Domenico Fiasella (Sarzana, 12 agosto 1589 – Genova, 19 ottobre 1669) è stato un pittore italiano.
Detto anche il Sarzana dalla città di origine, fu uno dei principali esponenti della scuola barocca genovese. Educato a Genova e a Roma, svolse la sua prolifica attività prevalentemente in Liguria, lasciando una consistente mole di opere di tema sacro e profano, caratterizzate da uno stile in equilibrio tra la componente naturalistica di matrice caravaggesca e gentileschiana e la corrente classicista ispirata alle opere del Reni.
Domenico Fiasella nacque a Sarzana il 12 agosto 1589, da famiglia originaria del vicino borgo di Trebiano. Il padre era Giovanni Fiasella, argentiere operante in Sarzana. Sin da piccolo mostra la sua particolare attitudine per la pittura lavorando nella bottega del padre ed esercitandosi nel riprodurre una tela del pittore fiorentino Andrea Del Sarto, conservata all'epoca nella chiesa di San Domenico, oggi non più esistente. L'opera di Del Sarto[1] era molto apprezzata dai sarzanesi e rappresentava la Vergine assieme i Santi Domenico e Caterina.
Aiutato dall'amicizia personale con il vescovo di Sarzana, Monsignor Salvago[2], grazie alla sua raccomandazione nel 1600 si trasferisce a Genova, prima per lavorare presso la bottega di Aurelio Lomi[3] e poi, nel 1601, nella bottega del Paggi, il quale era ben conosciuto dal prelato sarzanese. A Genova riceve una solida formazione iniziale: Paggi insegnava i metodi della pittura basandosi sul testo di una sua opera teorica, andata perduta, la Diffinizione o sia divisione della pittura, alla cui perdita suppliscono in parte le lettere di Girolamo Paggi del 1551. Dal Paggi l'artista impara l'arte, anche se questo decano dei pittori genovesi era rimasto legato al Manierismo, mentre il giovane Fiasella desiderava conoscere direttamente le ultime novità pittoriche romane. Peraltro queste novità non gli erano del tutto estranee, potendo egli accedere al mercato delle incisioni che a Genova era in Sottoripa. Purtroppo le novità artistiche dell'ambiente romano erano tutte inevitabilmente riprodotte in stampe in bianco e nero che non permettevano di conoscere le novità nell'uso del colore.
Dopo questo iniziale studio della pittura Fiasella si trasferisce a Roma, dove soggiorna dal 1607 al 1616.
A Roma ha modo di vedere l'opera di Raffaello Sanzio, quella di Michelangelo Buonarroti, di Tiziano, di Sebastiano del Piombo per quanto riguarda la precedente generazione rinascimentale. Ma conosce anche l'opera dei suoi contemporanei Carracci, dei Bolognesi, dei Fiorentini, del Caravaggio, e tanti altri. Frequenta inoltre l'Accademia del Nudo, nata nel 1577 con una Bolla papale di Gregorio XIII; tra i suoi discepoli figura il caravaggesco fiammingo Gerard Hontorst, detto Gherardo Delle Notti (1590-1656), attivo in Roma dal 1610 al 1620, e coetaneo del Fiasella.
Per farsi notare il giovane pittore sarzanese ricorre ad un astuto espediente: pone un suo quadro, la Natività del Signore[4], senza firma ma bene in vista in un'esposizione nella Chiesa di Santa Maria della Scala: il dipinto viene visto e apprezzato da Guido Reni.
A Roma Fiasella stringe amicizia con Orazio Gentileschi (1503-1647). Il suo caravaggismo procede pertanto dalla preferenza per i valori cromatici gentileschiani anziché dalla crudezza polemica e dalla sciabolante vividezza luministica del Caravaggio (1573-1610). Da Orazio Gentileschi Fiasella deriva una raffinatezza, un racconto rapido e sereno, una pacata luminosità, da lui ricreati con la pennellata genovese, differente dalla idealizzante perfezione di Gentileschi. Si tratta quindi di un caravaggismo attenuato dalla stilizzazione gentileschiana, dalla quale ricava anche l'aristocrazia dei modi, la naturalezza, l'eleganza, i modi dei panni e delle stoffe.
Tramite Orazio Gentileschi Fiasella diviene amico del marchese genovese Vincenzo Giustiniani, che era stato anche protettore di Caravaggio, e per lui esegue alcune tele.
A dimostrazione dei continui rapporti con Sarzana anche durante il periodo di formazione, il giovane artista realizzò l'Adorazione dei Pastori, un notturno, opera oggi conservata presso la chiesa di San Francesco in Sarzana (la tela si trova sul primo altare a destra della chiesa), per la quale riprende l'idea riportata per lo stesso soggetto dal Caravaggio nella tela ora alla Pinacoteca di Dresda.
Nel 1616 Fiasella fa ritorno a Sarzana dove dipinge per conto dei Protettori dell'Opera di Santa Maria la pala d'altare San Lazzaro implora la Vergine per la città di Sarzana, da collocare nella chiesa dell'antico ospitale di San Lazzaro nei pressi di Sarzana (oggi la tela è conservata nella nuova parrocchiale di San Lazzaro, costruita nell'Ottocento)[5]. In quest'opera il Fiasella sintetizza classicismo e naturalismo, le due correnti artistiche tipiche del suo periodo.
La tela, oltre ad essere la prima opera di cui si ha la certezza della datazione, è il primo vero lavoro commissionato per la sua città natale; con questo dipinto Fiasella ha finalmente modo di dimostrare la sua bravura ai suoi concittadini, conquistando la loro fiducia e il loro rispetto attraverso alcuni espedienti significativi: primo fra tutti la veduta a volo d'uccello del borgo di Sarzana, dove spiccano gli elementi distintivi della città (dai campanili alla fortezza di Sarzanello, sino al profilo delle Alpi Apuane). Un altro abile espediente è l'inserimento del fermacapelli indossato da Maria; esso è un chiaro omaggio al pittore fiorentino Andrea del Sarto e alla sua opera conservata in San Domenico, dove la figura di Santa Caterina indossava proprio lo stesso fermacapelli copiato dal Fiasella.
Fiasella si confronta con i due artisti in auge nella Genova di allora, i due fratelli Giovanni e Giovanni Battista Carlone. Da loro differisce per disegno, colore, composizione. Per dare maggiore vita alle sue figure Giovanni Carlone aveva maturato una tecnica personale fatta di rifiniture a tratteggio e velature, sistema basato sui modi appresi dai Bolognesi e dai Toscani: i Carracci, Guido Reni, Passignano. Al contrario Domenico Fiasella parte da Gentileschi e da Caravaggio. Nell'uso di quello che era il colore veneto del Rinascimento, i Carlone partivano dal Passignano e vi basavano la loro estetica, forti di una tecnica indovinata, tendendo a una maggiore intensità e pulitezza trasparente del colore.
Al contrario Fiasella lascia la via veneto-passignanesca dei Carlone per puntare su effetti luce-ombra. Opera cioè per contrapposizione e densità dei colori, collocandosi nella corrente caravaggista. Tuttavia, sono perduti i punti di riferimento per questo passaggio in Genova, gli affreschi di Gentileschi in Genova, a Sampierdarena.
In fatto di composizione i Carlone accettavano la composizione eclettica classicista ufficiale, mentre Fiasella focalizza la realtà del racconto con intendimenti di equilibrato verismo, altra impostazione caravaggista. Lo fa ad esempio nel Banchetto di Assuero in palazzo Patrone, dove l'attenzione può sostare sui travasatori, sugli assaggiatori del vino, sul cane in primo piano a sinistra, spostandosi eventualmente e solo alla fine verso il re e i convitati, che sono posti con un'apparente noncuranza in profondità nella scena[senza fonte].
Dal 1618 dimora a Genova, divenendo rapidamente uno dei pittori più in vista, soprattutto dopo aver eseguito, per il Palazzo Lomellini alla Zecca, un importante ciclo di affreschi con oggetto le Storie di Ester[6] (oggi, Palazzo Patrone, sede attuale del Comando Militare Territoriale). Si tratta della prima sua opera importante dopo il ritorno a Genova; viene eseguita per Giacomo Lomellini detto il Moro. Il palazzo era stato da poco ristrutturato, nel 1620, e l'intervento pittorico risale alla fine del 1621. L'artista esegue una serie di affreschi, con storie di Ester nelle stanze e sale principali del piano superiore e del piano inferiore, tratte dal poema epico La reina Esther del contemporaneo Ansaldo Cebà. Nel piano superiore dipinge il Re che celebra il Convito, nel portico la Distruzione di Gerusalemme. Vi dipinge anche fanciulli e statue a chiaroscuro, con freschezza di colorito.
In questo stesso palazzo risiedeva proprio in quel tempo la famosa pittrice Sofonisba Anguissola (1528-1624), morta quasi centenaria, che il pittore in queste circostanze conobbe.
Nel 1622 Fiasella dipinge il Martirio di Santa Barbara, per l'altare in capo alla navata sinistra della Chiesa di San Marco al Molo. Qui sono poche le figure, un paio, distanziate dal paesaggio, e ancora alcuni putti in alto. Sullo stesso tema si può rammentare il Martirio di Sant'Orsola dello stesso Fiasella in Sant'Anna. L'opera in San Marco conferma gli assunti degli affreschi del palazzo Patrone, con l'entusiasmo per lo stile gentileschiano tradotto in raffinati effetti di colore e luce, e nell'aristocratico taglio del panneggio della Santa.
Per il Palazzo Ducale nel 1630 esegue il disegno dell'altar maggiore e quello della Madonna in bronzo da porvi sopra, opera scolpita da Giovanni Battista Bianco nel 1632. Doveva qui elaborare una figura che rappresentasse Genova, l'iconografia ufficiale del potere politico della Repubblica, essendo la Madonna eletta Regina di Genova. Questa Madonna viene ad avere così gli attributi del Regno, lo scettro, la corona e le chiavi di Genova, e la sua immagine viene poi riprodotta nelle monete della città con la scritta “ex Rege Eos”.
Al Fiasella per questo fu attribuito un ruolo importante, nel 1637, nella fastosa cerimonia durante la quale la Repubblica di Genova proclamò la Vergine sua Regina.
Nel 1637 Fiasella esegue i disegni per la statua della Madonna da porre su Porta Pila, scolpita da Giovanni Domenico Casella detto Scorticone, lo scultore che assieme a Giacomo Porta aveva rivestito di marmi l'interno dell'Annunziata del Vastato. Porta Pila era stata costruita nelle Mura Nuove, realizzate nel 1632, ed era il più aulico ingresso a Levante, posta al centro delle Fronti Basse.
Del 1632 è l'Assunzione della Vergine per Nostra Signora del Monte, tela di grandi dimensioni (m 3,70 x 2,45) dove, in basso fra i Dodici Apostoli, compaiono i due committenti, Giacomo e Pier Francesco Saluzzo. Giacomo Saluzzo volle porre la tela nella migliore condizione di luce per meglio ammirarla, e la posizione da lui scelta rimase tale sino a che la tela non venne posta nell'abside dove è tuttora. Fiasella vi dipinse un'architettura forse derivata, per volontà del committente, da Guido Reni, dalla sua tela posta nel Gesù di Genova; e qui Reni riprendeva un ricordo di Luca Cambiaso. Fiasella ha ora modificato il primitivo assunto caravaggista: abbandonata la dettagliata ripresa dei particolari, si collega ai motivi e alle ispirazioni dei precetti caravaggeschi ricevute da Orazio Gentileschi, che assimila e rielabora personalmente, riportandoli al suo collaudato linguaggio personale, in un percorso di continua perfettiva trasformazione[senza fonte].
Il pittore mantenne stretti legami con la sua città natale, che conserva tuttora molte sue opere e lavorò a più riprese per i Cybo Malaspina di Massa. Inviò anche opere a Mantova, Piacenza e alle chiese della "nazione" genovese di Napoli e Palermo.
Nel 1626 per la cattedrale sarzanese, sempre committente Monsignor Salvago, dipinge una tela con i Santi Nicola, Lazzaro e Giorgio, e un'altra con i Santi Lucia, Barbara, Apollonia. La seconda fornirà la traccia dieci anni dopo per i due affreschi nelle pareti alte del transetto dell'Annunziata del Vastato; in essa ancora si stabilizza il tipo di donna raffigurato da Fiasella, elegante e delicato, forse ereditato dal Paggi. Sempre questa tela ricorda quella tela di Rubens nella romana chiesa di Santa Maria in Vallicella, con Santa Domitilla fra i Santi Nereo e Achilleo.
In San Francesco di Sarzana, nel quarto altare a sinistra, è una pala di Fiasella del 1630, con i Santi Bernardino da Siena e Salvatore d'Orta ai piedi della Madonna col Bambino; intorno stanno putti che rallegrano la scena come nel Martirio di Santa Barbara in San Marco.
Significativi furono anche i rapporti con il Ducato di Massa. Fiasella era ben visto dalla famiglia che governava la città: i Cybo-Malaspina, per i quali realizzò diverse opere, oggi conservate presso alcune chiese e il museo diocesano locale. I rapporti di lavoro, di amicizia e di stima erano talmente proficui che i Malaspina tentarono in tutti i modi di far diventare Domenico Fiasella il loro pittore ufficiale, ma l'artista rifiutò sistematicamente tale offerta, non rinnegando mai il suo attaccamento con la Liguria e con Genova.
Dal 1621 al 1625 Orazio Gentileschi è a Genova, chiamatovi dal Sauli; a questa chiamata forse aveva contribuito anche Fiasella, che gli rimase amico sino alla morte: Fiasella prende a lavorare presso di sé Francesco, figlio di Orazio Gentileschi, cui insegna il mestiere. Fiasella collabora poi col Passignano e con altri artisti, eseguendo contemporaneamente tele in proprio. Una di queste fu una Fuga in Egitto, regalata dal pittore al Papa Paolo V cui piacque molto.
Domenico Fiasella ebbe molti allievi, fra i quali Gregorio De Ferrari, il lericino Giovanni Battista Casoni, che nel 1668 scrisse la sua biografia, ampiamente utilizzata a stampa nel 1674, mentre il più geniale fu Valerio Castello, figura di spicco del periodo del barocco genovese maturo. L'ultima opera che di lui si conosca è datata 1667 (Santa Chiara che mette in fuga i Saraceni) ed è oggi conservata presso la chiesa di San Giovanni Decollato a Montoggio.
La produzione artistica di Domenico Fiasella è notevole e comprende sia opere a tema religioso sia a tema mitologico o laico. La maggior parte dei suoi lavori è conservata nelle chiese e nei musei liguri, nonché in alcune località del nord e del sud Italia, a prova dei rapporti politici e commerciali della repubblica genovese. Con la generale dispersione di gran parte del patrimonio della pittura genovese, alcuni dipinti del Fiasella sono però trasmigrati anche fuori dall'Italia, soprattutto nel corso dell'Ottocento.
L'elenco delle opere riportato di seguito è da considerarsi parziale.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 49497870 · ISNI (EN) 0000 0000 6662 5899 · CERL cnp01387288 · Europeana agent/base/94683 · ULAN (EN) 500025199 · LCCN (EN) nr91028128 · GND (DE) 118996541 · BNE (ES) XX5643385 (data) · BNF (FR) cb149738250 (data) |
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