Dassault Étendard IV

Dassault Étendard IV
Étendard IV M in esposizione davanti alla ex BAN di Fréjus Saint Raphael
Descrizione
Tipocacciabombardiere imbarcato
Equipaggio1 pilota
ProgettistaFrancia (bandiera) Dassault Aviation
Data primo volo1958
Data entrata in servizio1962
Data ritiro dal servizio1991
Utilizzatore principaleFrancia (bandiera) Aéronavale
Esemplari90
Sviluppato dalÉtendard II
Altre variantiSuper Étendard
Dimensioni e pesi
Lunghezza14,40 m
Apertura alare9,60 m
Altezza3,79 m
Superficie alare29
Peso a vuoto5 900 kg
Peso carico8 170 kg
Peso max al decollo10 200 kg
Propulsione
Motore1 turbogetto
SNECMA Atar 8B
Spinta43,16 kN
Prestazioni
Velocità max1,02 Ma[1]
(1 099 km/h in quota)
Velocità di salita100 m/s
Autonomia3 300 km
Tangenza15 500 m
Armamento
Cannoni2 DEFA M552 da 30 mm
Bombecaduta libera:
fino a 1 360 kg
Missilirazzi:
36 SNEB da 68 mm
Piloni4 sub-alari
Notedati relativi alla versione:
Étendard IVM

i dati sono tratti da:
Vectorsite[2]
Aviastar[3]

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Il Dassault Étendard IV (dal francese: stendardo) è stato un cacciabombardiere imbarcato francese in servizio con la Marine Nationale.

La storia dell'Étendard comincia con due commesse dei primi anni cinquanta: una per un caccia leggero per l'aviazione francese, l'altra per un caccia leggero che potesse essere utilizzato ampiamente nelle varie forze aeree della NATO. La Dassault usò delle variazioni dello stesso progetto di base per produrre prototipi per entrambe le specifiche richieste, chiamando i nuovi velivoli Étendard II e Étendard VI rispettivamente, senza però riuscire ad ottenere nessun ordinativo. Contemporaneamente la compagnia sviluppò una versione più grande e con una motorizzazione più potente (originariamente designata Mystère XXIV).

Avendo generato un certo interesse nella Marina francese la Dassault produsse un prototipo navalizzato di quest'ultima versione, che volò, come dimostrazione di impiego operativo, nel 1958 ottenendo l'ordinativo di 69 esemplari in versione da caccia designati Étendard IVM e 21 in versione da ricognitore indicati come Étendard IVP. Dal 1962, questi esemplari iniziarono ad essere schierati a bordo delle portaerei classe Clemenceau.

Le caratteristiche dell'Étendard IV non furono mai di alto livello, e negli anni settanta era già chiaro che si doveva procedere ad un rimpiazzamento dell'aereo. Per qualche tempo, si ipotizzò l'impiego di una versione navalizzata del SEPECAT Jaguar (detta Jaguar M), ma vari inghippi politici riguardanti la joint venture anglo-francese bloccarono lo sviluppo di questo progetto, e la Dassault, dal canto suo, propose una versione aggiornata e migliorata dell'Étendard, il Super Étendard. L'ultimo degli Étendard IVM fu ritirato dal servizio nel 1991, nonostante che un piccolo numero di IVP rimase operativo fino al 2004.

  • Étendard IV : prototipo della versione terrestre equipaggiato con un Atar 08B (2 prototipi)
  • Étendard IVM : versione d'attacco imbarcata monoposto per la Marine nationale con un Atar 08C e cannoni DEFA 552 (1 prototipo, 4 di pre-produzione, 69 aerei di serie)
  • Étendard IVB : versione d'attacco imbarcata monoposto simile i quattro IVM di pre-produzione ma con motore Avon 51 e blown flaps (1 aereo costruito)
  • Étendard IVP : versione da ricognizione imbarcata monoposto per la Marine nationale simile ai IVM ma senza cannoni e con tre fotocamere (1 prototipo, 21 aerei di serie)
  • Étendard IVPM : Etendard IVM convertiti in IVP (4 aerei modificati alla fine degli anni '70)
Francia (bandiera) Francia
Escadrille 59S dal 1965 al 1991
Flottille 11F dal 1963 al 1978 (IVM)
Flottille 15F dal 1962 al 1969 (IVM e IVP)
Flottille 16F dal 1964 al 2000 (IVM, IVP e IVPM)
Flottille 17F dal 1964 al 1980 (IVM e IVP)
  1. ^ J. W.R. Taylor & Gordon Swanborough, Military Aircraft of The World , Ian Allan 1973.
  2. ^ (EN) Greg Goebel, The Dassault Etendard & Super Etendard (v1.0.1), in AirVectors, http://www.airvectors.net, 1º agosto 2008. URL consultato il 7 marzo 2010.
  3. ^ (EN) Maksim Starostin, Dassault Etendard IV, in Virtual Aircraft Museum, http://www.aviastar.org/index2.html. URL consultato il 7 marzo 2010.

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