Fiorentino Sullo | |
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Ministro dei trasporti | |
Durata mandato | 25 marzo 1960 – 11 aprile 1960 |
Presidente | Fernando Tambroni |
Predecessore | Armando Angelini |
Successore | Mario Ferrari Aggradi |
Ministro dei lavori pubblici | |
Durata mandato | 21 febbraio 1962 – 4 dicembre 1963 |
Presidente | Amintore Fanfani, Giovanni Leone |
Predecessore | Benigno Zaccagnini |
Successore | Giovanni Pieraccini |
Ministro della pubblica istruzione | |
Durata mandato | 12 dicembre 1968 – 24 febbraio 1969 |
Presidente | Mariano Rumor |
Predecessore | Giovanni Battista Scaglia |
Successore | Mario Ferrari Aggradi |
Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica | |
Durata mandato | 17 febbraio 1972 – 26 giugno 1972 |
Presidente | Giulio Andreotti |
Predecessore | Camillo Ripamonti |
Successore | Pier Luigi Romita |
Ministro per gli affari regionali | |
Durata mandato | 26 giugno 1972 – 7 luglio 1973 |
Presidente | Giulio Andreotti |
Predecessore | Eugenio Gatto (Problemi relativi all'attuazione delle Regioni) |
Successore | Mario Toros |
Deputato dell'Assemblea Costituente | |
Durata mandato | 25 giugno 1946 – 31 gennaio 1948 |
Gruppo parlamentare | Democratico Cristiano |
Collegio | XXIV (Avellino-Benevento-Salerno) |
Sito istituzionale | |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 8 maggio 1948 – 1º luglio 1987 |
Legislatura | I, II, III, IV, V, VI, VIII, IX |
Gruppo parlamentare | Democratico Cristiano, PSDI (VIII leg.) |
Collegio | Benevento-Salerno |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | DC (1942-1974; 1982-1987) PSDI (1974-1982) |
Titolo di studio | Laurea in lettere |
Professione | Insegnante di liceo |
Fiorentino Sullo (Paternopoli, 29 marzo 1921 – Salerno, 3 luglio 2000) è stato un politico italiano.
Fu anche protagonista della vita sportiva di Avellino, diventando presidente dell'Unione Sportiva Avellino 1912 dal 1950 al 1952.[1]
Nacque il 29 marzo 1921 a Paternopoli, in provincia di Avellino, da genitori di Castelvetere sul Calore: il padre Clorindo era un maestro elementare, che insegnava in quel periodo nel comune natio, mentre la madre Giulia Emilia Calienno era una casalinga, in una famiglia della piccola borghesia (ma di origine operaia), con saldi principi religiosi cattolici.
Frequentò le scuole elementari e medie a Castelvetere sul Calore, continuando gli studi ad Avellino, dove seguì gli studi ginnasiali e liceali presso il Convitto nazionale "Pietro Colletta", guadagnandosi il premio allora accordato dal ministro dell'Educazione nazionale per il miglior studente liceale d'Italia. Si iscrisse poi al corso di studi in lettere e filosofia presso l'omonima facoltà universitaria dell'Università di Napoli, laureandosi con il massimo dei voti nel gennaio del 1944, con una tesi sulla storia del Risorgimento. Prima però, si arruolò nel Regio Esercito e combatté in Sicilia contro gli americani dove si distinse nella battaglia di Gela. Dal 1944 al 1946 insegnò storia e filosofia negli istituti superiori. Iscrittosi quindi, di nuovo a Napoli, ove si laureò in giurisprudenza nel marzo del 1949, con una tesi in scienze delle finanze.
Fu eletto all'Assemblea Costituente nel 1946 per la Democrazia Cristiana. In quanto deputato più giovane, all'apertura della seduta inaugurale fu designato segretario dell'assemblea. Fu rieletto deputato nel 1948, e nel 1949 fu eletto nel Consiglio Nazionale del partito. Inizialmente afferente alla corrente dei dossettiani, durante gli anni '50 entrò a far parte della corrente della "Sinistra di Base", della quale fu il leader fino al 1969, quando fondò una propria corrente personale, "Nuova sinistra", che al congresso della Democrazia Cristiana del giugno di quell'anno ebbe il 2,6 dei voti dei delegati.
Il 12 ottobre 1963, in accordo con il presidente del Consiglio Giovanni Leone, nominò la commissione di inchiesta sul disastro del Vajont, che s'insediò due giorni dopo, con il compito di accertare le cause della catastrofe[2].
La corrente politica nella quale militava in quel periodo non lo difese dalla campagna diffamatoria che si era scatenata contro di lui nel suo collegio elettorale e che prendeva di mira la sua vita privata. In realtà, la diceria sulla presunta omosessualità di Sullo era stata fatta circolare fin dal 1960 a opera del settimanale di destra IlBorghese per screditarlo, e fu alimentato anche da esponenti del suo stesso partito[3][4].
Mentre era ministro della Pubblica Istruzione del Governo Rumor I, in disaccordo con i colleghi di partito che in Irpinia si erano messi in luce ne corso degli ultimi anni (in primo luogo Ciriaco De Mita, con il quale i dissapori risalivano al 1958, Nicola Mancino, Gerardo Bianco, Giuseppe Gargani, Salverino De Vito e Attilio Fierro), chiese il rinvio del congresso provinciale. Sullo motivò la sua richiesta sul presupposto che in quei giorni sarebbe stato impegnato dalla presentazione in parlamento della riforma universitaria. Flaminio Piccoli, all'epoca segretario nazionale, non accolse la sua richiesta, e Sullo replicò dimettendosi dal governo[5]; in occasione del congresso De Mita ebbe definitivamente il sopravvento, ottenendo la maggioranza dei seggi nel comitato provinciale.
Non condivise la posizione della DC in occasione del referendum sul divorzio. E a seguito di ulteriori contrasti con il segretario Amintore Fanfani, che in quel periodo guidava la corrente a cui Sullo aveva aderito, abbandonò la Democrazia Cristiana.
Lasciata la DC il 28 marzo 1974, aderì al PSDI. Non partecipò alle elezioni politiche del 1976. Nel 1978 fu nominato consigliere di Stato a turno esteriore dal IV Governo Andreotti nel 1978. Si candidò in quelle del 1979 con il PSDI. Fu rieletto e tornò quindi in parlamento. Nel corso della legislatura 1979-83 prese le distanze dal PSDI, e finì per rientrare nel partito di provenienza.
Fino al 1981 fu presidente della commissione permanente Lavori Pubblici di Montecitorio. Il 7 gennaio 1982 Sullo lasciò il PSDI e, a seguito di una riconciliazione con De Mita, in agosto rientrò nella DC. Ripresentatosi alle elezioni politiche del 1983 con la DC, fu eletto alla Camera per la nona volta. Dopo lo scioglimento anticipato delle Camere del 1987 decise di non ripresentarsi e si ritirò dalla vita politica.
Negli ultimi anni si stabilì a Salerno, malato di diabete mellito, e rimase appartato fino alla morte, avvenuta nella stessa Salerno nel 2000. È sepolto a Torella dei Lombardi, in provincia di Avellino, paese d'origine della moglie Elvira de Laurentiis.[6]
Sullo fu uno delle personalità più importanti della Democrazia Cristiana non solo in Irpinia, ma anche sul piano nazionale, poiché contribuì all'affermazione del partito nell'immediato secondo dopoguerra. Considerato uno dei capi storici della "sinistra democristiana", fu sottosegretario di Stato al Ministero della difesa nel governo Scelba (1954-1955), sottosegretario di Stato al Ministero dell'Industria e commercio nei governi Segni I e Zoli (1955-1958), sottosegretario di Stato al Ministero delle partecipazioni statali nei governi Fanfani II e Segni II (1958-1960). Nell'arco di questo lungo impegno parlamentare ottenne diversi ulteriori incarichi di Governo: Il 25 marzo 1960 fu nominato Ministro dei trasporti nel governo Tambroni, ma l'11 aprile decise di dimettersi insieme ad altri due ministri (i colleghi Giulio Pastore e Giorgio Bo), dal momento che il governo aveva ottenuto la fiducia solo grazie all'apporto determinante dei voti del Movimento Sociale Italiano.
Fu Ministro del lavoro e della previdenza sociale nel terzo governo Fanfani (1960-1962) e il Ministro dei lavori pubblici nel quarto governo Fanfani (1962-1963) e nel I Governo Leone (1963).
L'impegno che gli diede maggiore visibilità fu proprio la titolarità del dicastero dei Lavori pubblici. Nel 1962 fu promotore di una proposta di riforma urbanistica molto avanzata. Per prendere tempo, il presidente del consiglio Fanfani decise di sottoporre il disegno di legge al CNEL per la richiesta di un parere. Parere che fu favorevole, ma intanto si arrivò alla vigilia della conclusione della legislature. E a dare il colpo di grazia al tentativo di riforma, nella primavera del 1963 intervenne un articolo del Popolo con il quale il disegno di legge veniva definito un'"iniziativa personale del ministro".
La stessa ostilità si ripropose nel 1968, quando il suo partito non sostenne in modo sostanziale la sua azione da ministro della Pubblica Istruzione; in quel periodo s'inasprì il rapporto conflittuale con Ciriaco De Mita che, marito della sua segretaria, fu sospettato di avergli sottratto la base di consenso in Irpinia. Ancora una volta Sullo rassegnò le dimissioni.
Nel giugno 1962, in carica come Ministro dei lavori pubblici, con un apposito decreto-legge consentì l'adozione del piano regolatore di Roma che il commissario straordinario Francesco Diana del Comune si era rifiutato di firmare. Fin dal suo insediamento al ministero di Porta Pia, Sullo aveva seguito in prima persona i lavori del nuovo strumento urbanistico della Capitale, nominando un comitato di cinque consulenti esterni (Mario Fiorentino, Piero Maria Lugli, Vincenzo Passarelli, Luigi Piccinato e Michele Valori) incaricato di collaborare con gli uffici comunali nella predisposizione del piano regolatore che sarà adottato dal consiglio comunale il 18 dicembre 1962 e approvato dal governo il 16 dicembre 1965.
Durante la gestione Sullo del ministero dei Lavori pubblici fu approvata la legge 18 aprile 1962, n. 167 che introdusse alcune novità nel campo dell'edilizia economico-popolare. Ma Sullo non riuscì a condurre in porto la riforma urbanistica in Italia, soprattutto per l'opposizione del suo stesso partito. Ma contro di lui si sollevò il Partito Liberale Italiano, la Confedilizia e la stampa di destra (in particolare Il Tempo e Lo Specchio), la quale con toni virulenti arrivò ad attribuire al ministro l'intento di togliere il tetto ai proprietari di casa. E si scatenò perfino una campagna diffamatoria di inusitata violenza da parte de Il Borghese, alimentata da elementi legati alla grossa proprietà fondiaria[7] e forse anche da elementi legati ai servizi segreti. Sullo chiese di poter illustrare i contenuti del disegno di legge in televisione, ma gli fu negato[8] .
Dal giugno al dicembre 1968 fu presidente del gruppo della Democrazia Cristiana alla Camera dei deputati. Tornò al governo nel 1968, come ministro della pubblica istruzione nel primo governo Rumor, ma si dimise dopo pochi mesi. Non disponendo di tempi tecnici per poter portare a compimento una riforma dell'istruzione secondaria e di quella universitaria, riuscì ad adottare alcuni provvedimenti settoriali (nuovo esame di maturità, moltiplicazione delle sessioni di esame, possibilità di adottare dei piani di studio individuali, diritto di assemblea studentesca nelle scuole superiori, eccetera), in parte rimasti tuttora in vigore. Durante il suo mandato al dicastero dell'istruzione emanò il decreto ministeriale 20 gennaio 1969 che soppresse, a decorrere dall'anno scolastico 1968/1969, l'esame di ammissione per il passaggio dalla V classe ginnasiale alla I classe del liceo classico.
Uscito da anni dalla corrente della Sinistra di base, per qualche tempo guidò una piccola corrente, "Nuova sinistra", per poi aderire alla corrente "Nuove cronache" raccolta attorno attorno ad Amintore Fanfani. Fu Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica nel I Governo Andreotti (1972) e Ministro per gli affari regionali nel II governo Andreotti (1972-1973).
Le opere che ha lasciato hanno dato all'Irpinia una dimensione adeguata sul piano dello sviluppo: come l'istituzione del consorzio idrico Alto Calore (sebbene un consorzio idrico interprovinciale nacque molti anni prima ad opera del prefetto Tamburini e dell'avv. Vincenzo Bruni, all'epoca podestà del comune di Montella, e all'atto della fine del secondo conflitto mondiale la rete idrica serviva da tempo i comuni consorziati) così come l'impegno per l'Autostrada A16, per la quale Sullo durante il suo mandato al Ministero dei lavori pubblici riuscì ad imporre ai progettisti che il tracciato passasse per Avellino, per collegare l'Irpinia a Napoli in modo più rapido.
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