Tacrina | |
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Nome IUPAC | |
1,2,3,4-tetraidro-9-ammino-acridina | |
Caratteristiche generali | |
Formula bruta o molecolare | C13H14N2 |
Massa molecolare (u) | 198,264 g/mol |
Numero CAS | |
Numero EINECS | 206-291-2 |
Codice ATC | N06 |
PubChem | 1935 |
DrugBank | DB00382 e DBDB00382 |
SMILES | n1c3c(c(c2c1cccc2)N)CCCC3 |
Dati farmacologici | |
Modalità di somministrazione | orale, rettale |
Dati farmacocinetici | |
Biodisponibilità | 2,4–36% (orale) |
Legame proteico | 55% |
Metabolismo | Epatico (CYP1A2) |
Emivita | 2–4 ore |
Escrezione | Renale |
Indicazioni di sicurezza | |
Simboli di rischio chimico | |
Frasi R | 23/24/25-36/37/38-40 |
Frasi S | 22-24/25-26-36/37/39[1] |
La tacrina è un inibitore reversibile dell'acetilcolinesterasi attivo a livello del sistema nervoso centrale (SNC) e impiegato nel trattamento della malattia di Alzheimer. È stata, nel 1993, il primo inibitore dell'acetilcolinesterasi ad essere approvato dalla Food and Drug Administration FDA per il trattamento della malattia di Alzheimer e fu commercializzata col nome di Cognex.[2] La tacrina è stata sintetizzata per la prima volta da Adrien Albert dell'Università di Sydney. L'impiego della tacrina è stato limitato dalla scarsa biodisponibilità orale, dalla necessità di 4 somministrazione giornaliere e dai gravi effetti collaterali da cui era gravata.
Nel sistema nervoso centrale la tacrina si lega reversibilmente, inattivandolo, all'enzima acetilcolinesterasi e determina un incremento delle concentrazioni di acetilcolina a livello sinaptico. Questa sua azione può favorire la normale attività del sistema colinergico che, nel morbo di Alzheimer, risulta alterata, poiché avviene la desensibilizzazione o la perdita dei neuroni colinergici a causa della marcata neurodegenerazione.
Dopo somministrazione per via orale la tacrina viene rapidamente assorbita dal tratto gastroenterico. La biodisponibilità della molecola si aggira intorno al 17% e la contemporanea assunzione di cibo ne riduce la disponibilità del 30% circa. La concentrazione plasmatica massima (Cmax) si raggiunge a distanza di 1-2 ore (Tmax) dall'assunzione. Lo steady-state viene raggiunto entro 36 ore. Il volume di distribuzione è di circa 349 litri. Il 55% del composto si lega alle proteine plasmatiche. Nell'organismo la tacrina è ampiamente metabolizzata dal sistema del citocromo P450, particolarmente grazie all'isoenzima CYP1A2. Ne consegue che i farmaci che inibiscono o inducono questo isoenzima possono aumentare o diminuire, rispettivamente, le concentrazioni plasmatiche di tacrina. L'emivita di eliminazione varia tra 2 e 4 ore.[3][4][5][6]
La tacrina è stata il prototipo dell'inibitore dell'acetilcolinesterasi per il trattamento della malattia di Alzheimer lieve o moderata.[7] Studi clinici avevano scoperto che poteva avere un lieve effetto benefico sulla cognizione ed altre misurazioni cliniche come le scale ADAS-Cog ed ADCS-ADL, ma il numero di dati della sperimentazione era esiguo e la rilevanza clinica di queste scoperte poco chiara.[8][9]
Gli eventi avversi più comunemente riportati durante il trattamento sono stati a carico dell'apparato gastrointestinale (dispepsia, perdita di appetito, nausea, vomito, flatulenza, dolore addominale, diarrea o stipsi) e del sistema nervoso (vertigini, cefalea, agitazione psicomotoria, confusione mentale, tremore, insonnia o sonnolenza, atassia, depressione, ansia, allucinazioni, convulsioni.[10] È stata segnalata anche incontinenza urinaria ed epatotossicità.[11][12][13] Un incremento dei livelli dell'enzima ALT (alanina amminotransferasi si verifica in circa il 50% dei pazienti trattati con tacrina, e nella maggior parte dei casi ciò avviene entro le prime 12 settimane di trattamento. Tuttavia in letteratura medica è riportato il caso di un paziente in cui tale incremento si è registrato a distanza di circa 80 settimane.[14] Anche a causa di questi importanti effetti avversi inibitori dell'acetilcolinesterasi più recenti, quali il donepezil sono oggi preferiti alla tacrina.
Il farmaco è controindicato nei soggetti con ipersensibilità nota al principio attivo, a composti chimicamente correlati oppure ad uno qualsiasi degli eccipienti contenuti nella formulazione farmaceutica.
La dose iniziale di tacrina è pari a 40 mg al giorno, suddivisi in 4 assunzioni di 10 mg, per un minimo di 4 settimane. Questo dosaggio deve essere mantenuto e non dovrebbe essere aumentato durante tutta questa fase per il rischio potenziale di un aumento ritardato delle concentrazioni degli enzimi epatici.[14] In caso di risposta clinica insoddisfacente il dosaggio può essere aumentato di ulteriori 40 mg al giorno, sempre suddivisi in 4 assunzioni, fino alla dose massima globale pari a 160 mg/die.