Nel corso degli anni l’autore cambia più volte i soggetti dei propri quadri prediligendo spesso, sia negli oli sia nella produzione incisoria, ambientazioni lacustri in particolare il Centro lago di Como con le vedute di Lierna, meta privilegiata, negli anni a cavallo tra Otto e Novecento, della villeggiatura della nobiltà e dell’alta borghesia milanese.
Sul finire del secolo Grubicy decide di interrompere la ricerca dal vero delle vibrazioni atmosferiche per dedicarsi fino alla morte all’instancabile e quasi ossessivo rifacimento dei propri quadri in una continua tensione verso la perfezione.
Nato a Milano dal barone ungherese Alberto Grubicy (in origine Grubicij) de Dragon e dalla nobile lodigiana e pittrice dilettante Antonietta Mola, studia nel Convitto Nazionale di Sondrio[1] e inizia sin da giovane a frequentare gli ambienti artistici milanesi della Scapigliatura e a viaggiare nel continente europeo.
Nel 1888 conclude in via definitiva la sua attività di mediatore d'arte, presentando alla Italian Exhibition di Londra cinquantaquattro opere degli artisti emergenti da lui patrocinati; lascia, pertanto, la Galleria Grubicy e le procure degli artisti nelle mani del fratello Alberto e avvia la nuova attività di artista, alla quale accompagna quella di critico e pubblicista su riviste quali La Riforma diretta da Primo Levi, La Critica d'Arte e L'Idea Liberale[8].
In questa fase, si dedica a promuovere le istanze divisioniste apprese dai colleghi fiamminghi, delle quali viene considerato il promotore nel territorio italiano[9].
Nel 1890 si iscrive al sodalizio della Famiglia artistica milanese, dove dal 1893 inizia a sperimentare le tecniche del Divisionismo anche sull'acquaforte e sul monotipo, presentando i propri lavori a diverse edizioni della Biennale di Venezia.[10].
L'insorgere di gravi disturbi al sistema nervoso e di una quasi totale sordità gli impediscono di dedicarsi pienamente alla pittura, cui definitivamente rinuncia a partire dal 1900. Trascorre i suoi ultimi anni di vita nei luoghi da lui amati per dipingere, come Miazzina e Lierna[11][12] dedicandosi nel frattempo a promuovere, in qualità di critico d'arte, nuovi artisti emergenti come Carlo Carrà, Pietro Angelini e Arturo Tosi, con i quali nel 1911 prende parte all'Esposizione di arte libera di Milano.
Conosce Arturo Toscanini, con il quale stabilisce un rapporto di amicizia e che diviene suo mecenate[13], raccogliendo nella propria collezione oltre sessanta sue opere.
Nella ultima fase della vita, si dedica alla reintrepretazione in chiave divisionista delle opere eseguite in precedenza, in un processo di rivisitazione emozionale di luoghi e momenti già vissuti.
Benvenuto Benvenuti, altro allievo di Grubicy, dona alla Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno 30 dipinti e 80 disegni del maestro[14]: la stessa Fondazione ospita diverse opere cedute da Arturo Toscanini.
A differenza di altri pittori divisionisti, Grubicy adotta una tecnica caratterizzata da pennellate più definite e corpose, applicando, per sua stessa ammissione, in modo meno rigoroso i dettami scientifici alla base della scomposizione dei colori. Per questo le sue opere appaiono «come una indistricabile rete cromatica, che nelle sue minutissime maglie ha stretti e compenetrati tutti gli elementi del vero. E ne risulta uno smalto ricchissimo in cui le varie tonalità si disviluppano le une dalle altre per imprecisabili passaggi»
«...l'arte di Grubicy è la più calma idealizzazione di quel senso crepuscolare e cosmico che pervase gran parte della pittura contemporanea»
(Il Mondo, 4 gennaio 1920, pp.9)
«...poiché tutto quello che si vede è luce, si potevano creare delle immagini talmente simili agli aspetti della realtà da parere prodigi»
(Vittore Grubicy)
Unitamente al fratello Alberto, è tra i principali galleristi del suo tempo: abili nella creazione di una moderna galleria d'arte in grado di competere con il mercato internazionale, attuano una costante diffusione di opere italiane all'estero[15] e di quadri stranieri in Italia.
Questa attività commerciale di successo, unita all'allestimento di numerosi esposizioni (come quella di Parigi del 1907) determina una spinta decisiva per la diffusione europea degli artisti scapigliati e divisionisti da lui rappresentati[16].
L'attività artistica, avviata in età avanzata (33 anni) e senza formazione accademica, è principalmente focalizzata sulla riproduzione di paesaggi in stile divisionista, con un forte utilizzo del mezzo fotografico e un ampio risalto della concezione emotiva dei luoghi e delle persone.
La riproduzione, molto sintetica, di colori e forme è influenzata dall'approfondito studio della grafica giapponese; i soggetti sono principalmente tratti dall'assidua frequentazione delle aree del Lago di Como (avviata da un soggiorno in Valtellina nel 1891) e del Lago Maggiore.
Si dedica, inoltre, alla realizzazione di incisioni, acqueforti e monotipi, riprodotte con un autonomo carattere di originalità.
Alla sorgente tepida (Sopra Intra) o (La lavandaia o Autunno, sera o Paesaggio, Novembre, sera) (non datata), olio su tela, Galleria d'Arte Moderna, Milano[18];
Il vecchio pastore (Pastore antico) (non datata), olio su tela, Pinacoteca il Divisionismo, Tortona;
^Il rapporto commerciale tra Grubicy e Longoni si interrompe bruscamente a causa di un escamotage adottato dal mercante per vendere più velocemente i quadri del milanese: sovrascrivere la firma di Giovanni Segantini a quella di Longoni.
^Segantini, Asta Scheib, Brioschi Editore, Milano, 2010, pp. 136
^Un decennio di studi sul Divisionismo italiano Mirella Poggialini Tominetti, Arte Lombarda, 1978, Nuova Serie, No. 50, pp. 136
^dal 1897 con Inverno a Miazzina al 1910 con Ritratto di persona cara, Un addio penoso, Mattino sul lago di Lecco, Mare di nebbia - Notte lunare a Miazzina, A Punta di Fiandra e Le praterie salate in Fiandra.
^Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno 1992/2012. Nascita di una collezione, Stefania Freddanni, Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, Pacini, 2013, pp. 14
Mirella Poggialini Tominetti, Considerazioni sulla Mostra delle incisioni del secondo ottocento all'Ambrosiana, 1971, pp. 305-308, Vol. 16, Vita e Pensiero, Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano;
Marco Valsecchi, I paesaggisti dell'800, 1972, p. 315, tav. 139, Edizioni Electa-Bompiani, Milano;
Teresa Fiori, Archivi del divisionismo, 1968, Officina Edizioni, Roma;
Marco Valsecchi, Franco Vercellotti, Gianandrea Gavazzeni, Vittore Grubicy De Dragon, 1976, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo;
Anna Maria Damigella, La pittura simbolista in Italia, 1885-1900, 1981, Einaudi Editore, Torino;
Giuseppe Luigi Marini, La pittura di Luigi Bolongaro, 1982;
Sergio Rebora, Benvenuto Benvenuti: dal vero al simbolo, 1851-1959, 2001, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo;
Sergio Rebora, Vittore Grubicy de Dragony. Poeta del divisionismo 1851-1920, 2005, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo;
Annie-Paule Quinsac, Vittore Grubicy e l'Europa. Alle radici del divisionismo, 2005, Skira Edizioni, Milano;