Hygrophorus latitabundus

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Hygrophorus latitabundus
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoFungi
DivisioneBasidiomycota
ClasseAgaricomycetes
OrdineAgaricales
FamigliaHygrophoraceae
GenereHygrophorus
SpecieH. latitabundus
Nomenclatura binomiale
Hygrophorus latitabundus
Britzelm., 1899
Sinonimi

Hygrophorus limacinus[1]

Hygrophorus latitabundus
Caratteristiche morfologiche
Cappello
convesso
Lamelle
subdecorrenti
Sporata
bianca
Velo
nudo
Carne
immutabile
Ecologia
Commestibilità
commestibile

Hygrophorus latitabundus Britzelm., 1899 è un fungo basidiomicete del genere Hygrophorus, a sua volta appartenente alla famiglia delle Hygrophoraceae.

Il cappello misura dai 5 ai 10 cm di diametro ed è convesso e regolare, di colore marrone, più scuro verso il centro, con margine ricurvo negli esemplari più giovani e appianato in quelli più maturi; la cuticola è viscida (soprattutto negli ambienti umidi) e presenta riflessi vagamente violacei.[2] Le lamelle sono adnate o lievemente decorrenti, molto fitte, di colore bianco luminoso negli esemplari giovani, color crema in quelli più vecchi.[2] Il gambo, alto 5-10 cm e con uno spessore di 2-4 cm, è molto robusto, lievemente ingrossato verso la base ed è lievemente olivastro, tranne che per la porzione più vicina al cappello, dove è di colore biancastro.[2] La carne è soda negli esemplari giovani e più friabile e meno compatta in quelli vecchi; l'odore è tenue ricorda quello delle mandorle, mentre il sapore è gradevole e lievemente più deciso.[2]

Le spore di H. latitabundus sono lisce, traslucide, non amiloidee (ossia reagiscono negativamente alla soluzione di Melzer), di forma ellissoidale o più allungata e misurano 8-11,5 per 5-6 micrometri. La sporata del fungo è bianca.[3]

Distribuzione e habitat

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Cresce soprattutto in Europa, in collina e in montagna, nei boschi di conifere (dove forma associazioni di tipo ectomicorrizico), in particolare di pino nero;[2] fruttifica da agosto-settembre fino a tutto novembre.[4]

Commestibilità

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H. latitabundus è considerato buon commestibile;[5] viene a volte usato in cucina, soprattutto in Catalogna, dove viene anche venduto nei mercati con il nome volgare di llenega negra.[6]

  1. ^ (EN) CABI databases, su Species Fungorum. URL consultato il 19 dicembre 2023.
  2. ^ a b c d e Antonio Testi, Funghi d'Italia, 6ª ed., Giunti, 2006, pp. 244-245.
  3. ^ Giacomo Bresadola, Iconographia Mycologica, vol. VII, Milano, Società Botanica Italiana, 1928.
  4. ^ (DE) Bruno Cetto, Der große Pilzführer, vol. 2, Monaco di Baviera-Berna-Vienna, BLV Verlagsgesellschaft, 1980, pp. 424-425, ISBN 3-405-12081-0.
  5. ^ (FR) G. Houdou, Le grand livre des champignons, Editions de Borée, 2004, p. 81, ISBN 2-84494-270-9.
  6. ^ (EN) M. de Roman, E. Boa, Collection, marketing and cultivation of edible fungi in Spain, in Micología Aplicada Internacional, vol. 16, n. 2, 2004, pp. 25-33, ISSN 1534-2581 (WC · ACNP).

Voci correlate

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