Ulay, pseudonimo di Frank Uwe Laysiepen (Solingen, 30 novembre 1943 – Lubiana, 2 marzo 2020), è stato un artista e fotografo tedesco, considerato una delle figure chiave della performance art degli anni settanta.
Nasce durante il secondo conflitto mondiale, sotto le bombe degli alleati, figlio di un gerarca nazista. Resta orfano precocemente rimanendo totalmente privo di legami familiari. Come molti suoi coetanei cresce con il senso di colpa, abbastanza diffuso tra chi ha avuto il padre nazista, e in continua tensione causata dallo smembramento del paese, diviso in due fra territori filo-occidentali (la Germania Ovest) e filo-sovietici (la Germania Est). Vive quindi in maniera conflittuale le proprie origini, tanto da arrivare alla rinuncia del nome e della nazionalità tedesca[1].
Alla fine degli anni sessanta l'insofferenza verso il proprio paese lo spinge ad allontanarsi, lascia la moglie e un figlio piccolo e si trasferisce ad Amsterdam, attratto dal movimento olandese Provo di ispirazione anarchica. Si iscrive alla Kölner Werkschulen di Colonia dove conosce Jürgen Klauke, artista fotografo con cui avvia una collaborazione ispirandosi ai lavori di Pierre Molinier, Hans Bellmer e Hannah Wilke. Presto Ulay inizia a provare interesse per discipline non previste nell'offerta formativa dell'università scelta, pertanto abbandona gli studi per avvicinarsi alla fotografia analogica e all'uso artistico della Polaroid[2]. Intraprende una ricerca sulle nozioni di identità e corpo, documenta la cultura di travestiti e transessuali attraverso foto, aforismi e performance. Progressivamente l'approccio alla fotografia diventa sempre più complesso: l'espressione fotografica viene messa in stretto rapporto con la live performance come nella serie Fototot e in There is a Criminal Touch To Art, entrambe del 1976.
Lo stesso anno alla Galleria de Appel di Amsterdam conosce Marina Abramović, invitata a esibirsi per un programma televisivo dedicato alla performance; è il 30 novembre, data di nascita di entrambi. Tra i due nasce subito un'intesa artistica che sfocia in una profonda e travagliata relazione sentimentale. Realizzano insieme una serie di performances dal titolo Relation Works, una forma estrema di body art, che li porta ad esplorare i limiti della resistenza fisica e psichica.
Dopo 12 anni di amore e di sodalizio artistico, decidono di lasciarsi e di sancire la fine del loro rapporto con un'ultima performance, The Wall Walk in China: entrambi percorrono a piedi una parte della grande muraglia cinese partendo da capi opposti per incontrarsi a metà strada e dirsi addio[3]. Seguono anni di ostilità e battaglie legali circa i diritti d'autore della produzione artistica: Ulay denuncia Marina per aver venduto autonomamente opere appartenenti ad entrambi. Nel settembre 2016 il giudice gli dà ragione e costringe Marina a versare 250.000 euro all'ex partner per violazione di un contratto firmato nel 1999, che regolamentava l'uso dei lavori realizzati insieme fra il 1976 e il 1988[4][5]. Dopo la fine della relazione, Ulay concentra la propria attività sul mezzo fotografico affrontando il tema dell'emarginazione e ritornando su quello del nazionalismo.
Nel 2009 si trasferisce da Amsterdam a Lubiana; qualche mese più tardi gli viene diagnosticato un cancro. Dopo una serie di trattamenti chemioterapici che migliorano il suo stato di salute, decide di partire con una troupe per visitare i luoghi più importanti della sua vita e incontrare compagni e amici per un ultimo saluto. Da fine 2011 la telecamera lo segue per un anno intero, dall'Istituto di Oncologia di Lubiana fino a Berlino, a New York e alla Amsterdam della sua giovinezza. Ulay tratta la malattia come il più grande e più importante progetto della sua vita, un'occasione per interrogarsi sulla natura della vita, dell'amore, della storia e dell'arte, e per raccontare la propria carriera attraverso interviste, video di archivio, fotografie e riproduzioni dei suoi principali lavori. Ne scaturisce un documentario uscito nel 2013, intitolato Project Cancer, diretto da Damjan Kozole[6][7].
Durante tutta la carriera rimane fedele al proprio motto: "L'estetica senza etica è cosmetica". Preferisce lavorare senza compromessi, rigoroso e coerente, anche a costo di rimanere ai margini del mercato. Insegnava New Media Art presso l'Università di Arte e Design di Karlsruhe in Germania. Lavorava tra Amsterdam e Lubiana, città dove viveva da 10 anni.
Muore il 2 marzo 2020 all'età di 76 anni a causa di un linfoma, conseguente al tumore diagnosticatogli undici anni prima[8].
Uno dei primi riconoscimenti del suo talento avviene grazie a Wies Smals e Mia Visser, importanti galleristi della scena artistica di Amsterdam; per loro realizza nel 1974 la mostra Renais sense e insieme fondano la De Appel Foundation; entra così a far parte di una cerchia di artisti performativi come Alison Knowles, Gina Pane, Laurie Anderson, Vito Acconci, Jürgen Klauke.
Attraverso un processo costante di sperimentazione scopre dentro di sé una sensibilità femminile che cerca di esprimere attraverso la fotografia. Nella serie Auto Polaroid affronta il tema dell'intimità fotografandosi vestito e truccato meticolosamente; la Polaroid registra le sue esibizioni, catturando ogni singola mossa[9]. La radicalità dell'approccio e la trasposizione fotografica di un atto performativo suscita numerose polemiche presso il pubblico. Questa serie di lavori sperimentali anticipa la sua concezione filosofica del mezzo fotografico: "La fotografia è solo uno sguardo, un dettaglio o un frammento dell'insieme, la camera oscura una finestra da cui guardare il mondo".
Alcuni lavori della stessa serie si concentrano sulla rappresentazione dell'androginia[10]: Ulay sostiene che il raggiungimento di un'unità androgina consenta di ritrovare se stessi attraverso la fusione con la persona amata. Importante fonte di ispirazione è la relazione con Paula Françoise-Piso[11]. Nella serie intitolata in maniera suggestiva S'He e firmata con il nome composito PA-ULA-Y, anticipa l'unione di una coppia che diventa un corpo unico, fusione che diventerà più tardi perfetta e concreta nella relazione con l'Abramović.
Si tratta di una serie di performances eseguite nel 1976 presso il De Appel e la Galerie Beyeler. La prima performance di questa serie prende il nome di Photo Death. L'artista indossa una tuta bianca con cappuccio e una maschera bianca per rendersi anonimo. A qualcuno del pubblico viene chiesto di mettersi di fronte ad un pezzo di lino reso fotosensibile alla luce e fissato alla parete. Ulay scatta una polaroid e la silhouette della persona viene impressa, attraverso il flash, sul materiale fotosensibile. Ottiene così un negativo e un positivo: il positivo viene proiettato sul negativo mentre l'artista si pone all'interno della proiezione. Il soggetto fotografato viene così ridotto ad una figura bianca su materiale fotografico, quindi non identificabile. Quando Ulay entra nella proiezione della foto Polaroid assume l'identità della persona fotografata. Intende così sottolineare la caducità dell'essere umano, la perdita dell'individualità dovuta alla riproduzione meccanica della figura umana[12].
Nel 1976, dopo l'incontro con Marina Abramović, la sua arte diventa più radicale. L'ultimo lavoro che firma singolarmente è There is a Criminal Touch to Art, performance realizzata alla Neue Nationalgalerie di Berlino. L'artista ruba dalla Neue Nationalgalerie il dipinto Der arme Poet (1839) del pittore romantico Carl Spitzweg (pittore preferito di Adolf Hitler) e lo trasferisce a casa di una famiglia di immigrati turchi, in uno dei quartieri più poveri di Berlino[13]. Fotografa il lavoro nel suo nuovo contesto, quindi chiama il direttore del museo per invitarlo a vedere la nuova esposizione dell'opera. Jörg Schmidt Reitwein filma l'intera azione. È questo un lavoro cardine all'interno della sua produzione artistica in quanto sottolinea la conflittualità con la propria origine tedesca e al contempo sposta l'attenzione verso le problematiche delle minoranze nella società tedesca del dopoguerra.
Relation Works è la serie delle performances ideate e realizzate dal 1976 insieme a Marina Abramović. I due artisti indagano i limiti del corpo e della mente e il tema della relazione uomo-donna mentre viaggiano in tutta Europa, vivendo e lavorando per tre anni in un furgone. La direzione della loro pratica artistica viene descritta nel manifesto Art Vital:
«Arte viva: nessuna dimora fissa, movimento permanente, contatto diretto, relazione locale, autoselezione, superare i limiti, assunzione dei rischi, energia in movimento, nessuna prova, nessuna fine prefissata, nessuna replica, vulnerabilità estesa, esposizione al caso, reazioni primarie[14].»
La serie di performance realizzata con l'Abramović si compone di:
(elenco parziale)
Dopo la separazione da Marina Abramović nel 1988, continua la sua carriera artistica come fotografo di performance in studio; si dedica inoltre a foto di viaggi e ad esperimenti fotografici unici e innovativi come i monumentali Fotogrammi e i Polagrammi.
La serie "Polagram", creata tra il 1990 e il 1993 in uno speciale studio Polaroid a Boston, raccoglie fotografie di grande formato che mostrano solo le tracce sfocate dell'artista che entra letteralmente nella macchina fotografica[24].
Nel 2005 si impegna principalmente in un grande progetto multimediale il cui punto focale ruota intorno all'acqua, intesa come elemento base della vita; dai ghiacciai, alle nuvole, fino alle bottiglie di minerale, Ulay mette in risalto la bellezza dell'acqua in tutte le sue forme e pone l'accento sul problema delle risorse idriche, oggi drammaticamente a rischio. Il lavoro culmina nel 2012 in Earth Water Catalogue[25][26], un database online che raccoglie contributi di artisti da tutto il mondo, accomunati da apprezzamento e rispetto per l'acqua.
Per quanto la sua espressione fotografica sia cambiata dai primi anni settanta, la questione dell'identità rimane centrale nel suo lavoro. In Anagrammatic Bodies del 2015, ricollegandosi ai collage fotografici iconici del 1972, riduce in frammenti la propria immagine per rimontarla con parti fotografiche di altre persone, modelle e attrici, producendo ibridi di genere.
I suoi lavori, così come la sua collaborazione con Marina Abramović, sono presenti in molte collezioni di importanti istituzioni artistiche di tutto il mondo tra cui:
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