Alberto Breccia (Montevideo, 15 aprile 1919 – Buenos Aires, 10 novembre 1993) è stato un fumettista uruguaiano naturalizzato argentino.
Le sue realizzazioni nel campo del fumetto sono ritenute uniche e innovative tali da poterlo considerare un maestro del fumetto mondiale.[1][2]
Nato a Montevideo, in Uruguay, da una famiglia d'origini italiane, all'età di tre anni emigra con i genitori in Argentina, crescendo a Buenos Aires. Interrompe gli studi di computisteria per andare a lavorare come operaio in una fabbrica continuando a disegnare per passione affinando il suo stile creando, ancora adolescente, il suo primo personaggio dei fumetti, Mister Pickles, protagonista di una serie umoristica della quale riesce a vendere una decina di strisce alla rivista El Resero. Successivamente crea la serie Don Urbano che viene pubblicata sulla rivista Paginas de Columba.[2][3] In queste prime opere lo stile trae ispirazione dai lavori di Burne Hogarth e di Alex Raymond[3] ma in breve tempo se ne allontana seguendo un personale percorso di sperimentazione grafica e narrativa.[1]
L'editore Manuel Láinez gli commissiona nel 1938 i suoi primi personaggi realistici (Ralph Norton, il cowboy Kid de Rio Grande e il viaggiatore nel tempo Rosengram), dei quali scrive i testi oltre a realizzare i disegni compresivi di lettering.[2] Contemporaneamente collabora ad altre serie come Rataplán, El Gorrión, Gentleman Jim, Puño Blanco, il Detective Mu-Fa, Pancho López e con pubblicazioni umoristiche come Mariquita Terremoto.[3]
Nel secondo dopoguerra, interrotta la collaborazione con Láinez, lavora alle serie "Gentleman Jim", "Puño Blanco" e "Jean de la Martinica", collaborando alle illustrazioni di centinaia di libri per bambini[2] ed iniziando a lavorare anche per il mercato europeo.[3] Nel 1947 subentra allo scomparso Cortinas vincendo una selezione per proseguire la serie di "Vito Nervio" alla quale lavorerà fino al 1959. Sempre in questo periodo apre anche un'agenzia pubblicitaria e una scuola di disegno mentre nel 1953 pubblica una propria raccolta di racconti gialli intitolata "Captura" della quale usciranno solo tre numeri.[2] Nel 1956 realizza, su testi di Abel Santa Cruz, per la Editorial Codex, "Pancho Lopez", il suo ultimo fumetto umoristico a strisce.[2]
La collaborazione con Héctor Oesterheld, incominciata casualmente grazie al contributo di Hugo Pratt, si concretizza disegnando Sherlock Time, serie nella quale si raccontano le avventure di un detective del tempo venuto dallo spazio e che rappresenta una pietra angolare nell'evoluzione dello stile di Breccia che venne raggiunta anche grazie ai consigli ricevuti da Hugo Pratt, il quale vedeva nel disegnatore ancora margini di miglioramento. Sempre su testi di Oesterheld disegna alcuni episodi di Ernie Pike[3] e, nel 1962, disegna Mort Cinder, serie a fumetti scritta da Oesterheld nel quale il protagonista è un misterioso personaggio rimasto bloccato fuori dal suo mondo che racconta a un vecchio antiquario (al quale Breccia darà le proprie sembianze) le sue precedenti vite vissute nel corso dei secoli.[2][3] Graficamente il fumetto rappresenta uno dei capolavori di Breccia nel quale spiccano macchie di china e di biacca e ampie campiture di pennello.[1]
Intanto la moglie si ammala gravemente.[senza fonte]
Nel marzo del 1966 fonda, insieme ad altri colleghi come Pereyra, Zoppi, Borisoff, Garaycochea, l'"Instituto de Directores de Arte" e abbandona temporaneamente la carriera di disegnatore per concentrarsi sull'insegnamento.[2]
Nel 1968 ritorna a disegnare storie di Oesterheld realizzando il monografico Che. Una vita in rivolta (Vida del Che) sulla vita di Che Guevara insieme al figlio Enrique Breccia che in patria viene sequestrata e bruciata comprese le tavole originali.[1][3] Altro fumetto di critica nei confronti del regime è la nuova versione di El Eternauta del 1969, capolavoro del fumetto realizzato originariamente nel 1957 con i disegni di Solano Lopez e che ora viene illustrato da Breccia con uno stile innovativo e sperimentale, riproposto da Oesterheld con un taglio più maturo e con espliciti riferimenti alla dittatura. In anticipo forse sui tempi, l'opera non raggiunge il successo sperato e si interrompe alla conclusione del primo episodio.[1][2][3] Sempre su testi di Oesterheld, pubblica nel 1970 "Evita, vita e opere di Evita Perón".[3]
Breccia realizzerà per il mercato italiano numerose storie per ragazzi pubblicate su riviste come il Corriere dei Piccoli e Corrier Boy spesso sceneggiate da Mino Milani,[3] in particolare, dal 1971, realizza insieme allo studio italiano "Dami" la serie Squadra Zenith che verrà pubblicata sul Corriere dei Ragazzi.[2]
Alla ricerca di nuovi stimoli si trasferisce in Cile dove realizza una "Historia grafica de Chile". Quindi ritorna in Argentina dove riprende il suo lavoro di insegnante presso la scuola di disegno[2] e collabora alla "Historia gráfica de la República Argentina" oltre ad alcuni lavori in campo pubblicitario che esulano dal mondo del fumetto.[3] Ritorna al fumetto nel 1973 realizzando una serie di riduzioni di alcuni racconti del ciclo de I Miti di Cthulhu, dello scrittore Howard Phillips Lovecraft, su sceneggiature di Norberto Buscaglia,[1][2][3] opere queste che rappresentano un altro punto di svolta nel suo stile che diviene meno realistico e sempre più sperimentale.[3]
Nel 1974 inizia la collaborazione con lo sceneggiatore argentino Carlos Trillo con il quale realizzerà nuovi capolavori come Un certo Daneri del 1974, "Nadie" del 1977, "Buscavidas",[3] "Gli occhi e la mente" e "Chi ha paura delle fiabe", grottesco adattamento caratterizzato da umorismo nero molto forte[1] oltre a essere uno dei pochi lavori di Breccia a colori.[3] Nel 1976 pubblica il racconto "L'aria" su una sceneggiatura di Guillermo Saccomanno.[3]
Negli anni 80 realizza uno dei suoi lavori più importante dai tempi di Mort Cinder su sceneggiatura di Juan Sasturain: Perramus, serie a fumetti a metà strada tra il genere avventuroso e l'umorismo surreale con critiche alla dittatura argentina, nella quale si miscelano personaggi fittizi a quelli reali come Jorge Luis Borges al quale viene fatto vincere un premio Nobel. L'opera ottiene il premio Amnesty nel 1989 nella categoria del miglior libro in favore dei diritti umani[2][3]
Successivamente si concentrerà sulla riduzione a fumetti di opere horror-gotiche come Dracula o i racconti di Edgar Allan Poe (come Il cuore rivelatore, Mr. Valdemar, La maschera della morte rossa, Il gatto nero) o di Ambrose Bierce insieme ad altre storie dell'orrore talvolta anche con la collaborazione di Buscaglia oltre a una trasposizione di fiabe celebri.[2][3]
Negli anni 1990 realizza un adattamento di un capitolo del romanzo Sopra eroi e tombe di Ernesto Sabato "Rapporto sui ciechi", una storia visionaria realizzata con la tecnica del collage e china in bianco e nero[1] e "El Dorado, el delirio de Lope de Aguirre"[3] e continua a disegnare riduzioni a fumetti di racconti di Borges, Marquez e altri, realizzati su testi di Sasturain.[2]
Muore il 10 novembre 1993 a Buenos Aires.[1][2][3]
Si sposa nel 1944[senza fonte]. Alberto Breccia ha avuto tre figli anch'essi impegnati nel mondo dell'arte: Enrique Breccia (che ha collaborato col padre alla "Vita del Che"), Patricia e Cristina.[3]
Tra i suoi lavori più significativi vanno ricordate le collaborazioni con Héctor Oesterheld, in particolare Mort Cinder (1962), Che. Una vita in rivolta (1968) e una nuova versione de L'Eternauta, originariamente disegnato da Francisco Solano López.
Dagli anni sessanta le opere dell'autore cominciano a comparire su numerose riviste di fumetti italiane: Mort Cinder su Il Mago[2][3] della Mondadori[5] e su Lanciostory della Eura Editoriale; L’Eternauta su Linus, alteralter, Il Mago; Perramus su Orient Express e L'Eternauta; Un tal Daneri (1969), su Linus ed Alter; Buscavidas su Alter Alter, su L'Eternauta e su Comic Art; Gli occhi e la mente, su L'Eternauta; Armi da fuoco su Skorpio;[3] Agente Nessuno su Skorpio fra il 1977 ed il 1978; diversi adattamenti di favole, sceneggiati da Trillo, su Alter Alter fra il 1980 e il 1981; Sherlock Time su Lanciostory nel 1978;[3] L’Eternauta su Linus nel 1972;[1][2][3] I Miti di Chthulu su Il Mago dal 1973 e su Alter alter nel 1982 e successivamente sono stati riproposti in volume.[3]
Le edizioni italiane dei fumetti di Breccia includono le seguenti.[6]
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