Viktor Andreevič Kravčenko

Viktor Andreevič Kravčenko[1][2] (in russo Виктор Андреевич Кравченко?, in ucraino Віктор Андрійович Кравченко?, Viktor Andrijovyč Kravčenko; Ekaterinoslav, 11 ottobre 1905New York, 25 febbraio 1966) è stato un diplomatico e defezionista sovietico.

Scrisse le sue esperienze di vita e di ufficiale sovietico nel libro I Chose Freedom pubblicato nel 1946 e tradotto in Italia nel 1948 col titolo Ho scelto la libertà.

Nato in una famiglia di rivoluzionari, Kravčenko divenne ingegnere e lavorò nella regione del Donbass. Si unì al partito comunista nel 1929. Fu testimone della riduzione alla fame e della moria su vasta scala dei contadini ucraini durante la collettivizzazione forzata (vedi Holodomor). Tale esperienze e le esecuzioni cui fu testimone lo allontanarono dal regime sovietico.

Durante la seconda guerra mondiale, fu capitano dell'Armata Rossa prima di essere mandato in missione diplomatica a Washington. Nel 1943 chiese ed ottenne asilo politico agli Stati Uniti mentre le autorità sovietiche ne chiesero l'estradizione come traditore. Visse sotto falso nome e sposò Cynthia Kusher, da cui ebbe due figli che rimasero all'oscuro della sua identità: Andrew e Anthony.

Le sue famose memorie Ho scelto la libertà, contenenti estese rivelazioni sulla collettivizzazione, i campi di prigionia e l'uso del lavoro forzato, furono pubblicate in un periodo di tensione fra l'Unione Sovietica e l'Occidente. L'autore fu duramente attaccato dal regime sovietico e dai partiti comunisti internazionali. Il settimanale del partito comunista francese Les Lettres françaises lo accusò di mentire e di essere una spia occidentale. Kravčenko denunciò la redazione e nel 1949 ebbe luogo quello che fu chiamato Il processo del secolo, cui parteciparono centinaia di testimoni. Mentre il regime sovietico mobilitò vecchi colleghi di Kravčenko e la sua ex moglie per denunciarlo, gli avvocati dell'autore chiamarono sopravvissuti ai campi di prigionia. Fra essi era Margarete Buber-Neumann,[3] vedova di Heinz Neumann, ex dirigente del Partito Comunista di Germania esautorato nel 1932 e fucilato nel 1937 nell'ambito delle Grandi purghe. Lei stessa era stata prigioniera del Gulag[4] e, dopo il patto Molotov-Ribbentrop del 1939, fu consegnata dall'URSS alla Germania di Hitler e reclusa nel campo di concentramento di Ravensbrück[5][6]. Il processo terminò con la vittoria di Kravčenko che, ottenendo un risarcimento economico simbolico di un franco, agitò non poco le acque del comunismo internazionale.[7][8] La morte di Kravchenko per una ferita da proiettile è stata ufficialmente dichiarata suicidio, e questa opinione è generalmente accettata, anche dal biografo Gary Kern[9]. I file dell'FBI ottenuti da Kern dopo una causa di sei anni mostrano che il presidente Lyndon B. Johnson si era fortemente interessato al suicidio di Kravchenko e aveva chiesto all'FBI di determinare se la sua lettera di suicidio fosse autentica o una fabbricazione sovietica.[10] L'FBI ha stabilito che era autentica, ma alcuni dettagli riguardanti gli ultimi giorni di Kravchenko rimangono dubbi, e suo figlio Andrew crede che possa essere stato vittima di un assassinio del KGB.[11] Andrew Kravchenko ha prodotto un film documentario nel 2008, The Defector,[12][13] su suo padre.[14] La decisione di Kravchenko di disertare ha portato i parenti rimasti in Unione Sovietica ad affrontare molestie, imprigionamenti e persino la morte, con più di 30 parenti di Kravchenko uccisi come rappresaglia per la sua defezione.[2] È noto che Kravchenko fu localizzato dagli agenti dell'NKVD nel 1944 e successivamente sorvegliato da vicino dall'NKVD, in particolare da Mark Zborowski e successivamente dalla sezione operazioni speciali del KGB.[15][16][17][18]

  1. ^ Kravčenko, Viktor Andreevič, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ Kravčenko, Viktor Andreevič, in Sapere.it, De Agostini.
  3. ^ Tzvetan Todorov, L'uomo spaesato. I percorsi dell'appartenenza, traduzione di M. Baiocchi, Donzelli, 1997, p. 65, ISBN 978-88-7989-318-3.
  4. ^ Margarete Buber-Neumann, Prigioniera di Stalin e Hitler, Bologna, Il Mulino, 2005, ISBN 88-15-10501-8.
  5. ^ Nikolaus Wachsmann, KL: A History of the Nazi Concentration Camps, London: Macmillan, 2015, ISBN 1429943726, p. 227 ( Google libri.); edizione italiana: KL : storia dei campi di concentramento nazisti; traduzione di Sara Crimi, Francesco Peri e Laura Tasso, Milano: Mondadori, 2016, ISBN 978-88-04-65994-5
  6. ^ Margarete Buber-Neumann, Under two dictators: prisoner of Stalin and Hitler; translated by Edward Fitzgerald; with an introduction by Nikolaus Wachsmann, London: Pimlico, 2008
  7. ^ Tim Tzouliadis, I dimenticati. Storia degli americani che credettero a Stalin, Milano, Longanesi, 2001, p. 297.
  8. ^ http://www.spartacus.schoolnet.co.uk/RUSkravechenko.htm#source Archiviato il 2 novembre 2013 in Internet Archive.
  9. ^ Kern, G. (2007) The Kravchenko Case: One Man's War On Stalin, Enigma Books, ISBN 978-1-929631-73-5
  10. ^ (EN) Facebook, Twitter, Show more sharing options, Facebook, Twitter, LinkedIn, Searching for Tato, su Los Angeles Times, 11 maggio 2003. URL consultato il 1º settembre 2021.
  11. ^ (EN) Seth Mydans, First Meeting For Two Sons Of a Defector, in The New York Times, 4 gennaio 1992. URL consultato il 1º settembre 2021.
  12. ^ Wayback Machine, su web.archive.org, 29 dicembre 2008. URL consultato il 1º settembre 2021 (archiviato dall'url originale il 29 dicembre 2008).
  13. ^ Wild At Heart Films | The Defector, su wildatheartfilms.us. URL consultato il 1º settembre 2021.
  14. ^ R Wilcox, Target Patton: The Plot to Assassinate General George S. Patton, Regnery Publishing, 2008, p. 249, ISBN 978-1-59698-579-7.
  15. ^ Kravchenko was in hiding after his defection. He was given the covername KOMAR/GNAT by Soviet agents. See the Venona project documents on the National Security Agency site at: www.nsa.gov (archiviato dall'url originale il 7 giugno 2011).. (See especially New York to Moscow messages of May to August 1944, nos. 594, 600, 613–14, 654, 694, 724, 726, 740, 799, and 907.)
  16. ^ Top Secret: Information on "Mars" on "Gnat" (PDF) (archiviato dall'url originale il 26 giugno 2010). De-classified Venona project document from the US National Security Agency
  17. ^ The Venona Story (PDF), The National Security Agency. URL consultato il 1º settembre 2021 (archiviato dall'url originale il 10 maggio 2009)..
  18. ^ Top Secret: The Shadowing of "Gnat" (PDF), in Venona project, US, National Security Agency, 1945 (archiviato dall'url originale il 26 giugno 2010).
  • Victor Kravchenko, Ho scelto la libertà, Longanesi, Milano, 1948
  • Victor Kravchenko, Sto con la giustizia, Longanesi, Milano, 1954
  • Kravchenko contro Mosca, Società editrice Milano, 1950
  • Domenico Vecchioni, Victor Kravchenko, l'uomo che scelse la libertà, ed. Eura Press, 1996
  • Nina Berberova, Il caso Kravcenko; traduzione di Francesco Bruno, Parma: Guanda, 1991, ISBN 88-7746-532-8

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