Macabro è un termine usato per definire lo stile e il contenuto di opere artistiche caratterizzate da un'atmosfera lugubre in relazione con la morte e con il suo immaginario collettivo enfatizzati nei suoi dettagli e simboli.
L'etimologia della parola è incerta.[1] Secondo Gaston Paris[2] il termine appare per la prima volta come un aggettivo derivato dal francese "macabre", che si ritrova nella locuzione danse macabre, alterazione di danse de Macabré (1376) opera di Jean Le Fèvre[3] dove probabilmente Macabré sarebbe un nome proprio di un personaggio delle canzoni di gesta. Un'altra interpretazione riferisce invece Macabré ad una alterazione di Machabée da Maccabeo che compare nell'espressione latina risalente al XV secolo "chorea Machabaeorum" (danza dei Maccabei)[4]: i sette fratelli torturati con la loro madre Solomone e il loro maestro Eleazar[5].
Il tema del macabro nell'arte esplora la morte, il terrore e la precarietà della vita, trovando espressione in immagini simboliche e inquietanti che riflettono la parte oscura dell'esistenza umana. L'interesse per il macabro si intensifica nel periodo gotico dell'Ottocento, dove artisti e autori, come Mary Shelley con Frankenstein, esplorano la paura e la distorsione della bellezza.[6] Per lungo tempo il macabro legato al tema della morte è presente nella iconografia occidentale antica:
«Nell'arte antica compare la raffigurazione della morte come genio malefico dalle fattezze mostruose (soprattutto su vasi); come demone femminile alato; come figura maschile alata (Tanato) sia nella pittura vascolare sia in numerosi rilievi. Si può ricordare anche la rappresentazione di scheletri con valore simbolico (il teschio simbolico, accompagnato da elementi allegorici, come la ruota, è in un mosaico del Museo Nazionale di Napoli, forse da Pompei).[7]»
Tra le opere più emblematiche, L'incubo di Johann Heinrich Füssli (1781) rappresenta un demone che sovrasta una donna dormiente, simbolo di angosce oppressive. Un altro esempio iconico è Saturno che divora i suoi figli di Francisco Goya (1820-1823), dove il dio Saturno, deformato dalla violenza, consuma uno dei suoi figli per evitare la profezia della propria caduta. Il Rinascimento offre contributi importanti, come il Trittico della vanità terrena e della salvezza divina di Hans Memling (1485), dove demoni e corpi in decomposizione riflettono la fragilità umana. Michael Wolgemut, con La Danza della Morte (1493), raffigura scheletri che danzano con figure umane, esprimendo l'inevitabilità della morte come forza che non fa distinzione di classe o status. Altri due lavori significativi sono Il giardino delle delizie e Inferno di Hieronymus Bosch, creati tra il 1480 e il 1504. Sebbene queste opere non siano tradizionalmente classificate come horror, presentano immagini che interrogano il destino dell'umanità. Il pittore polacco Henryk Weyssenhoff in Premonizione (1893) rappresenta una figura spettrale simile al Mietitore in un contesto rurale, con cani ululanti, evocando la presenza inesorabile della Morte. Anche il folklore trova spazio, come in The Flying Dutchman di Charles Temple Dix (1860), ispirato alla leggenda della nave fantasma, simbolo di sventura eterna. La rappresentazione femminile oscura è incarnata da The Vampire di Philip Burne-Jones (1897), dove una femme fatale simboleggia la tentazione mortale, mentre Albert Joseph Pénot, con La Femme Chauve-Souris (1890), raffigura una figura alata immersa in un’atmosfera soprannaturale. Nel panorama messicano, Frida Kahlo indaga il tema della morte in Niña con máscara de calavera (1938), mentre Bill Stoneham, con The Hands Resist Him (1972), rappresenta un’immagine virale associata a leggende metropolitane moderne, divenendo noto come "il quadro maledetto".[6]
Attraverso secoli e culture, l'arte macabra continua a rispecchiare le paure collettive e la consapevolezza della mortalità, offrendo una visione inquietante ma profonda sull’animo umano.[6]
I temi iconografici legati alla morte e all’aldilà hanno avuto un ruolo significativo nell’arte medievale e rinascimentale, esplorando la fragilità della vita e la inevitabilità della morte attraverso diverse rappresentazioni.
Negli antichi autori greci e latini non è comune incontrare elementi macabri: tracce appaiono in Apuleio e nel Satyricon che prende spunto dalla fabula milesia per gli episodi macabri o licenziosi (come quello della Matrona di Efeso). Nell'età cristiana il tema della morte rimane limitato ai filosofi, alle cerimonie liturgiche e ai predicatori mentre gli artisti lo trattano quasi esclusivamente nell'arte funeraria. Dalla seconda metà del XIII secolo i pittori riempiono le chiese di raffigurazioni intensamente realistiche della morte. Raffigurazioni simboliche e pitture sacre che per i per molti analfabeti del tempo sostituiscono efficacemente gli scritti dedicati agli insegnamenti morali.
Nelle letteratura inglese sono considerati autori più o meno macabri John Webster, Robert Louis Stevenson, Mervyn Peake, Charles Dickens, Cyril Tourneur; nella letteratura americana si ricordano specialmente Edgar Allan Poe e H. P. Lovecraft. Questi ultimi due sono tuttora considerati i capostipiti dell'evoluzione moderna e contemporanea del genere macabro, che grazie anche alle loro opere ha assunto una maggior autonomia ed una dignità letteraria: Poe in un ambito macabro e grottesco, ma al tempo stesso poetico ed evocativo, e Lovecraft in un ambito più prettamente fantastico. I prodotti delle loro immaginazioni e visioni sono divenuti autentiche pietre miliari, basti ricordare i racconti del cosiddetto Ciclo di Cthulhu per quanto riguarda Lovecraft o i Racconti del grottesco e dell'arabesco scritti da Poe il cui senso del macabro culmina nella La maschera della morte rossa.[8]
Il senso del macabro è presente non solo nelle opere letterarie, pittoriche e scultoree ma anche nella musica come nel Totentanz di Liszt, ad esempio e nella Danza Macabra di Saint-Saëns, ispirata dal poemetto grottesco di Henri Cazalis che sulla scorta della rinomata ballata di Goethe aveva creato una scena parodistica in cui la morte suonava un violino scordato in un cimitero.
Anche il cinema ha dedicato a questi temi alcune opere come ad esempio il film La morte ti fa bella (Death becomes her - 1992) di Robert Zemeckis dove il macabro si mescola al grottesco e al kitsch.[9][10]