Enrico Cuccia (Romë, 24 nëntor 1907 – Milano, 23 qershor 2000) ishte një bankier italian, nga më të rëndësishmit e gjysmës së dytë të shekullit të njëzetë. Ishte një nga figurat kryesore në skenën italiane financiare dhe ekonomike të shekullit të njëzetë.
Enrico Cuccia u lind ne Roma nga prinder nga sicilia, familja e te atit ishte me origjine arbëreshë nga Mezzojuso. Pas fitoi diplomën në jurisprudence, Cuccia fu assunto dall'IRI nella sede distaccata di Londra.
Ne tetor te 1932 diviene "impiegato del servizio operazioni finanziarie e cambi con l'estero" presso la Banca d'Italia.
Fu sposato con Idea Nuova Socialista Beneduce (1905 - 1996)[1][2], figlia di Alberto Beneduce, da cui ebbe tre figli, Beniamino, Auretta Noemi e Silvia Lucia, in età adulta tutti impegnati in ambito economico.
Cuccia fu un appassionato d'arte. Fu iscritto ad un loggia massonica segreta di nome "Giustizia e Libertà", del gruppo di "Piazza del Gesù", che vide molti suoi iscritti passare alla P2.
Ne 1936, fu inviato dal sottosegretariato per gli scambi e per le valute in Africa orientale italiana (AOI) con l'incarico di creare le delegazioni del sottosegretariato[3] e con quello informale di stroncare un traffico clandestino di valute.
Enrico Cuccia punon Africa orientale italiana insieme al suo collega Giuseppe Ferlesch sotto le direttive di Alberto D'Agostino, capo della direzione generale delle valute del sottosegretariato, al vertice del quale c'era Felice Guarneri[4]. Il suo lavoro venne accolto favorevolmente in Italia: il 1 luglio 1937, ritornato in Italia per qualche giorno, Enrico Cuccia fu ricevuto insieme a Guarneri da Benito Mussolini. Il giorno dopo l'incontro con il Duce, il Corriere della Sera pubblicò un articolo nel quale si leggeva che: "Il Duce ha elogiato il dottor Cuccia per il lavoro compiuto in circostanze particolarmente difficili..."[5] . Si trattava di un segnale, sottinteso ma chiaro, destinato a coloro che premeditavano di attentare all'incolumità di Cuccia e in particolare fu un avvertimento diretto al viceré d'Etiopia Rodolfo Graziani e al suo entourage che non avevano gradito le intromissioni del giovane funzionario in una gestione amministrativa che Cuccia sospettava fosse caratterizzata da gravi irregolarità finanziarie e da una interessata tolleranza nei confronti dei trafficanti di valuta. Nonostante la situazione disagiata e pericolosa nella quale visse durante il periodo di permanenza in Africa orientale, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, Cuccia operò con grande serietà e severità, stilando relazioni tecniche precise ed esaustive che puntualmente inviava a D'Agostino, ricevendone indicazioni e incoraggiamenti continui.
Successivamente, Cuccia ebbe occasione di lavorare presso la Comit diretta da Raffaele Mattioli.
Gjate Luftes se Dyte Boterore ai bëri disa udhëtime në Svicra allo scopo di sostenere la Resistenza, per la quale operò anche da staffetta con la copertura fornitagli dal fatto di essere un funzionario di banca di alto livello; in un viaggio a Lisbona nel 1942 si fece latore di un messaggio segreto degli oppositori filobritannici Adolfo Tino e Ugo La Malfa al conte Sforza, in esilio negli Stati Uniti[6]: se ne fece tramite il diplomatico statunitense George Kennan.
Nga fundi i 1944, Enrico Cuccia seguì la vicenda di Mediobanca, quando Mattioli propose un "ente specializzato per i cosiddetti finanziamenti a medio termine" (in sostanza, un modo per superare la legge bancaria del 1936)[7]. In un convegno tenutosi nel 1986[8] Enrico Cuccia descrisse con precisione le difficoltà incontrate nella realizzazione del progetto, che aveva richiesto oltre 18 mesi di laboriose trattative, sia per trovare dei partner che accettassero di entrare nel capitale del nuovo istituto sia per superare le obiezioni di chi, come il governatore della Banca d'Italia Luigi Einaudi, temeva che dietro questo progetto vi fosse di fatto il ritorno della Comit alla struttura della banca mista: ecco perché Cuccia organizzò il lavoro dell'istituto che gli venne affidato da un lato senza fare a meno delle Bin azioniste, ma dall'altro lato tenendo le medesime largamente all'oscuro delle decisioni che la banca stava per prendere, apprendendole generalmente a cose fatte.
Ne prill te 1946, Cuccia divenne il direttore della nuova società, posseduta da Credito Italiano, Comit e Banco di Roma. Il 3 novembre 1944 fece parte della delegazione italiana, composta tra gli altri da Egidio Ortona e Raffaele Mattioli, che si recò a Washington con l'obiettivo di richiedere al governo statunitense aiuti per la ricostruzione post-bellica italiana.
Mediobanca divenne in breve tempo il centro del mondo finanziario e politico italiano. Il caso più importante, tra le numerose grandi transazioni economico-finanziarie gestite da Cuccia e da Mediobanca, fu sicuramente la scalata alla Montedison di Giorgio Valerio da parte dell'ENI di Eugenio Cefis.
L'istituto costituì il perno di un sistema di alleanze, che attraverso partecipazioni incrociate e patti parasociali garantiva stabilità degli assetti proprietari dei maggiori gruppi industriali. Mediobanca accrebbe anche la gamma delle sue partecipazioni azionarie, che diventarono veri certificati di garanzia per le imprese partecipate.
Un altro aspetto importante dell'azione di Cuccia fu l'apertura internazionale che avvenne nel 1955, dopo contatti intensi con André Meyer della Lazard di New York. Nel suo viaggio statunitense del 1965 Antonio Maccanico ebbe modo di apprezzare la considerazione che si avesse a Wall Street per Enrico Cuccia, il cui nome era all'epoca in Italia quasi del tutto sconosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori [9].
Ne anni ottanta, Cuccia lasciò l'amministrazione per raggiunti limiti di età, ma restò comunque uno degli uomini più influenti, inavvicinabile dai giornalisti.
Cuccia fu accusato da Michele Sindona di essere il mandante di un complotto nei suoi confronti e di controllare segretamente il tribunale di Milano al quale lui aveva portato documenti a dimostrazione della sua tesi. Fu denunciato con l'accusa di falso in bilancio e in seguito prosciolto. Subì anche un attentato che vide esplodere sulla porta di casa del banchiere, in via Maggiolini, un ordigno probabilmente lanciato lì da un emissario mafioso dello stesso Sindona.
Testimoniò contro Michele Sindona nel processo sull'omicidio di Giorgio Ambrosoli, affermando che l'imputato gli avesse confidato il suo progetto omicida. L'informazione fu ricevuta nell'aprile del 1979 a New York, mentre l'omicidio avvenne l'11 luglio dello stesso anno: eppure Cuccia non avvertì le autorità italiane né lo stesso Ambrosoli. Alle domande dei magistrati rispose di aver mantenuto il silenzio per sfiducia nei confronti dello Stato. Secondo il suo legale Alberto Crespi [10], Cuccia diede immediatamente mandato a lui di parlare con i giudici riguardo alle minacce di Sindona (le quali furono sottovalutate dalla procura) evitando di esporsi in prima persona temendo per l'incolumità dei suoi figli. Questa ricostruzione viene però smentita dalla procura [11]
Alla sua morte il civico di via Filodrammatici dove ha sede Mediobanca fu ribattezzato dal comune di Milano "piazzetta Cuccia".
Nel marzo 2001 la sua bara presso il cimitero di Meina venne trafugata a fini di riscatto da due improvvisati delinquenti, Giampaolo Pesce e Franco Bruno Rapelli detto Crodino, e nascosta in un fienile della Valle di Susa. Alla singolare vicenda è ispirato anche il film "L'ultimo crodino" che per l'appunto riprende il soprannome del Rapelli.