Nacque attorno al 1560.[1][2] Le prime testimonianze su di lui risalgono alla fine del Cinquecento, quando compare al servizio del duca Carlo Emanuele I, come assistente del primo ingegnere di corte, il romano Ascanio Vitozzi. Il rapporto con Vitozzi fu particolarmente stretto, tanto che nel 1608 questi fu testimone di nozze di Carlo, il quale sposava allora Lucrezia Vinea (figlia di un notaio torinese). Da tali nozze sarebbe nato il 17 giugno 1613 Vittorio Amedeo di Castellamonte, anch'egli celebre architetto.
Nel 1607 allestì il progetto della facciata della Basilica del Corpus Domini a Torino.
Nominato architetto di sua altezza reale nel 1615, proseguì il programma voluto da Carlo Emanuele I e iniziato dal maestro, mirante a dare a Torino il volto edilizio ed urbanistico di una capitale.
Si devono a lui:
la continuazione nel 1621 della Via Nuova (oggi chiamata Via Roma) che doveva servire da asse principale di un nuovo quartiere; quella che appare oggi, tuttavia, è il frutto di un completo rifacimento operato tra il 1931 ed il 1937.
il progetto della piazza Reale (oggi chiamata Piazza San Carlo), come proseguimento del progetto della via Nuova: ispirata sia a modelli francesi, per l'impianto rettangolare con al centro la statua equestre, sia a quelli romani per la presenza delle due chiese simmetriche di chiesa di san Carlo e di santa Cristina
C. Boggio, Gli architetti Carlo ed Amedeo di Castellamonte e lo sviluppo edilizio di Torino nel secolo XVII, Torino, 1896
L. Collobi Ragghianti, Carlo di Castellamonte primo ingegnere del duca di Savoia, «Bollettino storico bibliografico subalpino», 1937, pp. 232–247
L. Manetti, Precisazione sulla data di nascita di Carlo di Castellamonte (1571-1641), «Bollettino della Società Piemontese di belle arti», 1984-87 (edito nel 1988), pp- 75-80
A. Cifani, F. Monetti, Percorsi periferici. Studi e ricerche di storia dell'arte in Piemonte, Torino, Centro Studi Piemontesi», 1985, p. 66
A. Cifani, F. Monetti, Un capitolo per Vittorio Amedeo Castellamonte (1613-1683), architetto torinese, «Studi Piemontesi», XVII (1988), f. 1, pp. 75–92