«Se io dovessi quantificare la minaccia rappresentata dall'Iraq in termini di armi di distruzione di massa, essa equivale a zero.»
William Scott Ritter, Jr. (15 luglio 1961), è un ex militare e ispettore dell'ONU statunitense.
È noto per il suo ruolo a capo degli ispettori delle Nazioni Unite in Iraq dal 1991 al 1998 ed in seguito per le sue prese di posizione critiche nei confronti delle politiche degli Stati Uniti in Medio oriente. Già prima dell'invasione dell'Iraq del marzo 2003, Ritter ha pubblicamente dichiarato che l'Iraq non possedeva quantità significative di armi di distruzione di massa. In seguito alle sue dichiarazioni è diventato una figura popolare dell'antimilitarismo, arrivando a scrivere un libro con il commentatore William Rivers Pitt[1].
Si è diplomato al Franklin and Marshall College di Lancaster, Pennsylvania, con una Bachelor of Arts sulla storia dell'Unione Sovietica. Nel 1980 entra nell'esercito come soldato semplice. Successivamente, nel maggio 1984 viene spostato all'intelligence presso gli United States Marine Corps. Vi passerà i successivi dodici anni.[2] Inizialmente ha prestato servizio come lead analyst per il reparto dei Marine per lo spiegamento rapido delle forze in relazione alla guerra sovietico-afghana e della guerra contro l'Iran – Iraq. Durante il Desert Storm, prestò servizio come consigliere balistico del Generale Norman Schwarzkopf. In seguito lavorò come consulente militare per il network Fox News.
Ritter ha servito dal 1991 al 1998 come ispettore delle Nazioni Unite in Iraq nella Commissione speciale delle Nazioni Unite (UNSCOM), che lo incaricò di trovare e distruggere tutte le armi di distruzione di massa e tutto ciò che era connesso con la possibilità di creazioni di tali armi in Iraq. È stato capo ispettore in quattordici delle più di trenta missioni cui ha preso parte.
Nel gennaio del 1998, al suo team di ispettori fu vietato l'accesso ad alcuni siti militari poiché era stato ritenuto dai militari iracheni che la loro ispezione fosse una scusa per effettuare opera di spionaggio statunitense e potesse portare informazioni utili ad un futuro attacco,sospetto che fu confermato un anno dopo quando furono bombardati tutti i siti visitati dagli ispettori. Gli ispettori furono fatti evacuare dall'Iraq su ordine di Richard Butler direttore dell'UNSCOM poco prima che l'operazione Desert Fox iniziasse, nel dicembre del 1998; l'operazione venne poi sviluppata usando informazioni, raccolte ai fini del disarmo, per identificare obiettivi la cui distruzione poteva minare sensibilmente la possibilità irachena di difendersi attraverso armi convenzionali o non convenzionali. Questa azione minò la posizione degli ispettori ONU, cui fu vietato ogni successivo accesso in Iraq. Successivamente, Ritter parlò così allo show The NewsHour with Jim Lehrer:
«I think the danger right now is that without effective inspections, without effective monitoring, Iraq can in a very short period of time measured in months, reconstitute chemical and biological weapons, long-range ballistic missiles to deliver these weapons, and even certain aspects of their developing of nuclear weapons program.[3]»
«Penso che il danno ora sia che in mancanza di effettive ispezioni, di effettivi monitoraggi, l'Iraq può, in un periodo relativamente corto misurabile in mesi, ricostruire armi chimiche e biologiche, missili a lungo raggio per lanciare tali armi, ed inoltre può ricostruire parte del suo programma di sviluppo di armi atomiche.»
Quando gli Stati Uniti ed il Consiglio di Sicurezza ONU fallirono nel contrastare la continua mancanza di piena cooperazione dell'Iraq nei confronti degli ispettore (che è una violazione della risoluzione 1154 del consiglio di sicurezza dell'ONU), Ritter lasciò l'incarico (il 26 agosto del 1998)[4].
Nella sua lettera di dimissioni, Ritter scrisse che la reazione del consiglio di sicurezza alla decisione irachena del mese precedente di sospendere la cooperazione con gli ispettori fu una presa in giro del lavoro sul disarmo. In seguito disse, in un'intervista, che egli lasciò il posto per le discrepanze tra la risoluzione 1154 e la sua applicazione.
«The investigations had come to a standstill, were making no effective progress, and in order to make effective progress, we really needed the Security Council to step in a meaningful fashion and seek to enforce its resolutions that we're not complying with[3].»
«Gli investigatori sono finiti in una situazione di stallo, senza effettivi progressi; per compiere effettivi progressi, avremmo realmente bisogno che il consiglio di sicurezza compia passi avanti e cerchi con decisione di far rispettare la sua risoluzione, poiché adesso non è così.»
Il 3 settembre 1998, parecchi giorni dopo le dimissioni, Ritter testimoniò davanti all'United States Senate Committee on Armed Services e lo United States Senate Committee on Foreign Relations e disse che lasciò la sua mansione per essere "frustrato dal fatto che il Consiglio di Sicurezza, e gli Stati Uniti in quanto suo maggior sostenitore, fallirono nel tentativo di far rispettare la risoluzione post-Guerra del Golfo sul disarmo iracheno."[5]
In seguito alle sue dimissioni dall'UNSCOM, Ritter continuò a commentare in modo diretto la politica americana nei confronti dell'Iraq, in particolar modo il rispetto degli obblighi riguardanti le WMD. Divenne una popolare figura del fronte del no alla guerra ed un commentatore televisivo.[2]
Nel 1999, Ritter scrisse il libro Fine dei giochi: risolvere il problema iracheno una volta per tutte[6] nel quale reiterò la sua convinzione che l'Iraq avesse ostacolato il lavoro degli ispettori e tentò di nascondere e preservare importanti elementi per riprendere il programma sulle WMD in seguito. D'altro canto, egli espresse frustrazione per il tentativo della CIA di infiltrarsi nell'UNSCOM ed usare gli ispettori come una sorta di intelligence con la quale tentare di cambiare il regime iracheno - una violazione dei termini sotto i quali l'UNSCOM opera, e la motivazione formale che diede il governo iracheno quando frenò le operazioni degli ispettori nel 1998.
Nelle conclusioni del libro, Ritter ha criticato la politica americana di "containment" durante l'assenza degli ispettori come inadeguata a prevenire la riacquisizione di WMD da parte dell'Iraq nel lungo periodo. Egli respinse anche l'idea di togliere il potere a Saddam Hussein con la forza. Di contro, invocò una politica volta ad una graduale normalizzazione dei rapporti con l'Iraq in vista di un possibile ritorno degli ispettori sul territorio, di una rinuncia ai loro programmi sulle WMD ed altri obiettivi politici.
Ritter promosse anche un approccio conciliante nel documentario del 2000 Nelle sabbie mobili: La verità sull'USCOM e il disarmo iracheno[7], che scrisse e diresse. Il documentario narra la storia delle investigazioni UNSCOM attraverso interviste e video-reportage dei ispezioni. Nel documentario, Ritter porta avanti l'idea che l'Iraq sia una "defanged tiger" (tigre addomesticata) e che gli ispettori riuscirono ad eliminare le capacità irachene di creazione di armi di distruzione di massa.[8]
Non appena venne lanciata l'offensiva della coalizione, ma prima che le truppe arrivassero a Baghdad, il Primo Ministro Inglese Tony Blair disse in parlamento che gli Stati Uniti e il Regno Unito erano certi di avere "sufficienti forze" in Iraq. Nello stesso momento Ritter stava offrendo alla radio Portoghese TSF una visione diametralmente opposta:
«The United States is going to leave Iraq with its tail between its legs, defeated. It is a war we can not win... We do not have the military means to take over Baghdad and for this reason I believe the defeat of the United States in this war is inevitable... Every time we confront Iraqi troops we may win some tactical battles, as we did for ten years in Vietnam, but we will not be able to win this war, which in my opinion is already lost.[9]»
«Gli Stati Uniti se ne andranno dall'Iraq con la coda tra le gambe, sconfitti. È una guerra che non possiamo vincere... Non abbiamo i mezzi militari per prendere Baghdad e per questa ragione credo che la sconfitta degli Stati Uniti in questa guerra sia inevitabile... Ogni volta che incontreremo truppe irachene potremo vincere qualche battaglia tattica, come successe per un decennio in Vietnam, non siamo in grado di vincere questa guerra, che a mio avviso è già persa.»
Le forze americane rapidamente presero Baghdad, ma che questo significò "vincere la guerra" rimane cosa controversa. Subito dopo la presa di Baghdad, Ritter apparse al Sean Hannity show discutendo sulla validità della guerra ed il suo coinvolgimento nella Ispezioni sulle armi di distruzione di massa. Hannity dichiarò che Ritter era anti-americano e che veniva pagato dal governo iracheno per "lavare" la situazione sull WMD in Iraq.[10]
Nonostante si fosse identificato come Repubblicano e dopo aver votato per George W. Bush nel 2000,[11] nel 2002 Ritter divenne un critico diretto dell'idea (dell'amministrazione Bush) che l'Iraq possedesse riserve o capacità di creare armi di distruzione di massa, la prima ragione dell'invasione dell'Iraq nel marzo 2003. La sua visione delle cose venne ben riassunta in Guerra all'Iraq - Tutto quello che Bush non vuole far sapere all'Onu svelato dall'Ispettore Onu Scott Ritter[1] una pubblicazione del 2002 che consiste per la gran parte in una lunga intervista tra Ritter e l'attivista contro la guerra William Rivers Pitt.
Nell'intervista, Ritter risponde così in merito al possesso iracheno di armi di distruzione di massa:
«There's no doubt Iraq hasn't fully complied with its disarmament obligations as set forth by the Security Council in its resolution. But on the other hand, since 1998 Iraq has been fundamentally disarmed: 90-95% of Iraq's weapons of mass destruction capacity has been verifiably eliminated... We have to remember that this missing 5-10% doesn't necessarily constitute a threat... It constitutes bits and pieces of a weapons program which in its totality doesn't amount to much, but which is still prohibited... We can't give Iraq a clean bill of health, therefore we can't close the book on their weapons of mass destruction. But simultaneously, we can't reasonably talk about Iraqi non-compliance as representing a de-facto retention of a prohibited capacity worthy of war.»
«Non ci sono dubbi che l'Iraq non abbia rispettato in pieno gli obblighi imposti dal Consiglio di Sicurezza nella sua risoluzione. Ma, d'altro canto, l'Iraq è quasi completamente disarmato dal 1998: abbiamo verificato l'eliminazione del 90-95% delle armi di distruzione di massa irachene. [...] Dobbiamo ricordare che il mancante 5-10% non costituisce necessariamente una minaccia. Non costituisce nemmeno un programma d'armamento privo di rilevanza complessiva, pur restando proibito. [...] Non siamo in grado di dire che l'Iraq sia completamente pulito, di conseguenza non possiamo archiviare il caso sulle loro armi di distruzione di massa. Ma allo stesso tempo non possiamo ragionevolmente dire che la mancata ottemperanza dell'Iraq significhi de facto che possieda risorse belliche proibite.»
«We eliminated the nuclear program, and for Iraq to have reconstituted it would require undertaking activities that would have been eminently detectable by intelligence services.
If Iraq were producing [chemical] weapons today, we'd have proof, pure and simple.
[A]s of December 1998 we had no evidence Iraq had retained biological weapons, nor that they were working on any. In fact, we had a lot of evidence to suggest Iraq was in compliance.»
«Abbiamo eliminato il programma nucleare, e per ricostruirlo l'Iraq avrebbe dovuto intraprendere attività facilmente rilevabili dai servizi di intelligence. [...][13]
Se l'Iraq stesse producendo armi [chimiche] oggi, ne avremmo delle prove inconfutabili. [...][14]
Fin dal dicembre del 1998, non esistevano prove che gli iracheni fossero in possesso di armi biologiche, né che ci stessero lavorando. Anzi, le prove indicavano che l'Iraq stesse ottemperando alle risoluzioni.[15]»
Nell'intervista di Pitt, Ritter indica anche svariati membri dell'amministrazione Bush o Clinton che hanno fatto uso nei loro discorsi di frasi fuorvianti o false riguardo alle armi di distruzione di massa in Iraq.
Nel febbraio 2005, scrivendo sul sito di Al Jazeera, Ritter dichiara la resistenza irachena "genuino movimento popolare di liberazione nazionale[16]" e che "alla fine la Storia legittimerà gli sforzi della resistenza irachena di destabilizzare e sconfiggere le forze di occupazione americane e il governo collaborazioneista che hanno imposto"[17]
Il 19 ottobre 2005, in una intervista con Seymour Hersh, Ritter ha affermato che nell'imporre e mantenere sanzioni in Iraq dopo la Guerra del Golfo il cambio di regime - piuttosto che il disarmo - fu l'obiettivo primario dei presidenti Bush senior, Clinton e Bush junior. Disse Ritter:
«The United States needed to find a vehicle to continue to contain Saddam because the CIA said all we have to do is wait six months and Saddam is going to collapse on his own volition. That vehicle is sanctions. They needed a justification; the justification was disarmament. They drafted a Chapter 7 resolution of the United Nations Security Council calling for the disarmament of Iraq and saying in Paragraph 14 that if Iraq complies, sanctions will be lifted. Within months of this resolution being passed--and the United States drafted and voted in favor of this resolution--within months, the President, George Herbert Walker Bush, and his Secretary of State, James Baker, are saying publicly, not privately, publicly that even if Iraq complies with its obligation to disarm, economic sanctions will be maintained until which time Saddam Hussein is removed from power.»
«Gli Stati Uniti avevano bisogno di trovare un mezzo per continuare a contenere Saddam perché la CIA disse che tutto quello che dovevamo fare era aspettare sei mesi e Saddam sarebbe crollato da solo. Questo mezzo sono le sanzioni. Loro avevano bisogno di una giustificazione; la giustificazione fu il disarmo. Elaborarono una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il disarmo iracheno e scrissero nel paragrafo 14 che se l'Iraq avesse collaborato, le sanzioni sarebbero state ritirate. Nel giro di qualche mese dopo che questa risoluzione fosse passata -e che gli Stati Uniti votarono in favore di tale risoluzione- il presidente George Herbert Walker Bush, ed il suo segretario di stato, James Baker, dissero pubblicamente, non privatamente, pubblicamente che anche se l'Iraq avesse collaborato nel disarmo, le sanzioni sarebbero state mantenute finché Saddam non fosse stato rimosso dalla sua carica.»
«That is proof positive that disarmament was only useful insofar as it contained through the maintenance of sanctions and facilitated regime change. It was never about disarmament, it was never about getting rid of weapons of mass destruction. It started with George Herbert Walker Bush, and it was a policy continued through eight years of the Clinton presidency, and then brought us to this current disastrous course of action under the current Bush Administration.»
«Questa è la prova che il disarmo fu usato solamente per mantenere le risoluzioni e facilitare il cambio di regime. Non ci si preoccupò mai del disarmo, né di liberarci di armi di distruzione di massa. Iniziò con George Herbert Walker Bush, e da una politica che continuò attraverso gli otto anni della presidenza Clinton, e che ci portò a questo disastrosa catena di eventi dell'amministrazione Bush.»
Nel marzo 2007, scrisse per Truthdig l'articolo: "Calling Out Idiot America" ("Denunciando l'America Idiota") nel quale pone un quiz sull'Iraq:
«If the reader can fully answer the question raised, then he or she qualifies as one capable of pointing an accusatory finger at Congress as its members dither over what to do in Iraq. If the reader fails the quiz, then there should be an honest appraisal of the reality that we are in way over our heads regarding this war, and that it is irresponsible for anyone to make sweeping judgments about the ramifications of policy courses of action yet to be agreed upon. Claiming to be able to divine a solution to a problem improperly defined is not only ignorant but dangerously delusional.»
«Se il lettore può rispondere pienamente alla questione qui posta, allora è qualificato per puntare un dito accusatore verso il Congresso su come i suoi membri esitano su cosa fare in Iraq. Se il lettore fallisce il quiz, allora ci potrebbe essere una onesta valutazione del fatto che riguardo a questa guerra noi siamo molto al di sopra delle nostre teste, cioè che è irresponsabile per chiunque dare giudizi riguardo alle ramificazioni della politica su azioni che devono ancora essere prese. Sostenere di essere in grado di profetizzare una soluzione ad un problema definito in maniera impropria è non solo da ignoranti ma anche dannoso.»
Nel novembre 2009, Ritter è stato arrestato per sette capi d'accusa a seguito di comunicazioni online illecite con una ragazza di 15 anni.[20] Il mese successivo, Ritter rinunciò al suo diritto ad un'udienza preliminare e fu rilasciato con una cauzione non garantita di 25.000 dollari.[21]
Il 14 aprile 2011, Ritter rifiutò un accordo di patteggiamento e venne dichiarato colpevole per sei[N 1] delle sette accuse dal tribunale della contea di Monroe, Pennsylvania.[22]
Nell'ottobre 2011, ha ricevuto una condanna da un anno e mezzo a cinque anni e mezzo di prigione.[20] A marzo 2012 è stato mandato nel carcere statale di Laurel Highlands nella contea di Somerset, in Pennsylvania ed è stato liberato sulla parola nel settembre 2014.[23]
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