Esercito Italiano | |
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Stemma dell'Esercito Italiano | |
Descrizione generale | |
Attiva | 18 giugno 1946 - oggi[1] |
Nazione | Italia |
Servizio | Forza armata |
Tipo | Esercito |
Dimensione | 94.026 unità (oltre a 5.431 civili)[2] |
Stato Maggiore dell'Esercito | Palazzo Esercito, Roma |
Soprannome | Stato maggiore dell'esercito italiano |
Patrono | san Giovanni XXIII[3] |
Motto | Salus rei publicae suprema lex esto Sia la salvezza dello Stato la legge suprema |
Colori | Il distintivo su pendente in cuoio si compone di uno scudo sannitico, su sfondo azzurro, bordato di giallo-oro. |
Marcia | 4 maggio |
Battaglie/guerre | |
Missioni di peacekeeping | UNITAF Operazione Antica Babilonia EUMM Intervento militare in Libia del 2011 UNIFIL |
Anniversari | 4 maggio |
Decorazioni | Vedi qui |
Sito internet | http://www.esercito.difesa.it/ |
Parte di | |
Reparti dipendenti | |
Comandanti | |
Capo di Stato Maggiore | Gen. C.A. I.S. Carmine Masiello (27 febbraio 2024 - presente)[4] |
Simboli | |
Logo dell'Esercito Italiano | La parte superiore dello scudo riporta l'aquila dorata, emblema dello Stato Maggiore dell'Esercito, a significare gli intimi legami con il vertice della Forza Armata sotto la cui guida l'Istituto forma i futuri Quadri Dirigenti. |
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L'Esercito Italiano (EI) è la componente terrestre delle forze armate italiane, delle quali fanno parte anche la Marina Militare, l'Aeronautica Militare e l'Arma dei Carabinieri[5], tutte dipendenti dal capo di stato maggiore della difesa e inserite nel Ministero della difesa.
Nato come Regio Esercito nel 1861 in occasione dell'Unità d'Italia dal nucleo della Armata Sarda, assunse la denominazione attuale dopo la nascita della Repubblica Italiana avvenuta nel 1946. Terminata la fase di transizione del secondo dopoguerra, periodo durante il quale alcune unità erano ancora sotto il controllo Alleato, l'ingresso dell'Italia nella NATO comportò per l'Esercito una riorganizzazione e un ammodernamento in funzione di contrasto a un'eventuale azione militare da parte delle forze del Patto di Varsavia. I mutevoli scenari a livello internazionale hanno fatto sì che l'Esercito Italiano partecipasse inoltre a varie missioni di pace sotto egida ONU o NATO, quale ad esempio la missione Ibis in Somalia cominciata nel 1992 nell'ambito della missione UNITAF o l'UNMIBH in Bosnia ed Erzegovina, durata dal 1995 al 2002.
Con l'avvento del XXI secolo l'Arma dei Carabinieri che prima faceva parte dell'esercito, nel 2000 ha assunto il rango di forza armata; l'emanazione poi della legge 23 agosto 2004, n. 226 ha determinato la sospensione alle chiamate del servizio militare obbligatorio a partire dal 2005 accanto a un processo di riforma generale accompagnato da una progressiva riduzione di effettivi.
Subito dopo l'unità d'Italia nel 1861, venne costituito il Regio Esercito italiano, che nacque dalla fusione dell'"Armata Sarda" con gli altri eserciti operativi nei vari stati preunitari italiani; la denominazione venne stabilita il 4 maggio 1861, con decreto (nota n. 76 del 4 maggio 1861) del Ministro della guerra Manfredo Fanti[6].
Da allora il Regio Esercito ha partecipato alla Terza guerra di indipendenza, alle campagne coloniali, alla prima guerra mondiale, alla guerra d'Etiopia, quindi alla seconda guerra mondiale, dal 1940 dalla parte dell'Asse e dopo l'8 settembre 1943 dalla parte degli Alleati.
L'esercito repubblicano nacque dall'Esercito cobelligerante italiano, dopo la proclamazione della Repubblica il 2 giugno 1946. La sua base consisteva nel Corpo italiano di liberazione, che aveva partecipato alla campagna d'Italia al fianco della forze Alleate contribuendo alla liberazione del territorio nazionale. Dopo la cessazione delle ostilità, la Missione Militare Alleata il 14 novembre 1945 stabilì le norme alle quali il nuovo esercito, detto "di transizione", doveva attenersi[7]. La struttura doveva rimanere quella stabilita fino alla firma del trattato di pace. I cinque Gruppi di Combattimento che erano stati costituiti via via che le forze Alleate avanzavano divennero altrettante divisioni binarie, cioè formate da due reggimenti (solo di fanteria)[7]: Divisione fanteria "Friuli", "Cremona", "Legnano", "Folgore" e "Mantova".
A queste si aggiungevano tre divisioni di sicurezza interna, la "Aosta", la "Reggio (originariamente "Sabauda") e la "Calabria" cui si aggiungevano altri dieci reggimenti di cui tre alpini, portando la forza complessiva di quelle che venivano denominate "forze mobili e locali" a 90 000 uomini[7].
Altre componenti dell'esercito di transizione erano l'Organizzazione centrale e undici comandi militari territoriali che dovevano sostituire le funzioni dei preesistenti comandi di corpo d'armata in tempo di pace, per complessivi 9.000 uomini; l'amministrazione, comprendente le unità dei servizi con altri 31.000 uomini; la componente detta "Addestramento e complementi" che raggruppava il Centro Addestramento Complementi di Cesano e le scuole militari, per complessivi 10.000 uomini, che portavano il totale a 140.000 uomini[7]. Alcuni reparti, consistenti in una divisione, sei raggruppamenti e due gruppi di battaglioni (equivalenti a reggimenti) rimanevano ancora sotto il comando Alleato[7].
L'organizzazione addestrativa di base era affidata ai comandi militari territoriali, attraverso i Centri addestramento reclute (CAR), con un organico a livello di reggimento, mentre l'addestramento avanzato veniva svolto dalle scuole militari. Inoltre ai comandi territoriali veniva assegnato un reggimento operativo in modo da garantire una presenza diffusa sul territorio, tranne in Sicilia nella quale i compiti di vigilanza vennero assegnati a due divisioni di sicurezza[7], visti i problemi legati alle tendenze separatiste dell'isola.
Nel 1946 le tre divisioni per la sicurezza interna vennero trasformate in unità operative, con l'aggiunta di un gruppo di artiglieria e un gruppo squadroni di cavalleria blindata (con cingolette CV35) della ricostituita Arma di cavalleria, e questa fu la struttura definitiva dell'Esercito di Transizione alla firma del trattato di Parigi nel 1947[7].
Dopo la fase di transizione, con l'accettazione dell'Italia nella NATO, le forze armate vengono rinforzate e riarmate, con un consistente concorso degli Stati Uniti d'America in termini di mezzi; la dottrina di impiego e l'addestramento vengono uniformati agli standard dell'alleanza, e vengono tenute regolarmente esercitazioni congiunte.
La consistenza dei reparti operativi cresce fino a raggiungere dieci divisioni di fanteria e tre corazzate ("Ariete", "Centauro" e "Pozzuolo del Friuli") cui si aggiungevano cinque brigate alpine.[8] Nel 1954 la struttura di comando fu organizzata su due armate e cinque corpi d'armata, cui si aggiungeva il "Corpo per la sicurezza della Somalia", paese affidato all'Italia per mandato fiduciario dalle Nazioni Unite fino al 1960; di conseguenza, il corpo venne sciolto nello stesso anno[8].
Con il concretizzarsi della minaccia di invasione da parte del Patto di Varsavia viene definita dalla NATO la dottrina di difesa avanzata, che in Italia portò alla denominazione della "soglia di Gorizia" come linea di difesa alla quale doveva essere idealmente fermata l'eventuale invasione e al miglioramento ed estensione del Vallo Alpino, sistema di fortificazioni inizialmente concepito sotto il fascismo per contrastare una minaccia proveniente dalla Germania e successivamente ripristinato dall'inizio degli anni cinquanta fino al 1992, sotto il presidio di reparti appositamente dedicati allo scopo: Alpini d'arresto e Fanti d'arresto[9]. Nacque la III Brigata missili che, dotata di missili "Honest John" prima (trentadue lanciatori[10]) e "Lance" poi, acquisì la capacità di lancio di testate tattiche nucleari.
Nel 1975 l'Esercito Italiano è stato interessato da una delle più radicali riforme della sua storia. La riforma venne promossa dal generale Andrea Cucino, che diventato capo di stato maggiore dell'esercito il 1º febbraio 1975, ordinò una revisione immediata della struttura della forza armata. Dopo due mesi dal suo insediamento, Cucino e il suo staff presentarono un piano per ristrutturare l'intera forza armata e dopo aver assicurato ulteriori 1.100 miliardi di lire in dieci anni per modernizzare l'equipaggiamento dell'esercito, ordinò che la riforma avesse inizio il 1º settembre 1975; il 31 dicembre 1975 la riforma era conclusa e gli organi, le unità, la dottrina, l'addestramento e l'organizzazione dell'esercito erano stati radicalmente modificati. Tra gli aspetti più rilevanti della riforma l'abolizione del livello reggimentale, con i battaglioni autonomi all'interno delle brigate. Dopo la riforma le unità operative erano pronte al 93%, con la Divisione corazzata "Ariete" pronta al 100% così come il Comando di artiglieria antiaerea.
Con l'inizio degli anni ottanta l'esercito ha affrontato, dal 1980 al 1982, la sua prima missione armata (cioè non limitata alla sola presenza di osservatori) all'estero, la Missione Italcon, durante la guerra in Libano come forza di pace. Durante la missione, effettuata congiuntamente con forze di altri paesi NATO tra i quali Stati Uniti e Francia, il contingente ha guadagnato la fiducia delle parti contrapposte, riuscendo a non essere vittima di disastrosi attacchi che invece colpirono le altre forze multinazionali e perdendo alla fine un solo uomo a causa dell'esplosione di una mina[11].
Nel 1992, dopo le stragi mafiose in Sicilia, fu utilizzato per l'operazione di polizia Vespri siciliani, che durò diversi anni.
La caduta del muro di Berlino e il dissolvimento del Patto di Varsavia diedero una nuova dimensione alle forze armate italiane, non più in funzione esclusivamente difensiva ma anche e soprattutto in supporto alle iniziative di peacekeeping (come viene denominata internazionalmente un'operazione di mantenimento della pace). L'esercito venne infatti schierato nella missione ONU in Namibia (UNTAG, 1989-1990), in Albania e Kurdistan nel 1991, e in Somalia con l'operazione IBIS dal 1992 al 1994, operando nell'ambito dell'UNITAF, una delle operazioni più complesse in teatro estero dalla fine della seconda guerra mondiale. Il contingente italiano, nello svolgere il suo lavoro sul campo somalo, subì un'imboscata che causò la morte di alcuni soldati (battaglia del pastificio). Seguirono la missione ONU in Mozambico (1993-1995, ONUMOZ) e quelle in Bosnia ed Erzegovina (1995-2002, UNMIBH), Timor Est (1999-2000, UNAMET) e Kosovo (1999, UNMIK)[12].
A partire dagli anni 1990 l'esercito italiano cominciò ad attraversare una serie di trasformazioni come l'istituzione del ruolo dei volontari in ferma breve (VFB) prima[13] e dei volontari in ferma annuale (VFA) poi[14]. Dall'anno 2000 poi la partecipazione ai concorsi per l'accesso a tutte le FF.AA fu aperta anche alle donne senza alcuna limitazione di impiego, anche in incarichi di combattimento. In quello stesso anno si ebbe poi la separazione funzionale[sembra più una modifica burocratica / classificatoria che di funzione] dell'Arma dei Carabinieri dall'esercito, elevata al rango di forza armata[15], cessando di essere una specialità dell'esercito, e perdendo la tradizionale provenienza del suo Comandante generale dalle file dell'Esercito.
Con la legge Martino del 2004 e la sospensione delle chiamate al servizio militare in Italia[16], venne avviata un notevole fase di ristrutturazione e ottimizzazione delle risorse soprattutto umane (la forza operativa passò negli anni da oltre 230.000 a circa 102.000) ne è discesa una concezione delle forze armate e una razionalizzazione del loro impiego completamente nuove e molto più agili[17].
Nel 2013 l'ultima profonda riorganizzazione, razionalizzando in particolare la componente operativa, e con la nascita del Comando delle forze speciali dell'Esercito.
Nel 2024 l'esercito ha pianificato un investimento di 23 miliardi di euro in 10 anni per il rinnovo completo del suo parco cingolati (una delle commesse più sostanziose a livello europeo).[18]
Le Armi dell'Esercito Italiano sono sei, mentre tra le specialità attive la più antica è quella dei "granatieri", la più giovane quella dei "lagunari"[19]:
L'Arma dei Carabinieri fu, fino al 2000, la prima Arma dell'Esercito, e successivamente fu elevata a rango di quarta forza armata italiana.
I Corpi dell'Esercito Italiano sono i seguenti:
L'arruolamento avviene d'ufficio in determinate ipotesi per il servizio militare di leva in Italia o a domanda, in tale ultimo caso la selezione del personale è affidata ai centri di selezione VFP1, mentre l'addestramento è effettuato presso il reggimento addestramento volontari.
La gerarchia militare italiana è disciplinata dal d.lgs. 15 marzo 2010, in particolare sono previsti[21]: I gradi sono rappresentati apposti sulle controspalline della divisa ordinaria invernale.[22] Il colore della divisa è il cachi.[23]
Lo stato maggiore dell'Esercito (SME), con sede a Roma, è l'organismo deputato alla definizione delle politiche di Forza Armata ed è la struttura al vertice del comando dell'Esercito Italiano[24].
Per l'attività di comando e controllo sulle unità dell'Esercito, il capo di stato maggiore dell'Esercito italiano[25], coadiuvato da un sottocapo di stato maggiore, si avvale di nove alti comandi[26] retti da altrettanti generali di corpo d'armata e da un Ispettorato diretto da un tenente generale. Si avvale inoltre del Sottufficiale di Corpo dell'Esercito per i rapporti con sottufficiali, graduati e volontari.
Il capo di stato maggiore si avvale di due cinque di vertice:[27]
I seguenti comandi sono alle dipendenze del Comando delle forze operative terrestri:[32]
L'organizzazione in dettagliata fino al livello battaglione viene riportata nel articolo Organizzazione dell'Esercito Italiano.
Di seguito è elencato l'armamento in dotazione ai Reparti dell'Esercito[37]
Tipo | Arma | Calibro |
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Pistola | 9 × 19 mm Parabellum | |
Personal Defense Weapon / mitra |
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9 × 19 mm Parabellum, HK 4.6×30mm |
Fucile d'assalto |
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5,56 × 45 mm NATO |
Fucile da battaglia |
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7,62 × 51 mm NATO |
Fucile a canna liscia | Calibro 12 | |
Mitragliatrice leggera | 5,56 × 45 mm NATO | |
Mitragliatrice media | 7,62 × 51 mm NATO | |
Mitragliatrice pesante | 12,7 × 99 mm NATO | |
Fucile di precisione | .338 Lapua Magnum, 7,62 × 51 mm NATO | |
Fucile di precisione antimateriale | 12,7 × 99 mm NATO.338 Lapua Magnum | |
Lanciafiamme |
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Lanciagranate per fucili AR 70/90, SC 70/90, SCP 70/90 e ARX-160 | 40 × 46 mm | |
Bomba a mano |
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Mortaio leggero e medio |
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60 mm,81 mm |
Mortaio pesante |
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120 mm |
Obice a traino | 155 mm/105 mm | |
Cannone senza rinculo |
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80mm |
Lanciarazzi controcarro | 110mm circa 13000 panzerfaust 3 | |
Missile controcarro a medio raggio | 90mm | |
Missile controcarro medio-lungo raggio | 130mm | |
Missile controcarro a lungo raggio | 127mm | |
SAM portatile per bassa quota | 70mm | |
SAM per bassa e media quota |
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SAM per bassa, media e alta quota |
Tipo | Modello |
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Elmetto | |
Giubbotto antiproiettile | |
Equipaggiamento CBRN individuale | |
Visori notturni |
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Ottica di puntamento a punto rosso | |
Mirino telescopico di squadra | |
Baionetta |
Nella prima versione il rosso del campo dello scudo indicava «l'audacia, il coraggio ed il sacrificio cruento» espressi dall'Esercito Italiano in tutte le guerre da lui combattute; il trofeo indicava l'insieme delle armi che compongono l'Esercito: «i fucili la Fanteria, le lance la Cavalleria, i cannoni l'Artiglieria, le asce il Genio, le saette le Trasmissioni», mentre le due sciabole ricordavano la partecipazione alle battaglie risorgimentali; in ultimo la «granata d'oro, infiammata al naturale» è il simbolo che accomuna tutte le truppe terrestri; nella nuova versione la granata, spostata nella lista riportante il motto salvs rei pvblicae svprema lex esto, è stata sostituita da una lorica d'oro, cimata dall'asta di legno al naturale, sostenente l'elmo[54].
La festa dell'Esercito Italiano ricorre il 4 maggio e celebra l'istituzione del Regio Esercito, nel 1861, nel 1946 il Regio Esercito ha assunto il nome di Esercito Italiano.
A partire soprattutto dagli anni novanta del XX secolo, l'Esercito ha operato in concorso alle altre forze di polizia italiane in occasione di varie attività, come l'Operazione Vespri siciliani nel 1992, in Campania nell'Operazione Alto Impatto del 2002, nell'Operazione Partenope e nell'Operazione Strade Pulite nel 2008 per fronteggiare la crisi dei rifiuti in Campania, oltre a varie attività di polizia in diverse località.
L'arma è stata impegnata anche in diverse operazioni contro il crimine, come ad esempio nell'operazione "Partenope" - nella quale vennero impiegati 500 soldati - che ebbe inizio il 18 febbraio 1994 e fu interrotta il 15 dicembre 1995. Ripresa il 14 luglio 1997 cessò definitivamente il 30 giugno 1998. L'operazione ebbe risvolti positivi ma non riuscì a debellare il fenomeno camorristico, avendo comunque dei risultati nel ridurre la microcriminalità nella città partenopea.
Altre operazioni importanti sono l'operazione Vespri siciliani", l'"operazione Forza Paris", l'"operazione Riace", l'"operazione Salento", l'"operazione Old Bridge", l'"operazione Perseo" e l'"Operazione Strade sicure".
Ha preso parte inoltre a varie missioni a livello internazionale, come ad esempio nella Missione Italcon nell'ambito della guerra in Libano del 1982 (la prima missione internazionale cui l'esercito italiano repubblicano abbia mai partecipato) e alla Missione Ibis I, nell'ambito dell'Operazione Restore Hope in Somalia tra il 1992 e il 1993.
L'impegno in ambito internazionale è continuato con le missioni in Congo (2001), Afghanistan (missione ISAF, dal 2002), Sudan (2003), Iraq (operazione Antica Babilonia, 2003-2006), Libano (operazione Leonte, dal 2006) e Libia (operazione Cyrene)[12].
Le funzioni di intelligence generali vengono ora svolte dall'AISI/AISE quella tecnico militare è svolta dal II Reparto Informazioni e Sicurezza - RIS dello SMD. In ambito forza armata la funzione C4I (comando, controllo, comunicazione, computer, informazione) è assolta dalla Brigata Informazioni Tattiche (fino al 2018 "Brigata RISTA-EW"), che raggruppa le unità di guerra elettronica appartenenti all'Esercito Italiano, alle dipendenze del Comando trasmissioni ed informazioni dell'Esercito (CoTIE)[55].
La sigla RISTA-EW sta per Reconnaissance, Intelligence, Surveillance, Target Acquisition - Electronic Warfare, sempre precisando che la funzione intelligence (a livello strategico e operativo) in Italia, dopo la riforma dell'intelligence italiana del 2007 viene assolta dalle agenzie alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri, che delega allo stato maggiore della difesa le funzioni tattiche, a sua volta supportato da organi delle singole forze armate (come appunto la Brigata RISTA-EW).
Talvolta l'Esercito Italiano è intervenuto con funzioni di soccorso alla popolazione in caso di disastri e calamità naturali prima della costituzione del Dipartimento della Protezione Civile avvenuto nel 1992. Dal terremoto di Messina del 1908, al terremoto del Friuli[56][57], al terremoto dell'Irpinia[58], fino alla partecipazione annuale alle operazioni antincendio sia con uomini e mezzi terrestri sia con propri mezzi aerei (come gli elicotteri Chinook dotati di apposito cesto-secchio per il lancio di acqua)[59], l'esercito ha partecipato alle operazioni di soccorso in caso di calamità naturali, schierando ospedali da campo e mezzi per movimento terra, nel controllo delle coste in occasioni degli sbarchi (operazione Salento nel 1995, e a Lampedusa nel 2010), e in occasione di disastri e calamità naturali come l'alluvione di Sarno e Quindici del 1998, il terremoto di Umbria e Marche del 1997, il terremoto del Molise del 2002, il terremoto dell'Aquila del 2009 e il terremoto dell'Emilia del 2012 e alle numerose inondazioni/disastri geologici (varie esondazioni del fiume Po), e nel 2010-2012 (in Calabria, in Sicilia e in Toscana e alle Cinque Terre) e ogni volta in cui la Protezione Civile non sia riuscita a soddisfare con i propri uomini e mezzi le necessità di soccorso alla popolazione[12].
L'esercito ha anche partecipato nel 2010 all'operazione Strade Pulite, ovvero allo sgombero delle strade di Napoli ingombre di spazzatura durante l'emergenza rifiuti in Campania[60] e ai lavori con organi del Genio per ripristinare e mettere in sicurezza numerosi siti in cui riporre l'enorme quantità di rifiuti che gli organi cittadini/provinciali e regionali preposti non erano in grado di soddisfare. Attualmente è impegnato in concorso alla Polizia e ai Carabinieri nell'operazione Strade Sicure, mediante la sorveglianza di punti sensibili di grande transito (metropolitane, grandi stazioni ferroviarie) e presidio di posti fissi (ambasciate, consolati, ecc.)[12].
Personale dell'Esercito Italiano per il 2021[61] | |||
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Categorie | Ruoli | % | Totale |
Ufficiali | Ufficiali Generali: 227
Ufficiali Superiori: 7.550 Ufficiali Inferiori: 2937 |
11.5 | 10.714 |
Sottufficiali | Ruolo Marescialli: 13.276 Ruolo Sergenti: 8.623 |
23.5 | 22.035 |
Graduati e Truppa | Servizio Permanente: 42.519
Ferma Prefissata: 16.946 |
64 | 59.465 |
Allievi | Allievi Ufficiali: 296 Allievi Sottufficiali: 261 Scuole militari: 351 |
1 | 908 |
Totale | Uomini: 85.394 (91,8%)
Donne: 7.592 (8,2%) |
100 | 92.986 |
La bandiera di guerra dell'Esercito Italiano è decorata delle seguenti onorificenze (aggiornamento ad agosto 2024):
Controllo di autorità | ISNI (EN) 0000 0001 2177 7183 · J9U (EN, HE) 987007263379305171 |
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