Arcangela Paladini (citata anche come Arcangiola) nacque a Pistoia[1] nel 1596, terza figlia (di quattro) del pittore pistoiese Filippo di Lorenzo Paladini (1559 ca-1608),[2] e della sua seconda moglie Persia Cilli (due figli erano già nati dal primo matrimonio). Trasferitasi a Pisa con la famiglia, nel 1608 Arcangela perse il padre, morto prima di completare la facciata del Palazzotto dell'Orologio che stava affrescando su incarico dei Cavalieri di Santo Stefano.[2]
Il precoce talento di Arcangela per l’arte, per il canto e per il ricamo le fece guadagnare ben presto la protezione dei granduchi di Toscana che la portarono a Firenze. A Firenze visse inizialmente nel monastero di Sant'Agata, situato in via San Gallo.[3] dove fu protetta dalla granduchessa Cristina di Lorena, vedova di Ferdinando I de' Medici, che ne aveva scoperto e promosso il talento sia nella musica che nella pittura, e che sarebbe diventata la sua più grande benefattrice.[4] Sempre grazie al patrocinio della corte medicea, segui l'insegnamento di Jacopo Ligozzi[5]
Conosciuta dagli studiosi più per il suo talento musicale che per quello di pittrice, ampiamente acclamata per la sua voce e l'abilità nel canto, Arcangela fu sempre un'artista poliedrica, già affermata all'età di 15 anni.[6] Fu protetta anche dalla nuora di Cristina di Lorena, la granduchessa Maria Maddalena d'Austria, moglie di Cosimo II de' Medici, che la impiegò sia come pittrice sia come cantante[7] dopo la sua uscita dal monastero di Sant'Agata nel 1616. A questa data sposò il fiammingo Jan Broomans, un ricamatore di tessuti e di arazzi, originario di Anversa, che lavorava al servizio della granduchessa[8]), e dall'unione nacque una figlia, che risulta battezzata il 20 agosto 1618 con il nome di Maria Maddalena, in onore della stessa granduchessa.[9]
Sono state rintracciate notizie di poche opere d'arte eseguite dalla Paladini sia negli anni vissuti in convento, sia in seguito, quando frequentava la corte dei Medici e una sola di queste è giunta sino a noi,[4] l’Autoritratto oggi conservato in un deposito delle Gallerie degli Uffizi e di Pitti.[6] Secondo un’iscrizione che si trovava in antico sul retro della tela, fu dipinto nel 1621 su commissione della granduchessa Maria Maddalena[4].
Ci sono invece numerose testimonianze delle sue attività musicali a corte. Sappiamo da una lettera della compositrice Francesca Caccini, datata 25 gennaio 1618, che Michelangelo Buonarroti scelse «la Signora Arcangiola» per cantare l'aria che introdusse «le dame o i cavalieri del ballo» nella sua commedia 'La Fiera' , rappresentata alla corte medicea l'11 febbraio dello stesso anno.[10] Inoltre, grazie al diario di Cesare Tinghi, sappiamo che la Paladini cantò per la corte in più occasioni, a volte in compagnia della Caccini e le sue 'fanciulle' e spesso con Muzio Effrem, che compose per lei un'aria dedicata a Sant'Orsola.[11]
La Paladini era contemporanea della pittrice baroccaArtemisia Gentileschi (1593-1656), e la storica Barbara Hanning ha creduto di poter riconoscere le sue fattezze nell'immagine di Santa Cecilia, la patrona della musica, dipinta da Artemisia.[12]
Arcangela Paladini morì a Firenze il 18 ottobre 1622, all'età di 26 anni, e fu sepolta nella chiesa di Santa Felicita, la seconda parrocchia più antica di Firenze, dove la granduchessa fece realizzare una tomba monumentale.[13] Il monumento funebre è sulla parete sinistra del portico d'ingresso antistante la chiesa e fu eseguito dagli scultori Agostino Bugiardini e Antonio Novelli.[14] Sopra il sarcofago è posto il busto dell'artista, mentre ai lati ci sono due bassorilievi raffiguranti la pittura con tavolozza e pennelli e la musica che suona l'arpa, entrambe con espressione addolorata per la morte prematura dell'artista.
L'epitaffio di Andrea Salvatori paragona Arcangela Paladini alla dea Atena e al pittore Apelle.[4]
"D.O.M. - Arcangela Palladinia - Ioannis Broomans Antuerpiensis uxor – Cecinit hetruscis regibus, nunc canit Deo – Vere Palladinia quae Palladem acu - Apellem coloribus Cantu aequavit musas - Obiit anno suae aetatis XXIII - die XVIII Octobris MDCXXII - Sparge rosis lapidem coelesti innoxia cantu - Thusca jacet siren; Itala musa jacet. -"
^La permanenza di Arcangela nel monastero di Sant'Agata è documentata dal dicembre 1610 sino al giugno 1616 (per le date vedi Lisa Goldenberg Stoppato 2016). Pertanto è plausibile che le doti artistiche e canore della Paladini siano state raffinate tra le mura del monastero - A. Grimaldi, "Il Chiostro e la scena. Michelangelo Buonarroti il giovane e il convento di S. Agata", in 'Studi italiani', XIX (1998), pp. 149-198.
^abcdJulia K. Dabbs, "Life Stories of Women Artists 1550-1800: An Anthology", 2009, Ashgate Publishing, Surrey, pp.298–99.
^Maria Giovanna Masera, "Una cantante del Seicento alla corte medicea: Arcangiola Palladini", in 'Rassegna Musicale', 1943, pag.50.
^Secondo lo storico Francesco Moücke, il matrimonio fu celebrato il 13 luglio 1616. - Francesco Moücke, "Serie di ritratti degli eccellenti pittori dipinti di propria mano che esistono nell'Imperial Galleria di Firenze...", Vol.III, Firenze 1756, pp. 35-38.
^Archivio dell’Opera di S. Maria del Fiore, Firenze, Registro dei battezzati 253, c.117v.
^Maria Giovanna Masera, "Alcune lettere inedite di Francesca Caccini", in 'La Rassegna musicale', XIII (1940), pp. 180 s. - Fonte primaria: Archivio Buonarroti 44/447, Firenze.
^Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, "Questo libro nominato Diario secondo è del serenissimo don Cosimo secondo granduca di Toscana […] tenuto da Ceseri di Bastiano Tinghi […], 1615-1623", parzialmente trascritto da Solerti 1905.
^Barbara Russano Hanning, "From Saint to Muse: Representations of Saint Cecilia in Florence", Music in Art, 2004, pagg. 98–99.
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ""Questo libro nominato Diario secondo è del serenissimo don Cosimo secondo gran duca di Toscana […] tenuto da Ceseri di Bastiano Tinghi […], 1615-1623, 'Gino Capponi 261', Vol.II, parzialmente trascritto da Solerti 1905.
Francesco Moücke, "Serie di ritratti degli eccellenti pittori dipinti di propria mano che esistono nell'Imperial Galleria di Firenze...", Vol.III, Firenze 1756, pp. 35-38.
Teresa Orfanello, "Pittrice «Cantatora»", in MCM, 1999, n.46, pp. 30-31.
Barbara Russano Hanning, "From Saint to Muse: Representations of Saint Ceciliain Florence", in 'Music in Art', International Journal for Music Iconography, XXIX (2004), pp.19-21.
Julia K. Dabbs, "Life Stories of Women Artists 1550-1800. An anthology", Farnham-Burlington 2009, pp. 298 s., 302-305.
Jane Fortune, "Invisible Women: Forgotten Artists of Florence", The Florentine Press, Firenze, 2010, pagg. 64-66.
G. Giusti, "Autoritratte «Artiste di capriccioso e destrissimo ingegno»" (catalogo mostra), Firenze 2010.
Alberto Macchi, Arcangela Paladini: artista fiorentina del XVII secolo: Monologo teatrale tra realtà e immaginazione, Edizioni AETAS, Roma 2004. Prefazione di Jacopa Stinchelli.
Alberto Macchi, Irene e Arcangela: Scena teatrale, [in:] "Gazzetta Italia", Varsavia, 6/2013 (in versione italiana e in versione polacca)
Alberto Macchi, Arcangela Paladini Broomans: Prima Scena teatrale, [in:] "Gazzetta Italia", Varsavia, 3/2011 (in versione italiana e in versione polacca)
Alberto Macchi, Arcangela Paladini: Seconda Scena teatrale, [in:] "Gazzetta Italia", Varsavia, 9/2012 (in italiano e polacco)
Lisa Goldenberg Stoppato, Arcangela Paladini and the Medici, in Women Artists in Early Modern Italy. Careers, Fame, and Collectors, a cura di Sheila Barke, London/Turnhout: Harvey Miller Publishers, 2016, pp. 81–97