Per confessione di fede s'intende l'affermazione, in forma più o meno articolata, da parte di una chiesa cristiana, di un raggruppamento di cristiani del contenuto della propria fede e delle sue implicazioni. L'esigenza di precisare e proclamare il contenuto della propria fede lo si ravvisa ogni qual volta si ritenga che forze ideologiche o culturali estranee (all'esterno o anche all'interno delle chiese) possano pregiudicare l'integrità della fede o dell'identità cristiana così com'è stata trasmessa. La confessione di fede, inoltre, come sintesi del contenuto della fede cristiana, assume pure una valenza didattica (prendendo la forma di catechismi) oppure formulando delle tesi e contro-tesi.
Nel Nuovo Testamento il termine ὁμολογὶα (homologia) può essere collegato nel senso di "confessione" all'Evangelo o alla fede; il verbo ὁμολογέω (homologeō) ha come oggetto sia la fede che il peccato. Sotto l'impatto della persecuzione, le necessità della patristica creano la figura del "confessore".
Mentre gli esempi più antichi del Simbolo degli apostoli, ancora in forma interrogativa, avevano nel II secolo un uso "confessionale" al momento del battesimo, l'inserimento di un credo dichiarativo nella liturgia sembra aver avuto luogo nel 473 quando Pietro Fullo, Patriarca di Antiochia (471-488) e aderente al monofisismo, introdusse il Credo di Nicea per confondere ciò che aveva richiesto il Concilio di Calcedonia. "Confessione" in questo senso dichiarativo include pure le formule protestanti ortodosse, di cui la Confessione di Augusta (1530) è il primo esempio.
Riepilogando:
Dal secondo senso di "confessione", la dichiarazione di ciò che si crede, sorge l'uso del termine nelle chiese della Riforma, cioè professioni di fede per definire la fede in contrapposizione particolarmente al Cattolicesimo ma anche rispetto alle persuasioni dei gruppi settari. Nelle chiese della Riforma tali confessioni non erano intese come alternativa degli antichi credo ecumenici (ad esempio, il Simbolo degli apostoli o il credo niceno-costantinopolitano), ma come affermazioni di come i credo tradizionali dovevano essere compresi. Loro scopo era quello di rendere chiaro ciò che significa proclamare che "Gesù è il Signore", e mostrare come questa affermazione possa solo essere fatta alla luce della dottrina della giustificazione per fede. Si trattava di confessioni della chiesa e non di singoli teologi.
La prima confessione di questo tipo è la Confessione di Augusta del 1530 e, fra le ultime, la Confessione di fede di Westminster del 1643 che diventa il formulario della Chiesa di Scozia nel 1689.
I decreti del Concilio di Trento (1545-1563) possono essere intesi come una "risposta" confessionale del Cattolicesimo ai principi della Riforma protestante come enunciati dalle varie confessioni protestanti.
I Trentanove articoli di religione della comunione anglicana non sono una dichiarazione confessionale nel senso sopra delineato. Non erano tanto l'opera di teologi che definivano una posizione confessionale, quanto il tentativo di conciliare punti di vista confessionali diversi nell'interesse di un'unità ecclesiale complessiva. In ogni caso questi articoli non sono vincolanti per le diverse province della comunione anglicana.
Bisogna pure aggiungere che la Dichiarazione teologica di Barmen (1934), documento fondamentale della chiesa confessante tedesca, non è strettamente parlando una "confessione", dato che non cerca di distinguere una chiesa da un'altra, ma la fede cristiana dalla sua negazione.
Nel Protestantesimo si fa uso pure del termine Status confessionis per indicare quando una chiesa, in particolari contesti e circostanze, è costretta a confessare esplicitamente la propria fede per riaffermarla di fronte a ciò che la potrebbe pregiudicare.
Le confessioni di fede della chiesa antica sono:
Le confessioni di fede delle chiese luterane sono:
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