Giacomo Peppicelli nasce nel 1928, ultimo di cinque figli, nella campagna umbra a sud del Lago Trasimeno, vicino al confine con il territorio senese e quello orvietano.
Le modeste possibilità economiche della famiglia non gli consentono di coltivare il ciclismo, sua vera passione sportiva, costringendolo ad accontentarsi di vincere qualche corsa podistica di paese.
Accompagnato da un amico più grande che ne aveva riconosciuto la potenzialità, debutta in una reale competizione podistica a Frosinone nel 1949, all'età di 21 anni. Arriva per primo al traguardo ma, da sconosciuto non tesserato, gli viene attribuito un inesistente taglio di percorso che ne decreta la squalifica. Dalla gara del fine settimana successivo in poi, per circa un decennio, avrà ampio modo di far ricredere quei sospettosi giudici sul suo reale valore podistico[1].
Tesserato dalla Testaccina di Roma e introdotto all'allenamento ed allo stile di corsa, conquista rapidamente i vertici nazionali e vince nel 1951 il suo primo titolo di Campione Italiano nel Cross. Tra 5.000 metri, 10.000 metri, Cross e Maratonina si laureerà altre 9 volte Campione Italiano.
Nel 1952 partecipa per la seconda volta alla Corrida di San Silvestro di San Paolo del Brasile, che vede iscritti 2.000 atleti di 15 paesi e 3 continenti, considerata dalla stampa sportiva dell'epoca la vera olimpiade su strada della distanza[2]. Ottiene il 6º posto (il vincitore di quella edizione è Franjo Mihalić), a dimostrazione di una sua spiccata predilezione per le corse su strada rispetto a quelle su pista. Nel 1953, anno di punta della sua attività su strada, vince 31 gare su 35 disputate, quali l'Internazionale Verbania-Pallanza nella quale precede il tunisino Ahmed Labidi e lo svizzero Page, all'epoca personaggi ai vertici della specialità.
Il suo passaggio al Gruppo Sportivo FIAT, che lo acquista per un posto di lavoro da operaio in fabbrica a Torino, segna la svolta di allenamenti e competizioni verso l'ambito della pista, settore prediletto dalla casa automobilistica rispetto alla strada per i migliori riscontri in termini di immagine e prestigio. Il culmine di tale fase lo raggiunge certamente nella pista di atletica di Torino la sera del 27 giugno 1956, nella quale, sotto l'attento occhio del suo allenatore Reposi, fa propri i record italiani dell'ora, dei 20 km, dei 25 km e dei 30 km.
Dissapori tra il suo allenatore e il selezionatore della nazionale, unitamente ad uno sfortunato 3º posto per problemi fisici nella Maratona di Roma, gli valgono l'esclusione dalla nazionale che andrà all'Olimpiade di Melbourne del ‘56, periodo nel quale la stampa sportiva (dell'epoca e successiva) lo reputa il più forte fondista azzurro[1].
Podista più per necessità che per passione, annuncia il ritiro dalle competizioni nel 1960. Amante dello sport e della vita all'aria aperta, della caccia, del tiro a volo, della pesca, della ricerca dei funghi, della cura di orto e vigna, trascorre gli anni di pensione nella sua terra di origine, l'Umbria, ripercorrendo le strade ed i sentieri di collina che l'avevano visto correre scalzo da bambino.
Il 14 dicembre 2010, pochi mesi prima della sua scomparsa, viene premiato con Targa d'Argento al Merito Sportivo dal CONI di Perugia.
Alfio Branda, Leonardo Malà, Stelle in Corsa - Personaggi, storie, immagini dello sport in Umbria 3. 1944-1960, Provincia di Perugia, 2008.
Aldo Capanni, Franco Cervellati, Storia dell'atletica a Firenze e nella sua provincia dalle origini al 1945, Provincia di Firenze, 1996.
Aldo Capanni, Di tutto un po', Masso delle Fate, 2002.
Comitato Regionale Piemontese FIDAL, OSCAR 1957, in Piemonte Atletico, dicembre 1957.
Gianmario Prosperi, L'atletica leggera in Umbria (PDF), su fidalumbria.it, FIDAL Umbria. URL consultato il 24 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 10 maggio 2016).