Chiesa di San Roberto Bellarmino

Chiesa di San Roberto Bellarmino
Facciata
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneLazio
LocalitàRoma
Coordinate41°55′24.11″N 12°29′34.76″E
Religionecattolica di rito romano
TitolareRoberto Bellarmino
Diocesi Roma
Consacrazione30 maggio 1959
ArchitettoClemente Busiri Vici
Stile architettonicorazionalista
Inizio costruzione1931
Completamento1933
Sito webwww.sanrobertoroma.it/

La chiesa di San Roberto Bellarmino è un luogo di culto cattolico di Roma, sede dell'omonima parrocchia appartenente alla diocesi di Roma e del titolo cardinalizio di "San Roberto Bellarmino". L'edificio è situato in piazza Ungheria, nel quartiere Parioli, rientrante all'interno dei confini del Municipio Roma II.[1]

La chiesa di San Roberto Bellarmino venne costruita su progetto di Clemente Busiri Vici tra il 1931 ed il 1933;[2] venne consacrata il 20 maggio 1959, sebbene fosse stata inaugurata e aperta al culto già il 10 giugno 1933.[3] Il luogo di culto venne intitolato al santo del XVII secolo, Roberto Bellarmino, tra i maggiori teologi della controriforma, canonizzato pochi anni prima della costruzione della chiesa, nel 1930, e appartenente alla Compagnia di Gesù.[4]

La chiesa è sede parrocchiale, istituita il 13 maggio 1933 da papa Pio XI con la costituzione apostolica Quae maiori religionis[5] ed affidata ai Gesuiti, cui è subentrato nel 2003 il clero diocesano.[1] Dal 1969 insiste sulla chiesa il titolo cardinalizio di "San Roberto Bellarmino". Il 13 marzo 2013 il cardinale titolare Jorge Mario Bergoglio è stato eletto papa con il nome di Francesco.[6]

Il 2 marzo 1980, seconda domenica di Quaresima, la chiesa ha ricevuto la visita di papa Giovanni Paolo II.[7]

Arte e architettura

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La chiesa di San Roberto Bellarmino è in stile razionalista ed è caratterizzata dal ripetersi, come motivo ricorrente in tutta la costruzione, dell'ottagono.[8]

L'esterno dell'edificio, interamente con paramento murario a mattoni a vista, è caratterizzato dalla facciata, preceduta da un ampio sagrato. Il prospetto, a capanna, presenta nella parte inferiore un portico con pilastri a forma di parallelepipedo rettangolo, mentre in quella superiore vi è una triplice finestra ottagonale con vetrata policroma raffigurante San Roberto Bellarmino. Alla sommità, lo stemma marmoreo di papa Pio XI, sotto il cui pontificato venne eretta la chiesa.[9] Ai lati della facciata vi sono i due campanili a base anch'essi ottagonale, i quali accolgono un concerto di 6 campane in scala diatonica di Re#3, realizzato negli anni 1940 dalla ditta padovana Cobalchini.[10]

Interno

L'interno della chiesa è a pianta a croce latina, con scarsa luce e caratterizzato da forme spigolose dovute alle strutture portanti in cemento armato volutamente lasciate a vista;[11] lungo la navata, unica e coperta con capriate lignee, si aprono cinque cappelle per lato, ciascuna delle quali è sormontata da una finestra ottagonale con vetrata policroma, analoga a quella della facciata e come questa opera di Alessandra Busiri; il ciclo è incentrato sulla vita del santo dedicatario della chiesa.[12].

Il capocroce ruota attorno ad un quadrato centrale, costituente la crociera e coperto con tiburio ottagonale, lungo il quale si aprono i due bracci del transetto, entrambi formati da un semiottagono, con gli altari del Sacro Cuore (nel transetto di sinistra, dove si svolgono le celebrazioni quotidiane) e della Madonna (nel transetto di destra); in asse con la navata vi è l'abside maggiore, con sette lati, che, come tutto il resto del capocroce, è decorata con mosaici opera di Renato Tomassi, realizzati su sfondo blu: nell'abside vi è San Roberto Bellarmino, mentre nella crociera i Quattro Evangelisti nei pennacchi della crociera e la Croce gloriosa sopra l'arco absidale. L'altare maggiore originario, donato da Beniamino Gigli è attualmente inutilizzato, essendo stato realizzato in vista del Giubileo del 2000 un nuovo presbiterio, in posizione più avanzata.[13]

Organo a canne

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Sulle due cantorie ai lati del presbiterio si trova l'organo a canne Tamburini opus 175, costruito nel 1934 e restaurato più volte, di cui l'ultima da Carlo Soracco nel 2009-2010.[14]

Lo strumento è a trasmissione elettrica e la sua consolle è situata sotto la cantoria di sinistra, a pavimento, nei pressi del presbiterio; quest'ultima dispone di due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note, con i comandi dei registri, delle unioni e degli accoppiamenti azionati da placchette a linguetta poste su unica fila sopra il secondo manuale.[15]

  1. ^ a b Parrocchia diocesana – S. Roberto Bellarmino, su diocesidiroma.it.
  2. ^ V. Franchetti Pardo, p. 189.
  3. ^ Identità e storia della Parrocchia, su parrocchiasanrobertobellarminoroma.it. URL consultato il 20 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
  4. ^ San Roberto Bellarmino, in Santi, beati e testimoni - Enciclopedia dei santi, santiebeati.it. URL consultato il 20 settembre 2014.
  5. ^ AAS (26), pp. 13-15.
  6. ^ Iacopo Scaramuzzi, Titoli e diaconie, Parolin in periferia, a Capovilla S. Maria in Trastevere, su vaticaninsider.lastampa.it, 22 febbraio 2014. URL consultato il 20 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2014).
  7. ^ Visita pastorale alla Parrocchia di San Roberto Bellarmino - Omelia di Giovanni Paolo II - Domenica, 2 marzo 1980, su vatican.va. URL consultato il 20 settembre 2014.
  8. ^ M. Alemanno, p. 89.
  9. ^ Esterno della Chiesa, su parrocchiasanrobertobellarminoroma.it. URL consultato il 20 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2014).
  10. ^ Filmato audio Le campane della Chiesa Parr. di San Roberto Bellarmino a Roma - Ave Maria di Lourdes e Plenum, su YouTube. URL consultato il 1º ottobre 2020. Modifica su Wikidata
  11. ^ A. Majanlahti, A. Osti Guerrazzi, p. 222.
  12. ^ Visita virtuale, su parrocchiasanrobertobellarminoroma.it. URL consultato il 20 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 3 luglio 2015).
  13. ^ G. Fronzuto, p. 376.
  14. ^ lapide commemorativa del restauro posta sotto la cantoria di sinistra, nei pressi della consolle.
  15. ^ G. Fronzuto, p. 377.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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