José Basílio da Gama (Tiradentes, 10 aprile 1740 – Lisbona, 31 luglio 1795) è stato un poeta brasiliano, appartenente alla corrente letteraria neoclassicista[1].
Nacque nella città di São José do Rio das Mortes, il cui nome attualmente è Tiradentes.[2]
Figlio di Manuel da Costa Villas-Boas e Quitéria Inácia da Gama.[3]
La morte improvvisa del padre, quando egli era ancora un bambino, causò una situazione difficile per la sua famiglia.[3]
Durante questo periodo, venne affidato alle cure e all'educazione del brigadiere Alpoim che lo condusse a Rio de Janeiro.[3]
Svolse il suo percorso di studio con i Gesuiti a Rio de Janeiro, finché la Compagnia di Gesù poté operare sul territorio brasiliano.[1]
Dopo l'espulsione dei Gesuiti dal Brasile, avvenuta nel 1759, Gama si recò in Portogallo, a Lisbona, per iscriversi alla Università, nella facoltà di diritto.[4]
Non riuscì a portare a termine gli studi universitari, ma si trasferì in Italia, a Roma, per dedicarsi all'insegnamento nel Collegio dei Gesuiti.[1]
Durante la sua permanenza capitolina, ebbe l'opportunità di entrare a far parte dell'Arcadia romana, assumendo lo pseudonimo di "Termindo Sipílo".[3]
Dopo qualche viaggio di andata e ritorno fra le due sponde dell'Oceano Atlantico, a Lisbona incappò in una grave vicissitudine: accusato di forti simpatie per i Gesuiti e di sospetto Giansenismo, venne arrestato e rinchiuso nelle locali galere.[4]
Riuscì ad evitare l'onta dell'esilio in Angola, solo grazie all'interessamento del marchese Pombal, per il quale lo scrittore compose un Epitalamio dedicato al matrimonio della figlia del nobile.[1]
Nel 1769 pubblicò il poema O Uruguay,[5] suddiviso in 5 canti. Il poeta descrisse, con questo lavoro, la fase conclusiva della guerra tra i portoghesi e gli uruguayani, e soprattutto tra i lusitani e i Gesuiti, visto che questi ultimi non volevano sottostare alle condizioni del Trattato di Madrid.[4][1]
Se nei propositi dello scrittore, il poema avrebbe dovuto lodare la lotta contro gli indio ed i Gesuiti, di fatto le pagine più intense risultarono quelle dedicate all'eroismo, alle qualità umane, alla nobiltà di intenti degli indios,[4] anticipando un po' la letteratura romantica espressa nell'"indianismo", nella quale l'indio viene descritto come vittima di ingiustizia e di soprusi che ledono la sua libertà. Degne di nota furono le pagine descriventi scene vivide e movimentate della vita degli indios nel loro ambiente naturale.[1]
Il lavoro ricevette un'ottima accoglienza, anche dalla corte,[3] e da quel momento lo scrittore poté vivere e operare con più tranquillità.
Gama scrisse anche un secondo poema importante, intitolato O Quitubia,[5] caratterizzato dal suo allontanamento dallo stile e dall'impostazione di Luis de Camões, come evidenziarono il ridotto uso della metafora e della mitologia.[4][1] Negli ultimi anni di vita divenne membro dell'Accademia delle scienze di Lisbona.
Morì il 31 luglio del 1795 a Lisbona.[6]
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