Foreste miste del bacino del Po

Foreste miste del bacino del Po
Po basin mixed forests
Pianura padana dalle colline del Reggiano
EcozonaPaleartica (PA)
BiomaForeste di latifoglie e foreste miste temperate
Codice WWFPA0432
Superficie42 500 km²
ConservazioneIn pericolo
StatiItalia (bandiera) Italia
Mappa dell’ecoregione
Scheda WWF

Le foreste miste del bacino del Po sono una ecoregione dell’ecozona paleartica, appartenente al bioma delle foreste di latifoglie e foreste miste temperate, indicate dal WWF con il codice: PA04232[1]. L’ecoregione si trova interamente compresa nella zona settentrionale dell’Italia, comprendendo le regioni del Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.

Il Po nei pressi di Mantova

Il territorio dell’ecoregione è pianeggiante, con occasionali rilievi di emergenza vulcanica, si trova a un’altezza massima di 200 metri sul livello del mare. È delimitato a ovest e a nord dalla catena della Alpi, preceduta – nella parte settentrionale – da una catena di colline denominate Prealpi, a sud la pianura è delimitata dagli Appennini mentre a est si affaccia sul mare Adriatico e presenta la singolarità del delta del Po, che si protrae nel mare per diversi chilometri e presenta caratteristiche peculiari. L’area è oggetto di insediamento umano fin dalla preistoria e a partire dal Medioevo ha ospitato centri abitati importanti, che si sono espansi sfruttando i vantaggi geografici offerti dalla pianura, dalla facilità delle comunicazioni e dalle terre agricole ricche da cui erano circondati. Milano, una delle aree metropolitane più estese d’Europa, Torino, Bologna, Brescia, Verona sono città che hanno sviluppato rilevanti attività industriali e commerciali ormai da vari secoli e sorgono all'interno di una pianura il cui ecosistema hanno contribuito a cambiare radicalmente. Questo fatto ha portato a una costante e crescente pressione antropica sull’ecosistema, una volta ricoperto per lo più da una foresta di latifoglie di roveri, cerri, carpini bianchi, olmi e ornielli che ora è ridotta forse al 10% della sua originale superficie. Stessa sorte è toccata alle antiche foreste ripariane, che una volta occupavano le zone periodicamente inondate dalle acque del fiume che si innalzano in occasione delle piogge autunnali e del disgelo primaverile, e ospitavano frassini meridionali, salici, ontani neri, olmi, pioppi neri e bianchi[1]. In queste stesse aree si trovavano torbiere e paludi che sono progressivamente scomparse in ragione del fatto che il regime delle acque veniva regolato e l’alveo del fiume contenuto da argini allo scopo di prevenire le esondazioni, che a volte sono state disastrose, vedi per tutte l’alluvione del Polesine del novembre 1951.

Il loto: specie aliena che ha proliferato nel lago Superiore a Mantova

Le zone più importanti per la biodiversità, che ancora è presente con una significativa ricchezza, sono quelle intorno agli ecosistemi di acque dolci, dove si trovano molte specie di piante minacciate in Italia quali campanelle maggiori, ninfea comune, orchidee, la felce Thelypteris palustris, erba pesce, erba saetta, erba vescica delle risaie e altre[1]. L’ERSAF della Lombardia ha provato a ricostituire l’originale foresta in vari appezzamenti: a Travacò Siccomario, a Cremona-Casalmaggiore-Gerre de Caprioli, a Bigarello e altri comuni[2] In pianura padana, e non solo, è particolarmente invadente la presenza della robinia, specie arborea della famiglia delle leguminose particolarmente propensa a proliferare in ambienti anche poveri di sostanza organica. In origine una specie aliena e ormai parte integrante del paesaggio botanico e sfruttata commercialmente per la produzione di miele, viste l’abbondanza del suo nettare. Un'altra curiosa specie aliena è il loto, impiantato nel lago Superiore, nei pressi di Mantova, dove ha attecchito e proliferato in una forma inusitata.

Esemplari di Spatola

Le zone umide dell’ecoregione sono zone importanti per la nidificazione, il riposo e l’alimentazione di molte specie di uccelli migratori: sono il luogo favorito di riproduzione dell’airone cenerino, dello sgrarza ciuffetto, della nitticora e della garzetta. Il bacino del Po offre riparo alle nidiate di marangone minore e alla minacciata moretta tabaccata. Un caso insolito di entrata di una specie aliena è registrato a Casalbeltrame, nella zona di risaie del Vercellese, dove dal 1995 si sono stabiliti in modo permanente gli ibis sacri[3]

La zona è intensamente antropizzata, da secoli. Le aree naturali sono confinate a ristrette macchie all’interno delle zone protette. L’agricoltura industriale, con il suo ciclo di produzione e tutti i servizi connessi a monte e a valle, oltre che l’insorgenza dell’industria, ha suggerito la costruzione di una fitta rete di vie di comunicazione che hanno spezzettato e rotto per sempre l’integrità dell’ambiente naturale.

Conservazione

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Nell’ecoregione esistono numerose aree protette, nessun parco nazionale, ma vari parchi regionali: Emilia-Romagna

Flora della zona ripariale lungo il Taro

Lombardia

Il Parco naturale Bosco delle Querce, impiantato sul sito del disastro di Seveso

  Parchi regionali non inclusi nell'EUAP

Piemonte

Boschi del Vignolo, con fontanile, presso Garlasco

Veneto

Il delta del Po, a Boccasette

Oltre a queste, esistono numerosi luoghi che godono di riconoscimento e protezione particolare, senza essere inseriti nel sistema dei parchi, per un elenco più completo, vedere la pagina sulle altre aree protette d’Italia.

  1. ^ a b c (EN) Terrestrial Ecoregions, World Wildlife Fund, https://www.worldwildlife.org/ecoregions/pa0432.
  2. ^ ERSAF, 10 grandi foreste di pianura e fondovalle, su ersaf.lombardia.it. URL consultato il 25 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 4 febbraio 2017).
  3. ^ Comune di Casalbeltrame, Parco naturale Lame del Sesia, su comune.casalbeltrame.no.it. URL consultato il 25 gennaio 2017.

Voci correlate

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Altri progetti

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