Hélène Gordon-Lazareff

Hélène Gordon-Lazareff (nata Hélène Borisovna Gordon; Rostov sul Don, 21 settembre 1909Le Lavandou, 16 febbraio 1988) è stata una giornalista russa, nata in Russia da una ricca famiglia ebrea e cresciuta a Parigi dove nel 1945 fondò la rivista Elle e si occupò di moda.

Dopo aver lavorato in etnologia, è diventata redattrice del New York Times e di Harper's Bazaar. Successivamente, formò una coppia influente a Parigi con suo marito, Pierre Lazareff, fondatore di France-Soir. A Gordon-Lazareff si attribuisce la scoperta di Brigitte Bardot.

Hélène Gordon-Lazareff nacque il 21 settembre 1909 a Rostov sul Don, in Russia, in una famiglia ebrea dell'alta borghesia.[1][2] Suo padre, Boris Abramovich Gordon, nato a Rostov sul Don (1879-1952) e sposato con Élisabeth Skomarovski,[1] era un magnate del tabacco e dell'editoria, banchiere e ingegnere, filantropo e amante della poesia. Insieme a suo fratello Noah Abramovich Gordon, era impegnato in un'attività abbastanza redditizia - le sigarette Gordon erano popolari in Russia quanto le Marlboro in America - e nella sua tipografia stampò poesie simboliste e pubblicò opere inedite di Dostoevskij. In seguito divenne amministratore delegato della società "V. Asmolov and Co" (1912); i fratelli possedevano anche la Don Joint-Stock Company of Printing and Publishing, lavoravano nella Banca russo-asiatica e pubblicavano il giornale Priazovsky Krai.[1][2] La storica della stampa e biografa Claire Blandin disse che Boris era "un uomo d'affari ricco e colto".[3] Hélène aveva una sorella, Émilie, nata nel 1903.[1]

La famiglia fuggì in Francia per sfuggire alla rivoluzione bolscevica.[2] Suo padre riuscì a trasferire i fondi in Francia e all'estero e fu il primo il primo a fuggire in Italia, accompagnato dalla sua amante.[1] Verso la fine del 1917, Hélène, Émilie e la madre Élisabeth lasciarono la Russia su un treno di lusso che le portò verso il Mar Nero,[1] e poi raggiunsero Istanbul, in Turchia.[1][2] Durante il viaggio, tagliarono i lunghi capelli di Hélène per evitare di attirare il contatto visivo dei bolscevichi. Da allora in poi lei avrebbe sempre portato i capelli corti.[1] All'inizio del 1920 i tre si stabilirono a Parigi[1] dove trovarono Boris che in seguito pubblicò la rivista "Russia illustrata" con supplementi letterati. In quel periodo i suoi genitori si separarono.[3]

Da bambina, Hélène dovette vivere in diverse città d'Europa, ma trascorse la maggior parte del tempo a Parigi. Studiò al Liceo Henri IV[4] e successivamente alla Sorbona presso la Facoltà di Etnologia.[1] Blandin scrisse che era una "grande lettrice" e "una eccellente studentessa".[3] Scrisse anche che era una "ragazza viziata traumatizzata dall'esilio, affascinata dal potere".[3] Quando era studentessa alla Sorbona, frequentò surrealisti come Philippe Soupault, che le dedicò una poesia,[2] e diventò anche madre di una bambina dopo essersi sposata a 19 anni con Jean-Paul Raudnitz. Il matrimonio durò solo tre anni.[1]

Hélène iniziò la sua carriera come etnologa.[1][5][6] E si recò in Africa. Partecipò alla spedizione etnografica del 1935 nel Sahara-Sudan, guidata da Marcel Griaule. Studiò principalmente il totemismo e le donne Dogon del Mali.[5][7] Visse per due mesi presso una tribù africana.[6] Al suo ritorno, Gordon-Lazareff pubblicò il suo primo diario di viaggio su L'Intransigeant.[2] Fu durante questo periodo che incontrò Pierre Lazareff, caporedattore di Paris-Soir, a casa dell'esploratore Paul-Émile Victor.[2] Lazareff le offrì di scrivere in una sezione per bambini e lei, poco interessata alle riviste scientifiche,[1][5] accettò. A Paris-Soir, diretto allora da Jean Prouvost, Helen Gordon pubblicò sotto lo pseudonimo di Tante Juliette ("Zia Giulietta").[8][9] Poi lavorò a Marie Claire,[6][8][10] fondato da Jean Prouvost.[11]

In quel periodo Hélène si sposò con Pierre Lazareff. Poi la coppia fuggì a New York perché in Francia iniziò la persecuzione degli ebrei.[4] A New York, Helen, agevolata dalla buona conoscenza dell'inglese,[12][9] continuò a lavorare nel giornalismo e contribuì a pubblicazioni come Harper's Bazaar e il New York Times.[11][2][12][13] Suo marito lavorò per Voice of America[4] e per la sezione francese dell'OWI (United States Office of War Information).[6]

Facciata dell'edificio al n. 100 di via Réaumur, Parigi, fotografata durante l'occupazione nel 1941

Nel 1944 la coppia tornò in Francia, paio di settimane dopo la Liberazione.[4] Pierre Lazareff divenne il direttore generale della casa editrice Paris-Soir. A Parigi, Gordon intendeva creare una sua pubblicazione di moda.[13] Aprì una redazione nello stesso edificio di Paris-Soir, solo due piani più in alto, al n. 100 di via Réaumur.[14] Nacque così Elle nel 1945.[2][15] Nei primi numeri, oltre alle note sulle tendenze della moda, venivano pubblicati i racconti della scrittrice Colette. Inoltre la rivista uscì inizialmente "su una carta così ruvida e gialla che le ricordava il pane francese".[13] La fotografia a colori e il flash non erano ancora la norma nella Francia del dopoguerra, e le prime copertine di Elle furono quindi fotografate a Manhattan. Per queste copertine a colori lei aveva preso in prestito accessori francesi, tra cui 15 cappelli "chic" di Lilly Daché.[6] Nel primo numero di Elle, c'erano consigli su come rimanere liberi e attraenti nonostante la carenza e i buoni pasto, come modificare i vecchi vestiti in modo che fossero di moda, come utilizzare le ricette. La rivista guadagnò rapidamente popolarità, diventando una delle pubblicazioni di moda femminile più diffuse.

Tra il 1945 e il 1965 "vide tutto ciò che scintillava".[12] L'editorialista Michèle Fitoussi ha detto che era "più una giornalista che aveva molto talento che una femminista".[14] Il motto di Elle era allora: "Serietà nella frivolezza e ironia nella serietà".[12] Nel 1946, Gordon-Lazareff assunse la giornalista Françoise Giroud come caporedattore di Elle, posizione che mantenne fino al 1953.[16] Nel suo libro, Profession Journaliste, Giroud descrive Gordon-Lazareff come "una giovane donna brillante".[17]

Nel 1949,[14] incontrò una sconosciuta di 15 anni di nome Brigitte Bardot su un binario della stazione e le disse semplicemente: "Chiamami". Prima del suo primo film, la Bardot diventò la modella principale di Elle nella presentazione della moda junior.[12] Elle lanciò la carriera della Bardot.[18]

Nel 1958 Hélène collaborò con le Galeries Lafayette per creare una linea di abbigliamento con il marchio Elle.[18] Nel 1966, il direttore dei negozi Neiman Marcus consegnò a Gordon-Lazareff un Fashion Award affermando che "è la persona che ha la maggiore influenza su ciò che le donne indossano in Europa e negli Stati Uniti".[12]

La tomba al cimitero di Père-Lachaise a Parigi

Pierre Hedrich di L'Obs ha descritto Gordon-Lazareff come una "donna vivace, sempre in un completo gonna Chanel, seducente e autorevole, che mette i piedi sulla scrivania e beve il tè tutto il giorno".[12] Alix Girod de l'Ain, ex giornalista di Elle, avrebbe poi spiegato che "Hélène Lazareff non è "una femminista. Non sopporta le donne in pantaloni. Non capirà il maggio del '68".[12] I movimenti sociali francesi del maggio 1968 scuoteranno l'autorità di Gordon-Lazareff all'interno della redazione.[3]

Gordon-Lazareff è stata caporedattore di Elle fino al 1972.[8][19] Lasciò l'incarico nel settembre 1972.[10][20] Su richiesta di Georges Pompidou, il gruppo Hachette pagò a Gordon-Lazareff il suo intero stipendio come amministratore delegato della rivista Elle fino alla sua morte.[18]

Affetta dalla malattia di Alzheimer,[11] Gordon-Lazareff sperimentò crescenti difficoltà dopo la morte del marito nel 1972. Morì nel 1988 a 78 anni nella sua proprietà di Le Lavandou, nel Var, e fu sepolta nel cimitero di Père Lachaise a Parigi. Le Monde scrisse che era "una delle grandi figure della stampa francese dopo la Liberazione".[2] Una biografia, La Tzarine (1984), le fu dedicata da Denise Dubois-Jallais, una giornalista di Elle.[21]

I pranzi domenicali a Louveciennes

[modifica | modifica wikitesto]
Targa commemorativa a Louveciennes. Indica che la coppia "ha animato questa proprietà la Grille Royale" dal 1952 al 1972

Ogni domenica alle 13:00, Gordon-Lazareff e suo marito, Pierre, ospitavano artisti, attori, politici e scrittori per il pranzo nella loro proprietà, chiamata la Grille Royale (la "Griglia Reale") a Louveciennes, Yvelines.[22][23]

I venti posti a sedere al tavolo erano considerati "pregiati", e una lista di personalità di alto profilo vi arrivava in elicottero o in berlina, tra cui Harry Belafonte, Habib Bourguiba, Marlon Brando, Maria Callas, Marlene Dietrich, Johnny Hallyday, Henry Kissinger, Martin Luther King e Aristotele Onassis. Juliette Gréco disse: "È stato molto importante essere invitata a Louveciennes".[12]

Brigitte Bardot, Marcel Bleustein-Blanchet, Jacques Delors e Romain Gary erano anche loro assidui frequentatori dei pranzi domenicali a casa della "coppia influente" e "imperdibile tandem di tutta Parigi" che Gordon-Lazareff e suo marito avevano formato.[18] Anche François Mitterrand, Jeanne Moreau, Georges Pompidou, Françoise Sagan e Pierre Salinger erano clienti abituali.[18]

Il generale de Gaulle non fu mai invitato, ma insistette perché l'elenco degli ospiti della domenica precedente gli fosse comunicato ogni lunedì mattina.[18]

I pranzi domenicali alla Grille Royale erano una fonte cruciale di informazioni e influenza per Gordon-Lazareff e suo marito.[18]

Aveva diciannove anni quando nel 1928 sposò Jean-Paul Raudnitz, un ingegnere chimico. I due non andavano d'accordo, e Raudnitz non riusciva a far fronte finanziariamente allo stile di vita di Hélène; divorziarono dopo tre anni. Da questo primo matrimonio nacque una figlia, Michèle Rosier (1930-2017).[11]

Nell'aprile 1939 sposò a Parigi Pierre Lazareff, fondatore di France-Soir. Quando viveva a New York, si diceva che la coppia fosse volontariamente "fuori dall'ordinario" e "libera":[24][25] Hélène aveva infatti numerose relazioni extraconiugali,[26] giovani compresi.[25] Nina Lazareff era la figlia adottiva di Pierre. Michèle (1930-2017).

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m (FR) Claire Blandin, Hélène Gordon-Lazareff, Parigi, Fayard, 2023, pp. 1918, 1920–1924, 1929–1931, ISBN 978-2-2137-2328-0.
  2. ^ a b c d e f g h i j (FR) La disparition d'Hélène Gordon-Lazareff La 'tsarine' de la presse féminine, in Le Monde, 18 febbraio 1988. URL consultato il 28 dicembre 2023 (archiviato dall'url originale il 16 dicembre 2023).
  3. ^ a b c d e (FR) Virginie Bloch-Lainé, Une biographie d'Hélène Gordon-Lazareff: diva de la presse, in Libération, 16 agosto 2023. URL consultato il 28 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 16 dicembre 2023).
  4. ^ a b c d (FR) Pacal Ory e Marie-Claude Blanc-Chaléard, Dictionnaire des étrangers qui ont fait la France, Parigi, Éditions Robert Laffont, 2013, p. 614, ISBN 978-2-2211-4016-1.
  5. ^ a b c (FR) Hélène Gordon, su Bibliothèque nationale de France. URL consultato il 29 dicembre 2023 (archiviato dall'url originale il 29 dicembre 2023).
  6. ^ a b c d e (EN) The Press: Not So Chichi, in Time (magazine), 3 dicembre 1945. URL consultato il 23 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2024).
  7. ^ (FR) Éric Jolly, Démasquer la société dogon: Sahara-Soudan (janvier-avril 1935), Parigi, Lahic / DPRPS-Direction des patrimoines, 2014, p. 130.
  8. ^ a b c (FR) Marie-Eve Thérenty, Femmes de presse, femmes de lettres − De Delphine de Girardin à Florence Aubenas, Parigi, CNRS editions, 2019, p. 264, ISBN 978-2-2711-2913-0.
  9. ^ a b (FR) Susan Weiner, Enfants Terribles: Youth and Femininity in the Mass Media in France, 1945-1968, JHU Press, 2001, ISBN 9780801865398.
  10. ^ a b (FR) Gilles Feyel, La presse en France des origines à nos jours. Histoire politique et matérielle, terza, Parigi, Editions Ellipses, 2023, ISBN 978-2-3400-8290-8 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2023).
  11. ^ a b c d (FR) Michèle Bitton, Lazareff Hélène née Gordon in "Dictionnaire des femmes juives en France", BittonDictionnaire. URL consultato il 15 luglio 2013.
  12. ^ a b c d e f g h i (FR) Pierre Hedrich, 'Elle': Et Hélène Lazareff inventa le mag féminin nouvelle génération, in L'Obs, 12 luglio 2016. URL consultato il 10 novembre 2024 (archiviato dall'url originale il 13 gennaio 2024).
  13. ^ a b c (EN) Magazines: Si Elle Lit Elle Lit Elle, in Time (magazine), 22 maggio 1964. URL consultato il 28 dicembre 2023 (archiviato dall'url originale il 16 dicembre 2023).
  14. ^ a b c (FR) Catherine Mallaval, 'Elle' était une fois, in Libération, 19 November 2005. URL consultato il 9 marzo 2024 (archiviato dall'url originale il 21 gennaio 2024).
  15. ^ (EN) Defending Fashion, in Forbes, 31 maggio 2007. URL consultato il 28 dicembre 2023 (archiviato dall'url originale il 28 dicembre 2023).
  16. ^ (EN) Benjamin Ivry, French journalist leaves her mark, in Tampa Bay Times, 27 gennaio 2003 (archiviato dall'url originale il 31 dicembre 2023).
  17. ^ (EN) Magazine history: And Lazareff created French Elle, su It's OK for intellectual feminists to like fashion.
  18. ^ a b c d e f g (FR) Tristan Gaston-Breton e Pascal Garnier, Hélène et Pierre Lazareff, un couple d'influence, in Les Echos, 11 luglio 2014. URL consultato il 21 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 21 gennaio 2024).
  19. ^ (DE) Katalog der Deutschen Nationalbibliothek, su German National Library. URL consultato il 30 dicembre 2023 (archiviato dall'url originale il 30 dicembre 2023).
  20. ^ (FR) Hélène Gordon-Lazareff (1909-1988), su Bibliothèque nationale de France. URL consultato il 14 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2024).
  21. ^ (FR) Denise Dubois Jallais, La Tzarine, Parigi, Robert Laffont, 1984.
  22. ^ (FR) Sophie Delassein, Les dimanches de Louveciennes - Chez Hélène et Pierre Lazareff, Grasset, 2009.
  23. ^ (FR) Anne Fulda, Peter Knapp, l'œil absolu, in Le Figaro, supplément «Le Figaro et vous», 20-21 novembre 2021, p. 39.
  24. ^ (FR) Jean-Pierre Thiollet, «Pierre et Hélène Lazareff, couple hors normes!» entretien avec Sophie Delassein, in France-Soir, 12 maggio 2009.
  25. ^ a b (FR) p. 239 Yves Courrière, Pierre Lazareff ou le vagabond de l'actualité, Gallimard, "Biographies", 1995.
  26. ^ (FR) Paul Chantrel, Régine, Moi, mes histoires, Editions du Rocher, 2006, p. 20.

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]