Giuseppe Lanza Lucchese | |
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Principe di Santo Stefano Duca di Camastra | |
In carica | 1675-1708 |
Investitura | 13 novembre 1675 |
Predecessore | Maria Gomez de Silveira Ferreri |
Successore | Giovanna Lanza Castello |
Duca di Camastra | |
In carica | 1662-1708 |
Investitura | 28 agosto 1662 |
Predecessore | Ottavio Lanza Barrese |
Successore | Giovanna Lanza Castello |
Trattamento | Don |
Nascita | Palermo, 1630 ca. |
Morte | Palermo, 1708 |
Dinastia | Lanza |
Padre | Ottavio Lanza Barrese |
Madre | Giovanna Lucchese Spinola |
Coniugi | Maria Gomez de Silveira Ferreri Melchiorra Castello Marchese |
Figli | Giovanna (II) |
Religione | Cattolicesimo |
Giuseppe Lanza Lucchese, duca di Camastra | |
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Nascita | Palermo, 1630 ca. |
Morte | Palermo, 1708 |
Cause della morte | naturali |
Religione | Cattolicesimo |
Dati militari | |
Paese servito | Impero spagnolo |
Forza armata | Esercito dell'Impero Spagnolo |
Anni di servizio | ?-1678 |
Grado | sergente generale |
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Giuseppe Lanza Lucchese, duca di Camastra (Palermo, 1630 ca. – Palermo, 1708), è stato un nobile, politico e militare italiano del XVII secolo.
Nacque a Palermo verso il 1630 da Ottavio, II principe di Trabia, e dalla di lui consorte la nobildonna Giovanna Lucchese Spinola, II duchessa di Camastra, di cui era il secondo di tre figli.[1]
Il Lanza si dedicò alla carriera militare, e nel 1654 ebbe il grado di capitano di corazze negli eserciti del re Filippo IV di Spagna.[2] Il 28 agosto 1662, prese investitura del titolo di Duca di Camastra e del relativo feudo, ereditato dalla madre.[1][2] Governatore della Compagnia della Pace nel 1666 e deputato del Regno nel 1668, fu nominato, nel 1672, capitano di giustizia di Palermo.[1][2]
Nel 1674, scoppiata la rivolta di Messina, venne nominato maestro di campo di un reggimento di fanteria siciliana ed il 1º settembre lasciò Palermo imbarcandosi con i propri soldati su otto feluche.[1][2] Fu inviato a Scaletta, a sud della città peloritana, dove represse con durezza gli attacchi dei ribelli, a cui inflisse forti perdite, grazie anche all'occupazione e alla distruzione di due casali, che servivano ai Messinesi come base di partenza per le loro puntate offensive.[1][2] L'anno successivo, nel 1675, dopo un breve periodo di riposo a Palermo, passò sul fronte di Milazzo e lì il 13 giugno riuscì a respingere un attacco di truppe francesi che s'erano spinte fino a due miglia dalla cittadina.[1] Su questo fronte restò fino al giugno del 1676 prendendo parte a diversi scontri; fra l'altro il 30 aprile di quell'anno, con una veloce scorreria, penetrò profondamente nelle linee avversarie mettendo a fuoco casali e alberi e rientrando con molti prigionieri francesi e messinesi.[1]
Il 13 maggio 1676, per il valore nei combattimenti e le capacità organizzative mostrate sul fronte messinese, il Duca di Camastra fu nominato vicario generale per le città di Siracusa, Augusta e Terranova con la responsabilità della difesa di tutta la zona circostante.[1] A Siracusa rafforzò il sistema di difesa creando una guarnigione di 300 uomini, e respinse efficacemente gli attacchi francesi.[1] Tuttavia, nella città archimedea dovette affrontare problemi di ribellione da parte della sua guarnigione, per due volte repressa nel 1677, e l'anno dopo, nel marzo 1678, riuscì a sventare un complotto ordito da alcuni cittadini siracusani, per consegnare la città ai Francesi e fu pronto a colpire con fermezza i rei.[1] Con la stessa tempestività nel giugno successivo intervenne col proprio denaro per pagare il soldo ai soldati della guarnigione, che da qualche tempo non erano pagati.[1] Conclusa la guerra, venne promosso sergente generale e, nel 1679, nominato pretore di Palermo.[1] Nel 1682, in riconoscimento dei meriti acquisiti nella campagna contro i ribelli messinesi e i loro alleati francesi, alla quale aveva partecipato rinunciando allo stipendio e concorrendo a mantenere il suo reggimento con 800 ducati d'oro, ebbe la nomina a gentiluomo di camera del re.[1] Trascorse gli anni seguenti probabilmente impegnato nelle cure dell'amministrazione del suo patrimonio.[1]
Il Duca di Camastra ebbe nel 1693 dal viceré Juan Francisco Pacheco, duca di Uzeda la nomina a vicario generale per il Val Demone e, successivamente, per il Val di Noto, al fine di fronteggiare la drammatica situazione del momento e di programmare la ricostruzione dopo il disastroso terremoto.[1][2] Il sisma provocò ingenti danni soprattutto a Catania, dove fu inviato ed attuò un razionale piano di sgombero delle macerie e provvide all'approvvigionamento dei viveri per lenire le sofferenze dei sopravvissuti.[1][3] Nel contempo affrontò il problema della sicurezza pubblica frenando la temerarietà delle bande di sciacalli che infestavano la zona; inoltre, per recuperare almeno in parte le ricchezze trafugate, assicurò l'impunità e la terza parte di ciò che veniva consegnato a coloro che riportavano preziosi e oggetti di valore prelevati tra le macerie.[1] Per evitare il diffondersi di epidemie costituì una commissione, cui affidò il recupero e l'inumazione dei cadaveri ancora giacenti in gran numero tra le case distrutte e contemporaneamente radunò i medici che c'erano tra i superstiti e costituì una specie di servizio di pubblica assistenza sanitaria.[1] La formazione militare ne faceva un personaggio abituato al comando e alla disciplina e onesto fino allo scrupolo (i suoi rendiconti finanziari sono di una chiarezza esemplare), ma rimangono impresse nei documenti dell'epoca anche il suo essere caritatevole, coraggioso e intransigente, tanto che aiutò i bisognosi con massimo impegno, ma intensa fu anche la sua opera contro i profittatori e i ladri.
Il Duca Lanza aveva acquisito esperienza nel campo dell'urbanistica con la ricostruzione del borgo di Santo Stefano di Mistretta - di cui era feudatario col titolo di Principe di Santo Stefano, acquisito nel 1675 per donazione fattagli dalla sua prima moglie - dopo la frana del 1682 che aveva distrutto quello precedente su un altro sito, che venne da lui stesso pianificata.[4][5][6] Nella stesura del piano di ricostruzione di Catania e degli altri centri distrutti dal sisma del 1693, ebbe la collaborazione dell'ingegnere militare Carlos de Grunenbergh, del commissario generale Giuseppe Asmundo e del gesuita architetto Angelo Italia, ed acquisì un ruolo determinante per lo sviluppo del barocco siciliano del Val di Noto.[7][8] Alla sua intuizione (con la collaborazione del De Grunenbergh) si deve l'avveniristico (per l'epoca) disegno della nuova Catania ricostruita, approvato dal Consiglio per la riedificazione di Catania - da lui istituito e presieduto - nella seduta del 28 giugno 1694, che stabilì in primo luogo che le strade da costruirsi fossero tutte a retta linea, larghe e spaziose, intersecate da altre di eguali caratteristiche. Le vie e le piazze del centro barocco di Catania ne sono ancora oggi viva testimonianza.[9][10]
Nel Parlamento del 1698, fu nuovamente eletto deputato del Regno e nel 1703 fu nominato pretore di Palermo per la seconda volta.[1] Per quanto già avanti negli anni, resse con baldanza e fermezza la massima magistratura cittadina e fu pronto a organizzare a difesa i bastioni della città quando, al principio di luglio ed il 23 settembre, fu dato l'allarme per l'avvistamento di flotte nemiche e si temette uno sbarco.[1] Il Duca di Camastra morì nel 1708.[1]
Giuseppe Lanza Lucchese, III duca di Camastra e III principe di Santo Stefano, sposò in prime nozze la nobildonna Maria Gomez de Silveira Ferreri, principessa di Santo Stefano, figlia di Luigi e vedova di Antonino di Napoli, I principe di Santo Stefano, da cui non ebbe discendenza.[1][4]
In seconde nozze si unì alla nobildonna Melchiorra Castello Marchese, figlia di Gregorio, II principe di Castelferrato, da cui ebbe una sola figlia, Giovanna, che gli succedette nel possesso dei titoli e dei feudi, che passarono per via matrimoniale in dote al di lei marito Ignazio Lanza Reggio, IV principe di Trabia.[1]
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