Apocalypse 91... The Enemy Strikes Black

Apocalypse 91... The Enemy Strikes Black
album in studio
ArtistaPublic Enemy
Pubblicazione1º ottobre 1991Stati Uniti (bandiera)
Durata45:42
Dischi1
Tracce14
GenereHardcore hip hop
East Coast hip hop
Golden age hip hop
Political hip hop
Hardcore hip hop
East Coast hip hop
EtichettaDef Jam
Columbia Records
ProduttoreGary G-Wiz The Bomb Squad (esec.), The Imperial Grand Ministers of Funk
RegistrazioneThe Music Palace, Long Island, New York
FormatiCD
LP
Musicassetta
Noten. 4 Stati Uniti (bandiera)
n. 8 Regno Unito (bandiera)
Certificazioni
Dischi d'argentoRegno Unito (bandiera) Regno Unito[1]
(vendite: 60 000+)
Dischi d'oroCanada (bandiera) Canada[2]
(vendite: 50 000+)
Dischi di platinoStati Uniti (bandiera) Stati Uniti[3]
(vendite: 1 000 000+)
Public Enemy - cronologia
Album precedente
(1990)
Singoli
  1. Bring tha Noize
    Pubblicato: 4 giugno 1991
  2. Can't Truss It
    Pubblicato: 24 settembre 1991
  3. Shut 'Em Down
    Pubblicato: 3 gennaio 1992
  4. Nighttrain
    Pubblicato: 3 marzo 1992

Apocalypse 91... The Enemy Strikes Black è il quarto album in studio del gruppo hip hop statunitense Public Enemy, pubblicato dalla Def Jam nel 1991.

(EN)

«Land of the free
But the skin I'm in identifies me»

(IT)

«Terra della libertà
ma il colore della mia pelle mi identifica»

Il disco, dal punto di vista dei testi, estremizza ancora di più l'attacco al sistema del potere bianco, prendendosela con il razzismo strisciante e ipocrita, ma aggiunge la tematica delle contraddizioni che affliggono all'interno la comunità afroamericana stessa, con i suoi dubbi e problemi legati alla consapevolezza di razza. A tal proposito Chuck D dichiara:

«Abbiamo dei problemi con l'uomo bianco, ma abbiamo anche dei problemi con noi stessi. Viviamo in un'epoca in cui non è detto che ciascun fratello sia tale: la gente della comunità nera deve dimostrare di esserlo e non indossare la propria negritudine come una spilletta. Non puoi affermare di essere nero e per il nero se sei un truffatore o un ladro o uno spacciatore. Questi problemi sono il risultato del caos e del disordine. Per la sua sopravvivenza la comunità nera ha bisogno di ordine e disciplina.[4]»

Registrazione e produzione

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Apocalypse 91 fu registrato presso lo studio The Mix Palace di Long Island, New York, e prodotto da The Bomb Squad e The Imperial Grand Ministers of Funk (Stuart Robertz, Cerwin "C-Dawg" Depper, Gary "G-Wiz" Rinaldo e The JBL). Il titolo dell'album è un riferimento ai film Apocalypse Now e The Empire Strikes Back.

Il gruppo intraprese una nuova direzione sonora con questo lavoro, in parte per necessità. Secondo Hank Shocklee, circa in quel periodo, il materiale per le tracce sul quale avevano lavorato negli scorsi quattro-cinque anni era stato rubato. Come risultato, la band si vide costretta a ricreare in fretta la propria musica per fare uscire l'album in tempo con le scadenze imposte dalla casa discografica. Shocklee ammise che era impossibile recuperare completamente tutto quello che avevano perso. In retrospettiva, egli disse che il furto "bloccò la crescita" dei Public Enemy. Il gruppo non si riprese mai completamente dalla perdita subita. La conseguenza fu che il sound risultò un po' più lineare rispetto alla densa produzione dei precedenti lavori, e l'apporto dei musicisti dal vivo divenne un elemento prominente.[5]

Il gruppo incise 1 Million Bottlebags per denunciare le contraddizioni interne alla comunità afroamericana, criticando l'alcolismo diffuso.[6] I Public Enemy collaborarono con il gruppo heavy metal Anthrax per registrare una versione thrash della loro Bring the Noise. Can't Truss It paragona lo schiavismo al genocidio mentre Shut 'Em Down parla del cinismo dell'industria e contiene un velato attacco alla Nike: «I like Nike but wait a minute / The neighborhood supports so put some money in it / Corporations owe / Dey gotta give up the dough to da town / Or else We gotta shut'em down» ("Le Nike mi piacciono ma aspettate un attimo / Il giro le appoggia quindi destinategli un po' di denaro / Le grandi compagnie sono in debito / devono mollare l'osso alla città / oppure le faremo chiudere"). By the Time I Get to Arizona fu scritta dal frontman Chuck D come forma di protesta contro lo Stato dell'Arizona, dove il governatore Evan Mecham aveva cancellato la festività del Martin Luther King Day e la popolazione aveva votato contro la sua reintroduzione. A Letter to the New York Post è un attacco all'omonimo giornale per aver pubblicato notizie riguardanti la vita privata di Flavor Flav e le sue vicende giudiziarie.

Pubblicazione

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L'album fu pubblicato il 1º ottobre 1991 da Def Jam Recordings e Columbia Records. Il disco debuttò in quarta posizione nella classifica statunitense Billboard 200 e conquistò la vetta della Top R&B/Hip-Hop Albums.[7] Il 26 novembre 1991, l'album fu certificato disco di platino dalla Recording Industry Association of America (RIAA) con vendite superiori al milione di copie negli Stati Uniti.[8]

Da Apocalypse 91 furono estratti quattro singoli: Bring tha Noize, Can't Truss It, Nighttrain, Shut 'Em Down e la sua B-side By the Time I Get to Arizona. Per quest'ultima venne girato un controverso video musicale dove i Public Enemy uccidevano il governatore dell'Arizona Evan Mecham, che si era rifiutato di riconoscere come ricorrenza ufficiale il Martin Luther King Day.[9] Can't Truss It fu il singolo di maggior successo, raggiungendo la posizione numero 9 nella classifica Hot Soul Singles e la numero 50 nella Billboard Hot 100.

Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
AllMusic[10]
Chicago Tribune
Entertainment WeeklyA+
Los Angeles Times
NME7/10[11]
Q[12]
Rolling Stone
The Rolling Stone Album Guide[13]
Piero Scaruffi6/10[14]
The Source[15]
The Village VoiceA[16]

Apocalypse 91... The Enemy Strikes Black fu accolto da critiche generalmente positive alla sua uscita. Anthony DeCurtis di Rolling Stone lodò la produzione e i testi, dichiarando che Apocalypse 91 "tenta di fissare degli obiettivi sociopolitici per la comunità nera".[17] In maniera simile, Ronin Ro di The Source evidenziò la potenza evocativa dei testi di Chuck D e la natura senza compromessi della ruvidezza dell'album.[15] NME diede credito all'album di avere "più anima" e di essere più funk dei suoi predecessori, ma ammise che il disco include anche qualche brano riempitivo.[11] Su Playboy, il critico musicale Robert Christgau lodò la prima metà dell'album, definendola "la più eccitante sequenza di brani dei Public Enemy di sempre", ma criticò la seconda parte per essere meno consistente.[18]

"Apocalypse '91 è grande ma non un classico perché non è possibile far uscire quattro album classici di fila…" osservò la fanzine hip hop Louder Than A Bomb!. "I PE sono ancora la migliore band in America e ancora una volta hanno pubblicato il miglior album dell'anno".[19]

Apocalypse 91 si classificò in seconda posizione nel sondaggio del The Village Voice Pazz & Jop del 1991 riservato ai critici, dietro a Nevermind dei Nirvana,[20] mentre gli editori di Spin lo misero al settimo posto nella lista dei migliori 20 album dell'anno.[21] A posteriori, Stephen Thomas Erlewine di AllMusic citò l'album definendolo uno dei grandi dischi golden age hip hop.[10] Più negativo il critico musicale Piero Scaruffi che definì il disco "relativamente monotono" e un'opera che "si limitava a riclare le vecchie idee adattandole ad un pubblico di bianchi".[14] L'album è stato incluso nel libro 1001 Albums You Must Hear Before You Die.[22]

  1. Lost at Birth – 3:49
  2. Rebirth – 0:59
  3. Nighttrain – 3:31
  4. Can't Truss It – 5:23
  5. I Don't Wanna be Called Yo Niga – 4:24
  6. How to Kill a Radio Consultant – 3:09
  7. By the Time I Get to Arizona – 4:49
  8. Move! (feat. Sister Souljah) – 4:59
  9. 1 Million Bottlebags – 4:06
  10. More News at 11 – 2:40
  11. Shut 'Em Down – 5:06
  12. A Letter to the New York Post – 2:47
  13. Get the F*** Outta Dodge (feat. True Mathematics) – 2:38
  14. Bring tha Noize (feat. Anthrax) – 3:47
Public Enemy
Personale aggiuntivo
  • Anthrax – performer (traccia 14)
  • Frank Abel – tastiere
  • Fred Wells – chitarre
  • Lorenzo "Tony" Wyche – fiati
  • Allen Givens – fiati
  • Ricky Gordon – percussioni
  • Tyrone Jefferson – fiati
  • Al MacDowell – basso
  • Steve Moss – percussioni
  • Michael Angelo – mixing
  1. ^ (EN) Apocalypse 91... The Enemy Strikes Black, su British Phonographic Industry. URL consultato il 14 marzo 2018.
  2. ^ (EN) Apocalypse 91... The Enemy Strikes Black – Gold/Platinum, su Music Canada. URL consultato il 14 marzo 2018.
  3. ^ (EN) Public Enemy - Apocalypse 91 ... The Enemy Strikes Black – Gold & Platinum, su Recording Industry Association of America. URL consultato il 14 marzo 2018.
  4. ^ Campo, Alberto (a cura di), Public Enemy. Tutti i testi con traduzione a fronte, 1992, Arcana editrice, Milano, pag. 13, ISBN 88-85859-88-7.
  5. ^ Angus Batey, 20 Years On: Public Enemy's Apocalypse 91 The Enemy Strikes Black Revisited, in The Quietus, 13 dicembre 2011. URL consultato il 18 marzo 2018 (archiviato il 31 maggio 2021).
  6. ^ Kyle Coward, When Hip-Hop First Went Corporate, in The Atlantic, 21 aprile 2015. URL consultato il 23 giugno 2017 (archiviato il 19 settembre 2017).
  7. ^ Apocalypse 91...The Enemy Strikes Black – Public Enemy — Awards, su AllMusic. URL consultato il 21 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 21 aprile 2016).
  8. ^ American album certifications – Public Enemy, su riaa.com, Recording Industry Association of America. URL consultato il 30 luglio 2016 (archiviato il 4 marzo 2016).
  9. ^ Evan Serpick, Public Enemy Look Back at 20 Years of 'By the Time I Get to Arizona', in Spin, 10 novembre 2011. URL consultato il 5 novembre 2020 (archiviato il 4 novembre 2020).
  10. ^ a b Stephen Thomas Erlewine, Apocalypse 91...The Enemy Strikes Black – Public Enemy, su AllMusic. URL consultato il 24 luglio 2016 (archiviato il 29 gennaio 2016).
  11. ^ a b Public Enemy: Apocalypse 91… The Enemy Strikes Black, in NME, 15 luglio 1995, p. 47.
  12. ^ Public Enemy: Apocalypse 91… The Enemy Strikes Black, in Q, n. 108, settembre 1995, p. 132.
  13. ^ Peter Relic, Public Enemy, in Nathan Brackett e Christian Hoard (a cura di), The New Rolling Stone Album Guide, 4th, Simon & Schuster, 2004, pp. 661–662, ISBN 0-7432-0169-8.
  14. ^ a b Ronin Ro, Apocalypse 91: The Enemy Strikes Black, in The Source, n. 27, dicembre 1991, p. 55.
  15. ^ Robert Christgau, Consumer Guide, in The Village Voice, 5 novembre 1991. URL consultato il 25 luglio 2016 (archiviato il 3 marzo 2016).
  16. ^ Anthony DeCurtis, Apocalypse '91: The Enemy Strikes Black, in Rolling Stone, 3 ottobre 1991. URL consultato il 24 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2007).
  17. ^ Robert Christgau, Apocalypse 91… The Enemy Strikes Black, in Playboy, settembre 1991. URL consultato il 30 luglio 2016 (archiviato l'11 marzo 2015).
  18. ^ Martin Bainton, On 33, in Louder Than A Bomb! #2, febbraio 1992, p. 5.
  19. ^ The 1991 Pazz & Jop Critics Poll, in The Village Voice, 3 marzo 1992. URL consultato il 28 luglio 2016 (archiviato il 2 gennaio 2016).
  20. ^ 20 Best Albums of the Year, in Spin, vol. 7, n. 9, dicembre 1991, p. 68. URL consultato il 27 luglio 2016.
  21. ^ Robert Dimery e Michael Lydon, 1001 Albums You Must Hear Before You Die: Revised and Updated Edition, Universe, 7 febbraio 2006, ISBN 0-7893-1371-5.

Collegamenti esterni

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