Muhammad Gheddafi (in arabo محمد القذافي?, Muhammad al-Qadhdhāfī; Tripoli, 15 marzo 1971[1]) è un dirigente sportivo e dirigente d'azienda libico, già presidente del Comitato Olimpico Libico e della società di telecomunicazioni Libyana prima della guerra civile del 2011. È il primogenito di Muʿammar Gheddafi, defunto capo di Stato libico. Attualmente vive in Oman insieme alla matrigna e ai fratellastri.
Primogenito di Muʿammar Gheddafi e della sua prima moglie Fāṭima,[2] ha conseguito nel 2006 un dottorato in Ingegneria e Gestione presso l'Università di Liverpool.[3] È presidente del Comitato Olimpico Libico,[4] della General Posts and Telecommunications Company (GPTC) e delle società Libyana e Libya Telecom and Technology Company (controllate dalla GTPC), nonché Segretario Generale del Comitato del Popolo dell'Autorità Generale per l'Informazione e le Telecomunicazioni.[5][6]
Al contrario degli altri fratelli, non occupa posizioni di rilievo nel Governo, né si occupa di politica.[7] Da lungo tempo si era dichiarato "non interessato" a succedere al padre alla guida del Paese.[8] Assurse brevemente all'onore delle cronache nel 2006, quando chiese a Papa Benedetto XVI di convertirsi all'Islam, considerando insufficienti le sue scuse per il discorso tenuto durante la lectio magistralis di Ratisbona.[9]
Ha avuto un ruolo limitato durante la Guerra civile libica: la GTPC, da lui presieduta, ha imposto il blocco immediato di Internet il 19 febbraio 2011, quattro giorni dopo l'inizio delle proteste.[10] Il 13 giugno, è apparso brevemente in televisione al fianco del padre Muʿammar, in qualità di capo del Comitato Olimpico Libico, in occasione della visita del Presidente della Federazione Internazionale degli Scacchi Kirsan Iljumžinov.[11]
Il 21 agosto 2011, si è arreso alle forze del Consiglio nazionale di transizione, durante la seconda battaglia di Tripoli.[12][13] Il suo arresto è avvenuto durante una intervista telefonica che Gheddafi stava rilasciando ad Al Jazeera, bruscamente interrotta da un breve conflitto armato,[14][15][16] nel corso del quale un militante del CNT è rimasto ucciso e una guardia del corpo di Gheddafi è stata ferita.[17] Assieme a lui, sono stati tratti in arresto anche sua madre Fāṭima, la moglie e i figli, che vivevano con lui.[7] Il 22 agosto però riesce a fuggire, con l'aiuto di alcuni lealisti.[18]
Il 29 agosto 2011, intorno alle 08:45 UTC+1, attraversa il confine e ripara in Algeria assieme alla matrigna Safia Farkash, ai fratellastri Hannibal, Aisha e Hanna e i rispettivi figli. La notizia viene annunciata dal Ministro degli Esteri algerino Mourad Medelci e confermata dall'Ambasciatore algerino presso l'ONU Mourad Benmehidi, che afferma che erano stati "accolti per motivi umanitari".[19][20]
Al 2015 risulta essere rifugiato in Oman insieme alla matrigna e ai fratellastri.[21]