Mitsubishi F-1

Mitsubishi F-1
Un Mitsubishi F-1 dell'aeronautica giapponese in mostra statica sulla Iwakuni AFB; Giappone.
Descrizione
Tipocaccia multiruolo
Equipaggio1 pilota
CostruttoreGiappone (bandiera) Mitsubishi HI
Giappone (bandiera) Fuji HI
Data primo volo3 giugno 1975
Data entrata in servizioaprile 1978
Data ritiro dal servizio9 marzo 2006[1]
Utilizzatore principaleGiappone (bandiera) JASDF
Esemplari77
Sviluppato dalT-2
Dimensioni e pesi
Lunghezza17,86 m
Apertura alare7,88 m
Altezza4,39 m
Superficie alare21,17
Peso a vuoto6 358 kg
Peso max al decollo13 700 kg
Propulsione
Motore2 turboventola
Ishikawajima Harima
TF40-IHI-801A
con postbruciatore
Spintada 23 a 35 kN
Prestazioni
Velocità max1,5 Ma
(1 700 km/h in quota)
Velocità di salita118 m/s
Autonomia2 870 km
Raggio di azione556 km
Tangenza15 240 m
Armamento
Cannoni1 JM61A1 Vulcan da 20 mm
Bombecaduta libera:
Mk 82 da 500 lb
M117 da 750 lb
Missiliaria aria:
AIM-9 Sidewinder
AAM-1
aria superficie:

ASM-1
ASM-2 [2]

Razziattacco al suolo:

J/LAU-3 rockets 70 mm
RL-4 rockets 127 mm
RL-7 rockets 70 mm

Piloni4 sub-alari
2 estremità alari
1 sotto la fusoliera
Notedati relativi alla versione F-1

i dati sono tratti da:
The Encyclopedia of Modern Warplanes[3]

voci di aerei militari presenti su Wikipedia

Il Mitsubishi F-1 è un caccia multiruolo bigetto monoplano ad ala alta a freccia prodotto dalla divisione aeronautica dell'azienda giapponese Mitsubishi Heavy Industries.

Derivato dall'addestratore biposto T-2, fu il primo caccia giapponese sviluppato autonomamente dal termine della seconda guerra mondiale.

Storia del progetto

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Lo sviluppo del velivolo iniziò nel 1967 con il programma TX, avviato dal Ministero della Difesa nipponico per realizzare un aereo da addestramento avanzato per preparare i propri piloti all'utilizzo di aerei supersonici come gli F-104 Starfighter e gli F-4 Phantom II.

Tra i vari progetti vi era quello della Mitsubishi, denominato XT-2 e che era molto simile al Jaguar anglo-francese. Erano inizialmente previste due versioni, la T2K armata con un cannone Vulcan e dotata di radar e la T2Z, sfornita di entrambi. Entrambe erano però dotate di slitte alle estremità alari (per missili modello Sidewinder) e quattro punti di attacco subalari. In tutto ne vennero prodotte 96 unità, per lo più in versione K.

Da quest'ultima derivò la realizzazione di un modello cacciabombardiere monoposto che prese il nome di F-1. Lo sviluppò cominciò nel 1973 e il primo volo fu eseguito nel 1975, mentre l'entrata in servizio avvenne nell'aprile 1978.[4] Il bimotore, spinto da turbofan TF40, si caratterizzava per l'ala alta e corta, la singola deriva verticale e le prese d'aria laterali. Come apparato radar impiegava il J/AWG-12, derivato dall'AWG-12 in dotazione ai Phantom II della RAF.

Il mezzo venne concepito per la lotta anti-nave, e adottò come armamento il cannone M61 Vulcan, due slitte per missili AIM-9 Sidewinder alle estremità alari e quattro piloni subalari, più un quinto nella parte centrale della fusoliera.[4]

L'autonomia era di circa 500 km, mentre il carico bellico massimo era di circa 2 700 kg.[4]

Tra il 1978 e il 1987 ne furono prodotti 77 esemplari[4] sui 160 previsti dall'ordine iniziale. Furono radiati dal servizio nel 2006.[1]

Giappone (bandiera) Giappone
77 F-1 in servizio dal 1977 al 2006.[5]

Velivoli comparabili

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  1. ^ a b Mitsubishi F-1, su aereimilitari.org. URL consultato il 21 ottobre 2013.
  2. ^ Mitsubishi F-1 in Уголок неба.
  3. ^ Gunston 1995, p. 208.
  4. ^ a b c d Cristiano Martorella, Le capacità di strike del Giappone, in Panorama Difesa, n. 364, Firenze, ED.A.I., giugno 2017, p. 65.
  5. ^ "JASDF AIRCRAFT IN-SERVICE DATES IN CHRONOLOGICAL ORDER", su j-hangarspace.jp, URL consultato 5 novembre 2020.
  • (EN) Bill Gunston, The Encyclopedia of Modern Warplanes, Blitz Editions, 1995, ISBN 1-85605-290-7.
  • Bill Gunston e Mike Spick, Aerei da combattimento, Milano, Alberto Peruzzo Editore, 1984, pp. 110-111.
  • Cristiano Martorella, Le capacità di strike del Giappone, in Panorama Difesa, n. 364, Firenze, ED.A.I., giugno 2017, pp. 62-69.

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