Roland Dorgelès, pseudonimo di Roland Lécavelé (Amiens, 15 giugno 1885 – Parigi, 18 marzo 1973), è stato uno scrittore e giornalista francese.
Allievo dell'École des Arts Décoratifs, Dorgelès frequentò sin da giovanissimo gli ambienti bohèmes e scapigliati di Montmartre,[1] dove strinse le sue prime amicizie, tra gli altri con Max Jacob e Pablo Picasso.[2]
Esordì nel giornalismo lavorando come corrispondente del Journal e successivamente collaborò a Fantasio, Comoedia e L'Homme Libre, diretto da G. Clemenceau.[2]
Durante la prima guerra mondiale si arruolò nella fanteria e ottenne due citazioni al merito; trasferitosi all'aviazione e gravemente ferito, durante la convalescenza lavorò a due libri di guerra.[2]
Il suo primo libro dedicato alla guerra risultò La machine à finir la guerre (1917), seguito nel 1919 da Le cabaret de la belle femme,[3] e dal secondo libro inerente al conflitto, intitolato Les croix de bois, che venne dato alle stampe nel 1919, riscosse un grande successo e consenso e vinse il premio Femina, dopo aver ottenuto al Gouncourt 4 voti contro i 6 dati a Marcel Proust.[2]
Il libro evidenziò notevoli qualità di misura e di stile che lo fanno considerare tra i più apprezzabili libri della letteratura della prima guerra mondiale.[2]
Dorgelès partecipò alla raccolta intitolata Les veillées du "Lapin-Agile" (1920), ma l'anno seguente con il volume Saint Magloire l'Africain il suo stile tese all'indagine giornalistica.[3]
Dopo aver effettuato un viaggio nell'Indocina francese ricevette l'ispirazione per due libri intitolati Sur la route mandarine (1925), racconti di viaggio, nelle quali l'autore scopre e diffonde la notizia dell'avvento d'un nuovo esotismo, e Partir... (1926), romanzo che sfrutta il materiale esotico delle note giornalistiche e sostiene che il fatto piacevole consiste nella partenza e non nell'arrivo.[3]
Nei libri seguenti continuò il binomio tra il suo realismo e il suo esotismo, in opere che lo inseriscono, tra gli esponenti più significativi della letteratura francese contemporanea.[3]
Dal 1939 fu corrispondente di guerra e pubblicò Retour au front drôle de guerre, cronache di quella che egli definì «drôle de guerre», locuzione che al tempo ebbe una grande diffusione.[2]
Nel 1945 uscì Carte d'identité, sull'occupazione tedesca.[2]
Venne eletto nel 1929 all'Accademia Goncourt, diventandone il presidente.[2]
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