeachment (da alcuni considerato tecnicamente incostituzionale, vista la cessazione dell’incarico), cui tuttavia egli sopravvisse, venendo assolto, nonostante il voto di 57 favorevoli e 43 contrari, per il mancato raggiungimento del quorum dei 2/3 per condannare.[2]
Nella seconda metà del 2023, con l’emergere dell’idea, poi condivisa da molti, di una potenziale incandidabilità del Presidente a causa della sezione 3 del XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America, in Colorado si avviò un procedimento per interdirlo, conclusosi con un successo grazie alla pronuncia della locale Corte Suprema.[3]
Difatti, la sezione del XIV emendamento, recitando:
«Nessuno potrà essere Senatore o Rappresentante nel Congresso, o elettore per il Presidente e il Vice-Presidente o potrà tenere qualsiasi ufficio, civile o militare, presso gli Stati Uniti o presso qualsiasi Stato, se, avendo previamente prestato giuramento come membro del Congresso o come funzionario degli Stati Uniti o come membro del Legislativo di uno Stato o come funzionario amministrativo o giudiziario in uno Stato di difendere la Costituzione degli Stati Uniti, abbia preso parte ad una insurrezione o ribellione contro di essi o abbia dato aiuto o sostegno ai loro nemici. Ma il Congresso può, col voto dei due terzi di ciascuna Camera, rimuovere questa causa di interdizione.»
avrebbe potenzialmente potuto escludere una candidatura di Trump, sebbene il linguaggio vago della disposizione, figlia dell’era della ricostruzione post-guerra civile, fece dubitare se vi potesse rientrare anche la Presidenza.[4]
Concedendo un atto di certiorari in via accelerata il 5 gennaio 2024 (dopo l’appello del Partito Repubblicano il 27 dicembre e, contemporaneamente, di Trump il 3 gennaio),[5] la Corte ha ascoltato gli argomenti orali l’8 febbraio.[6]