Val Polcevera | |
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Panorama sulla Val Polcevera dal Passo della Bocchetta | |
Stati | Italia |
Regioni | Liguria |
Province | Genova |
Località principali | Campomorone, Ceranesi, Mignanego, Sant'Olcese, Serra Riccò, Genova (Municipio V - Val Polcevera e parzialmente Municipio II - Centro Ovest e Municipio VI - Medio Ponente) |
Comunità montana | Comunità montana Alta Val Polcevera |
Fiume | Polcevera |
Superficie | 165 km² |
Abitanti | circa 110.000 ({{{anno}}}) |
Nome abitanti | polceveraschi |
Cartografia | |
Sito web | |
La Val Polcevera (Pôçeivia o Ponçeivia in ligure) è una delle principali vallate del genovesato: prende il nome dal torrente Polcevera, uno dei due bacini fluviali che delimitano a ponente e a levante il nucleo storico della città di Genova e sfociano nel mar Ligure (l'altro è il Bisagno, che attraversa l'omonima valle).
La più antica denominazione conosciuta della valle è quella riportata nella Tavola bronzea del 117 a.C. dove è citata come Porcobera[1],[2] nome composto da due voci indoeuropee, il cui probabile significato sarebbe fiume portatore di trote.[3][4] La valle è citata da Plinio il vecchio come "Porcifera" nel III libro della Naturalis historia (77 d.C.)[3]; nel latino medioevale è usato il termine "Pulcifera", mentre testi del XVII e XVIII secolo riportano "Pozzevera", "Polzevera" o "Ponzevera"[5]; dal XIX secolo è stabilizzato l'attuale toponimo.
La Val Polcevera si sviluppa perpendicolarmente alla linea di costa a ponente di Genova; comprende i comuni di Campomorone, Ceranesi, Mignanego, Sant'Olcese e Serra Riccò e i quartieri genovesi (un tempo comuni autonomi) di Pontedecimo, Bolzaneto, Rivarolo oltre che Sampierdarena e Cornigliano, tra i quali sfocia il Polcevera.
La mappa mostra la posizione della valle rispetto all'area urbana di Genova, i principali centri urbani e il percorso del torrente con i suoi affluenti.
Si è soliti suddividere la vallata in Bassa Val Polcevera, che comprende il tratto da Pontedecimo alla foce, dal 1926 integrato nel comune di Genova, e Alta Val Polcevera, comprendente le vallate dei principali affluenti.
La Val Polcevera è caratterizzata da un ampio letto alluvionale (oggi ristretto fra gli argini costruiti alla metà dell'Ottocento) che corre quasi in linea retta, perpendicolarmente alla costa, per aprirsi a ventaglio verso le sorgenti montane dei suoi affluenti.
Nella zona dello spartiacque ligure-padano compresa tra la Colla di Praglia e il Passo della Bocchetta si trovano i monti Leco (1071 m) e Taccone, che con i suoi 1113 m è la cima più alta della valle. Nel tratto di spartiacque tra il Passo della Bocchetta e la Crocetta d'Orero, comprendente anche il Passo dei Giovi, l'altitudine dei rilievi non supera mai i 1000 m.
A levante e ponente la valle è delimitata dalle due dorsali che dallo spartiacque appenninico giungono al mare.
La dorsale a levante, che divide la Val Polcevera dal centro di Genova e dalla Val Bisagno, è caratterizzata dalle Mura seicentesca di Genova. Da Sampierdarena si sale al quartiere collinare di Belvedere, dove era la Batteria Belvedere, sulla cui struttura oggi si trova il campo sportivo Morgavi. Risalendo la collina da Belvedere nelle mura sono incorporati una serie di forti: in successione si incontrano il Forte Crocetta, il Forte Tenaglia, gli imponenti forti Begato e Sperone, tutti collegati dalla cinta muraria che corre sulla cresta del monte. Sulle colline più a nord, fuori dalla cinta delle mura, si trovano i forti Puin, Due Fratelli e Diamante.
La dorsale a ponente, che divide la Val Polcevera dalle valli dei torrenti Chiaravagna e Varenna, risale da Cornigliano la collina di Coronata, quindi, oltrepassato il basso valico di Borzoli, risale lungo i monti Rocca dei Corvi, Bric di Teiolo, Scarpino, Monte di Torbi, Proratado e Sejeu e raggiunge lo spartiacque appenninico alla Colla di Praglia, lasciandosi alla destra il Monte Figogna, interamente compreso nella Val Polcevera, sul quale sorge il Santuario di N. S. della Guardia.
La valle viene a trovarsi in corrispondenza della linea che, passando per la parte superiore del bacino del torrente Verde, congiunge Sestri Ponente con Voltaggio (“Zona Sestri-Voltaggio”). Questa zona vede la sovrapposizione di tipologie di rocce e strutture tettoniche tipiche sia delle Alpi Occidentali, sia dell'Appennino nord-occidentale, e quindi, dal punto di vista geologico, costituisce il confine tra Alpi e Appennini (che invece i geografi collocano al Passo di Cadibona).[6] Ad ovest di questa linea predominano rocce ofiolitiche cosiddette del Gruppo di Voltri, mentre ad est si trovano depositi sedimentari tipici dell'Appennino, come le argilliti e i calcari marnosi del monte Antola. E proprio nell'alta valle del torrente Verde, tra i Piani di Praglia e il Passo della Bocchetta, si alternano tipologie di rocce diverse, dalle dolomie della zona di Isoverde, al serpentino del monte Figogna, i metagabbri del monte Leco, l'oficalce di Pietralavezzara e le marne di Gallaneto.
Questa linea di transizione non crea però una netta suddivisione tra le due strutture geologiche, ma un'alternanza di esse, che caratterizza il paesaggio di quest'area, dove è possibile osservare zone aspre e rocciose alternate ad altre con profili più dolci e livellati.[7]
Nella zona di Pietralavezzara, frazione di Campomorone posta lungo la strada del Passo della Bocchetta, gli affioramenti di oficalce formano un marmo verde assai pregiato, denominato Verde Polcevera, estratto fin dal XVII secolo, molto utilizzato in passato per abbellire palazzi e chiese ed esportato anche all'estero.[8][9][10]
Delle cave di Campomorone parla diffusamente il Casalis nel Dizionario degli stati di S.M. il Re di Sardegna alla voce Larvego (antica denominazione del comune), descrivendo, sulla base della classificazione realizzata nel 1805 da Giuseppe Mojon, autore della Descrizione mineralogica della Liguria, i vari tipi di rocce che vi si estraevano, da quelle calcaree utilizzate per produrre la calce, al gesso di Isoverde[11], per finire con i pregiati marmi di Pietralavezzara:
«Marmo verde detto di Polcevera (oficalce), serpentino neroverdastro, irregolarmente attraversato da venule verdi di talco, e da una quantità di venule bianche di calce carbonata. Forma una grande massa nella parte superiore della pendice orientale del vallone detto Rivetta, presso il villaggio di Pietra Lavezzara: è suscettivo d'ottimo pulimento e di un bellissimo lucido; e contende coi marmi più appariscenti, variegati di tinte verdi. E ricercato dalle nazioni estere, e specialmente dai russi e dagli inglesi: nel Genovesato veggonsi molti lavori fatti con questo marmo.»
La storia della Valpolcevera è strettamente legata a quella di Genova, della quale ha sempre costituito uno dei naturali retroterra nonché la principale via di collegamento con l'entroterra e la pianura padana.
Non ci sono stati in Val Polcevera ritrovamenti riferibili alle epoche più antiche della preistoria. I primi insediamenti di cui, in base ai manufatti rinvenuti, si ha una datazione certa, risalgono all'“età del ferro”, che in Liguria si protrasse fino alla conquista romana (II secolo a.C.). I castellari delle prime popolazioni liguri sorgevano in posizioni dominanti sui versanti collinari medio-alti. Il più antico di questi insediamenti è quello di Monte Carlo, presso Isoverde, nel comune di Campomorone (IV secolo a.C.). Altri insediamenti (databili al III e II secolo a.C.) sono stati individuati a San Cipriano e Campora di Geminiano, località situate lungo il percorso che già in epoca pre-romana costituiva il naturale collegamento tra la costa ligure e il Piemonte e che sarebbe poi divenuto il percorso della Via Postumia.
Intorno al 200 a.C. la Liguria, e con essa la Val Polcevera, divenne terreno di scontro fra Romani e Cartaginesi ed al termine della seconda guerra punica (218-201 a.C.) fu conquistata dai Romani.
Intorno alla metà del II secolo a.C. (149 a.C.), attraverso la Valpolcevera fu aperta la Via Postumia che da Genova conduceva oltre l'Appennino a Libarna (presso l'attuale Serravalle Scrivia).
Nel 1506 nei pressi dell'attuale paese di Pedemonte di Serra Riccò avvenne casualmente un importante ritrovamento, che fornì molte informazioni riguardo alle popolazioni che abitavano la Valpolcevera in quel periodo storico ed ai rapporti politici ed economici che le riguardavano. Si trattava di un'iscrizione in bronzo sulla quale è riportata una sentenza pronunciata dal Senato romano nel 117 a.C. per dirimere una controversia tra le popolazioni liguri dei Genuates e dei Veiturii Langenses, che abitavano l'alta Val Polcevera.
In età imperiale la Val Polcevera, insieme con Genova e tutta la Liguria, era parte della Regio IX - Liguria, ma in questo periodo non si verificarono avvenimenti degni di nota; la Genova romana, e conseguentemente il suo immediato retroterra, lontana dalle principali vie di comunicazione, non rivestiva una particolare importanza economica e commerciale, anche se, almeno per un certo periodo, risentì degli effetti positivi della romanizzazione. Come in tutta la Liguria, per l'attrazione esercitata dalla vita urbana, i villaggi montani e di mezza costa furono abbandonati già in età augustea ma tornarono a popolarsi dal III secolo, in conseguenza delle gravi difficoltà economiche originate dalla crisi che interessò l'impero nel III secolo. Come evidenziato da alcuni ritrovamenti archeologici, i nuovi coloni iniziarono la coltivazione di castagno e segale, cibi poveri ma adatti ai terreni montani, e abitavano in piccoli villaggi di case di legno posti nei ripiani di mezza costa, negli stessi luoghi dove già sorgevano gli insediamenti dei loro antenati dell'età del ferro.
Poche sono le notizie certe riguardanti l'Alto Medioevo (dal VI al IX secolo), nel quale si succedettero Bizantini (dal 537), Longobardi (dal 641) e Franchi.
In seguito il territorio fu suddiviso in "Marche": la Val Polcevera fu inclusa nella Marca obertenga del Regno d'Italia. Nel 952 Ido (o Guido) Carmandino, governatore del Comitato genovese della Marca Obertenga, si insediò a Cremeno (presso l'attuale Bolzaneto) con il titolo di visconte. Nei secoli successivi i suoi discendenti avrebbero avuto importanti incarichi nel governo della Repubblica di Genova. Dai Carmandino discesero altre importanti famiglie patrizie genovesi, tra cui quella degli Spinola.[12]
Alla fine dell'XI secolo, nel 1099, nasceva la Repubblica di Genova L'economia della città era basata sui fiorenti traffici commerciali in tutto il Mediterraneo, nei quali erano particolarmente attivi i mercanti polceveraschi. In questo periodo molte personalità della valle ricoprirono importanti incarichi nelle istituzioni della Repubblica di Genova (tra questi l'annalista Caffaro di Caschifellone, nativo dell'Alta Valpolcevera, cita i nomi di Amico Brusco, Ansaldo di Brasile e Bonoamato di Morego).
Nel XII secolo i Genovesi, per assicurarsi un corridoio di transito sicuro verso i valichi appenninici al riparo da signori feudali e briganti, occuparono tutta la Valpolcevera espandendosi oltre l'Appennino fino a Voltaggio e Gavi. Il personaggio politico più importante della Val Polcevera in questo periodo è stato il Doge Giovanni da Murta.
I centri principali erano ancora i paesi sorti lungo le vie che collegavano Genova con la pianura padana percorrendo i crinali delle colline, mentre il fondovalle, quasi completamente occupato dall'alveo del torrente Polcevera e soggetto ad alluvioni causate dalle improvvise piene del torrente, era scarsamente abitato.
A partire dal XIII secolo ebbe inizio, per opera degli ordini religiosi, una prima colonizzazione del fondovalle. Grazie anche al contributo di ricche famiglie patrizie genovesi sorsero nuovi insediamenti monastici, talvolta con annesso “ospitale” per malati, indigenti, pellegrini e viandanti. Nel giro di pochi decenni sorgono il convento francescano alla Chiappetta Bolzaneto (famiglia Lercari, 1291), quello certosino di S. Bartolomeo alla Certosa di Rivarolo (famiglia Dinegro, 1297), quello benedettino del Boschetto (famiglia Grimaldi, 1410), al confine tra Cornigliano e Rivarolo, e gli scomparsi ospitali di S. Biagio del Borghetto[13] (famiglia Leccavela, 1178) e di S. Margherita di Morigallo (XII secolo)[14],[15] A questi più tardi si aggiunsero nel 1612 il convento francescano di N.S. della Misericordia a Rivarolo (convertito in ospedale nell'Ottocento) e nel 1640 quello dei Cappuccini a Pontedecimo.
Dal XIII al XV secolo a Genova avvennero continue lotte per il dominio della città tra le fazioni dette Rampini (Guelfi) e Mascherati (Ghibellini). Cruenti scontri tra queste due fazioni avvennero nel 1318 e nel 1367, nel corso dei quali furono distrutti i castelli di Pontedecimo, Sant'Olcese e Bolzaneto (quest'ultimo poi ricostruito nel 1380).
Nel XIV secolo tra le famiglie notabili originarie della valle emerse la storica famiglia Delle Piane, molti esponenti della quale ricoprirono importanti incarichi nel governo della Repubblica di Genova. Il nome della famiglia Delle Piane proviene dalle piane della val Polcevera.
Nel XV secolo vi furono continue sommosse e rivolte della popolazione della Valpolcevera. Nel 1440, nei pressi di San Cipriano i contadini polceveraschi costrinsero alla fuga le truppe ghibelline comandate dal capitano Barnaba Adorno.
Il 29 agosto 1490 sul Monte Figogna avvenne l'apparizione della Madonna della Guardia al contadino Benedetto Pareto. Il santuario costruito sul monte in memoria dell'avvenimento ha costituito da allora un importante punto di riferimento per i fedeli della Valpolcevera, e con il tempo è diventato il principale santuario mariano della Liguria.
A partire dal XV secolo nella valle si era fatta sempre più massiccia la presenza delle famiglie patrizie genovesi, che avevano costruito le loro residenze di villeggiatura, alle quali erano spesso associate tenute agricole, che per vari secoli hanno caratterizzato il paesaggio della vallata, legandone strettamente l'economia a quella della vicina città. Il fenomeno delle ville di campagna ebbe il suo culmine tra il Seicento e il Settecento.[16]
Dal XVI secolo la Valpolcevera fu teatro di numerosi scontri fra i difensori di Genova ed eserciti stranieri invasori. Nel 1507 il re di Francia Luigi XII, sceso in Val Polcevera a capo di un poderoso esercito per riconquistare Genova (da dove i francesi erano stati cacciati due anni prima) alloggiò alla badia del Boschetto, come ricordato anche dal Guicciardini nella Storia d'Italia[17]
Sebbene fuori dalle mura genovesi, come detto l'area era ben abitata già nel rinascimento. Lo scrittore ed esploratore inglese Fynes Moryson, in transito a piedi da Genova a Milano nel dicembre del 1594, ben rileva la densità abitativa nel suo passaggio per la valle:[18]
«Il primo giorno, dopo pranzo, camminai da solo, sette miglia sino a Ponte Decimo, sulla riva d'un fiume fra montagne sassose, ma frequentemente abitate.»
Nel 1625 il Duca di Savoia, Carlo Emanuele I, con l'aiuto di truppe francesi, scese da Torino per conquistare Genova. Nonostante la forte sproporzione tra le forze in campo, le truppe genovesi guidate da Stefano Spinola, con l'aiuto di volontari polceveraschi, affrontarono l'esercito piemontese nei pressi del Passo del Pertuso, mettendolo in fuga. Tre anni più tardi, in memoria dell'avvenimento, vicino al luogo della battaglia fu costruito il Santuario di Nostra Signora della Vittoria.
Nel Settecento la Repubblica di Genova, alleata della Francia, si trovò coinvolta nella guerra di successione austriaca. La Valpolcevera nel 1746 fu occupata da un esercito austro-piemontese, al comando del generale Botta Adorno, che arrivò fino a Genova, da dove fu cacciato in seguito all'insurrezione popolare del 5 - 10 dicembre 1746, che prese avvio con il leggendario episodio del Balilla.
Gli storici del tempo riportano che durante questa guerra l'esercito occupante accampato nel letto asciutto del Polcevera, tra Rivarolo e Bolzaneto, il 6 settembre 1746 fu travolto da un'improvvisa piena del torrente, che distrusse molte masserizie e provocò la morte di numerosi soldati.[19]
L'11 aprile 1747 un altro esercito austriaco, al comando del conte di Schulenberg, ritentò di occupare nuovamente Genova. Gli invasori, scesi da nord attraverso i valichi appenninici, occuparono tutta la Valpolcevera, portando saccheggi e distruzioni, e strinsero d'assedio Genova. Avvennero aspri combattimenti tra gli austriaci da una parte e volontari della Valpolcevera, (inquadrati in compagnie divise per parrocchie) e truppe regolari della Repubblica di Genova dall'altra. Il 19 luglio 1747 gli austriaci abbandonarono la Valpolcevera e furono definitivamente ricacciati oltre Appennino nel febbraio del 1748, lasciando alle spalle una scia di morte e distruzione. Senza nulla togliere al valore dei resistenti polceveraschi, il ripiegamento degli austriaci dipese anche dalle alterne vicende della guerra, che ormai stava volgendo al termine senza vincitori né vinti.
A fare le spese di quel triste periodo furono soprattutto le località collinari, sia durante la prima avanzata delle armate austriache nel 1746, sia durante il lungo assedio ai confini della città nei primi mesi dell'anno successivo. Numerosi sono i resoconti sulle violenze e le distruzioni perpetrate dai soldati austriaci, assetati di bottino. Delle proteste della popolazione si fecero portavoce i parroci, le cui chiese erano state depredate e gravemente danneggiate. Dopo il ritiro delle truppe molti villaggi, distrutti e con la popolazione decimata vennero abbandonati (le cronache del tempo riportano che buona parte della popolazione della Valpolcevera morì per i combattimenti, ma soprattutto per le privazioni sofferte in quei tragici mesi). Il conseguente calo demografico ebbe effetti per tutto il XVIII secolo, e ci fu una ripresa solo all'inizio del secolo successivo.
Nel 1796 avvenne la discesa di Napoleone in Italia: ancora una volta i valligiani polceveraschi, diffidenti verso le idee rivoluzionarie di cui i francesi erano portatori e che mettevano in discussione il loro consolidato attaccamento alle tradizioni, tentarono di resistere, ma nulla poterono contro il potentissimo esercito napoleonico; finì la plurisecolare storia della Repubblica di Genova che, ribattezzata “Repubblica Ligure”, finì sotto controllo francese.
Nel 1800, durante la guerra tra la Francia e le potenze europee (Austria, Inghilterra, Russia e Prussia), Genova subì un duro assedio per mare e per terra da parte di austriaci e inglesi. Della difesa di Genova fu incaricato da Napoleone il generale francese Andrea Massena, che resistette per oltre due mesi, durante i quali la città patì una terribile carestia, allo scopo di trattenere, in attesa di rinforzi, le truppe austriache. Anche la Valpolcevera, come tutti i dintorni di Genova, fu teatro di aspri scontri (che però non coinvolsero le popolazioni locali) tra gli assedianti austriaci e i francesi, finché Massena fu costretto ad arrendersi: il 4 giugno 1800 fu firmata l'onorevole resa dei francesi nella cappelletta della Madonna sul ponte di Cornigliano (all'epoca più grande dell'attuale). Gli austriaci entrarono in Genova, ma venti giorni dopo, sconfitti a Marengo da Napoleone abbandonarono definitivamente la città. Anche se non paragonabili con le sofferenze patite durante la guerra del 1747, i polceveraschi subirono molti disagi, soprattutto per la mancanza di cibo in conseguenza dell'assedio anglo-austriaco.
La Valpolcevera seguì la sorte della Repubblica Ligure che 1805 fu annessa prima all'Impero francese e poi, alla caduta di Napoleone, assegnata dal Congresso di Vienna al regno Sabaudo (1815).
Alcune piccole attività industriali erano sorte nella valle fin dall'inizio del secolo, ma fu solo con la costruzione della ferrovia per Torino e l'arginatura del torrente, tra il 1849 e il 1853, che alcune grandi industrie trovarono collocazione in aree in precedenza occupate dal greto del torrente, determinando anche un significativo incremento demografico: il censimento del 1881 constatò che la popolazione di recente immigrazione aveva superato quella originaria dei vari centri.
In conseguenza dello sviluppo industriale nella seconda metà del secolo si moltiplicarono le Società di Mutuo Soccorso operaie, aggregazioni di lavoratori, di ispirazione socialista e cattolica, che gettarono le basi su cui si sarebbe in seguito fondata l'organizzazione sindacale genovese.
Con l'espansione urbanistica nella parte inferiore della valle si era creata una conurbazione industriale, formalmente sancita nel 1926 dall'aggregazione al comune di Genova, voluta dal regime fascista, dei comuni della bassa Valpolcevera (Sampierdarena, Cornigliano, Rivarolo, Borzoli, Bolzaneto, San Quirico e Pontedecimo), che insieme ad altri 12 comuni della Val Bisagno, del Ponente e del Levante andarono a costituire la cosiddetta "Grande Genova".
Nel corso della seconda guerra mondiale, tenendo fede alla tradizione storica di opporre resistenza a tutti gli invasori, dopo l'8 settembre 1943 numerosi cittadini polceveraschi diedero un importante contributo alla Resistenza contro i tedeschi. Molti giovani della Valpolcevera, ai quali sono ora dedicate numerose vie nei quartieri della valle, pagarono con la vita la loro partecipazione alla lotta di liberazione.
Il dopoguerra è stato pesantemente contrassegnato in alcune aree (San Quirico e Fegino in particolare) dall'insediamento di industrie e depositi petroliferi, parallelamente al declino delle storiche aziende sorte sul finire dell'Ottocento, oltre che da uno sviluppo urbanistico incontrollato. A partire dagli anni ottanta, lo smantellamento degli impianti petroliferi e l'insediamento di piccole e medie industrie non inquinanti e centri commerciali e di servizi, ha dato inizio ad un riassetto urbanistico più equilibrato, con il recupero ad usi produttivi e residenziali di aree degradate, in passato occupate da industrie e poi abbandonate a sé stesse.
La val Polcevera è interamente compresa nella città metropolitana di Genova. L'alta val Polcevera, che comprende le valli dei principali affluenti, è divisa tra i comuni di Ceranesi, Campomorone, Mignanego, Sant'Olcese e Serra Riccò.
La bassa val Polcevera, a partire dalla confluenza tra i torrenti Verde e Riccò, fino al 1926 comprendeva i comuni di Pontedecimo, San Quirico, Bolzaneto, Rivarolo e parte dei comuni di Borzoli, Sampierdarena e Cornigliano. Nel 1926 questi comuni insieme ad altri del genovesato furono inglobati nel comune di Genova per costituire la cosiddetta Grande Genova. Nella nuova ripartizione amministrativa del comune di Genova in vigore dal 2005 rimane suddivisa fra tre circoscrizioni: il Municipio V Valpolcevera che comprende gli ex comuni di Pontedecimo, San Quirico, Bolzaneto, Rivarolo e parte di Borzoli, mentre la zona prossima alla foce ricade nel Municipio II Centro Ovest (unità urbanistiche Campasso e San Gaetano dell'ex comune di Sampierdarena, in sponda sinistra) e nel Municipio VI Medio Ponente (unità urbanistica di Campi dell'ex comune di Cornigliano, in sponda destra).
La popolazione residente nella valle al 31-12-2009 risultava di 111.850 persone, così suddivise tra vari quartieri di Genova e comuni autonomi (relativamente ai quartieri di Cornigliano e Sampierdarena sono state considerate solo le unità urbanistiche localizzate nella valle).
Comune/Quartiere | Popolazione al 31-12-2009 |
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Cornigliano (unità urbanistica Campi) | 1.164 |
Sampierdarena (unità urbanistiche Campasso e San Gaetano) | 18.475 |
Rivarolo | 34.899 |
Bolzaneto | 15.411 |
Pontedecimo | 12.848 |
Ceranesi | 3.983 |
Campomorone | 7.450 |
Mignanego | 3.727 |
Serra Riccò | 7.961 |
Sant'Olcese | 5.932 |
«La Polcevera forma una valle, che può dirsi vasta, considerate le angustie della Liguria; ma che per numero di abitanti, per commercio, fertilità di suolo e numero incredibile di palazzi e belle case di campagna, oltre la salubrità dell'aria, non ha paragone.»
Così scriveva intorno alla metà dell'Ottocento l'abate Casalis nel suo “Dizionario degli Stati di S.M. il Re di Sardegna”, ma solo pochi anni più tardi nella valle sarebbe iniziato quello sviluppo industriale che avrebbe preso il posto delle ricche residenze di campagna e prevalso sull'agricoltura, fino ad allora principale risorsa economica della valle (sempre citando il Casalis vi si facevano “assai copiose ricolte di cereali, uve, frutta di varie specie, fra cui la pesca che vi è di squisito sapore” ed anche un vino bianco assai rinomato).
Lo sviluppo industriale, se da un lato contribuì a migliorare le condizioni economiche degli abitanti che in queste industrie trovarono lavoro, compromise, prima con i fumi delle acciaierie e poi nel secondo dopoguerra con le raffinerie, quella “salubrità dell'aria” così apprezzata dal Casalis.
Fino a quell'epoca gli insediamenti principali, cresciuti attorno alle chiese parrocchiali, sorgevano sulle colline; quegli antichi nuclei, ancora oggi esistenti, sorgevano lungo le vie che collegavano Genova con la pianura Padana percorrendo i crinali con una fitta rete di mulattiere e sentieri in quota, in buona parte ancora individuabili e ben distinti dalla moderna viabilità di fondovalle.[16] Il fondovalle, esposto a piene improvvise e quasi interamente occupato dall'alveo del torrente, che vi creava un infido terreno acquitrinoso[20], era scarsamente abitato e malagevole da percorrere e da attraversare,
La situazione descritta ha reso per secoli complicato il collegamento tra le due sponde, che non erano collegate da ponti e il guado era possibile solo in pochi punti. La prima notizia di un ponte tra Sampierdarena e Cornigliano risale al 1411, ma il primo ponte in muratura fu costruito solo nel 1550, grazie ad un lascito del nobile Benedetto Gentile, in memoria di un figlio annegato nel guadare il torrente. Appare difficile oggi, vedendo il traffico caotico che percorre l'attuale ponte, immaginare che in tempi lontani il percorso più agevole tra Sampierdarena e Cornigliano fosse quello via mare!
Solo con la costruzione degli argini, tra il 1849 e il 1853, ampie zone di terreno sul fondovalle, prima occupate dal greto del torrente, furono rese disponibili per usi industriali e residenziali. Sui nuovi argini, la cui costruzione comportò anche una breve ma significativa variazione di percorso all'altezza di Bolzaneto, fu costruita la ferrovia Genova – Torino. Nella seconda metà del secolo gli insediamenti di industrie meccaniche e siderurgiche fecero della valle la principale zona industriale di Genova e favorirono un significativo incremento demografico e conseguentemente una prima espansione urbanistica.
Nel secondo dopoguerra l'espansione urbana divenne impetuosa e talvolta disordinata, non sempre ispirata a corretti criteri urbanistici; anche la viabilità realizzata in quegli anni non è stata sempre rispettosa dei diritti degli abitanti, con i viadotti autostradali e ferroviari vicinissimi alle case o che addirittura le sovrastavano.
Tra gli anni cinquanta e gli anni settanta in diverse zone collinari della Val Polcevera, come in altre zone di Genova, furono edificati quartieri di edilizia popolare, privi o quasi di servizi e centri di aggregazione, oggi giudicati veri mostri urbanistici. Esempio di questi è il quartiere Diamante (comunemente chiamato Begato), caratterizzato dai due edifici adiacenti che formano il complesso della cosiddetta "diga", dei quali nel 2019, nel piano di una serie di interventi urbanistici per riqualificare il quartiere, è stata decisa la demolizione e la ricollocazione delle famiglie che vi abitavano.[21][22][23][24]
A partire dagli anni settanta la Val Polcevera ha fortemente risentito della crisi industriale che ha interessato Genova, lasciando in abbandono vaste aree (situazione che portò nel linguaggio giornalistico a definire la valle un "cimitero di fabbriche”"). Parallelamente alla crescita degli insediamenti petroliferi, già negli anni sessanta avevano chiuso alcune delle storiche imprese locali, come le ferriere Bruzzo di Bolzaneto, il saponificio Lo Faro e la Mira Lanza, che chiuse lo stabilimento di Rivarolo e si trasferì a Latina.
A metà degli anni settanta emerse anche a livello politico la consapevolezza del degrado causato dalla chiusura dei grandi insediamenti produttivi, dal proliferare di impianti e depositi petroliferi e dall'urbanizzazione indiscriminata degli anni cinquanta, che aveva pesantemente alterato la struttura originaria del territorio.
A partire dagli anni novanta, è iniziato un processo di riqualificazione delle aree dismesse dalle grandi industrie e dagli impianti petroliferi, con la creazione di zone residenziali, centri commerciali e insediamenti produttivi di piccole e medie dimensioni.
Alla foce del Polcevera la riqualificazione dell'area della Fiumara, ha creato nei primi anni duemila un grande spazio in cui convivono edifici residenziali accanto a strutture per il commercio e il tempo libero, nonché enti ed aziende che operano nel settore terziario.
Sulla sponda opposta del Polcevera, nel sobborgo industriale di Cornigliano, sono ancora in corso lavori di bonifica e riconversione degli spazi già occupati dallo stabilimento siderurgico Italsider, con l'istituzione di una vasta area (trecentomila metri quadrati) destinata ad attività del terziario avanzato ed a progetti di riqualificazione urbana.
Sull'area già occupata dalla raffineria ERG sorgono ora centri commerciali, un quartiere residenziale e un albergo.
Oggi l'economia della valle è basata su aziende commerciali, di servizi e del terziario avanzato, affiancate da piccole e medie aziende produttive. Delle grandi aziende industriali attive tra gli ultimi decenni dell'Ottocento e la metà del Novecento sopravvive solo l'Ansaldo, con il grande stabilimento Ansaldo Energia a Campi, tra Cornigliano e Rivarolo.
Per secoli la principale attività è stata quella agricola, sviluppatasi in particolare tra il XVI e il XVIII secolo grazie al sistema delle ville di proprietà dei ricchi patrizi genovesi, a partire dalla metà dell'Ottocento ha subito grandi mutamenti, passando prima ad una fase connotata dalla grande industria, nel secondo dopoguerra fu pesantemente segnata da impianti petroliferi (raffinerie e depositi), infine all'attuale fase legata a terziario e piccola industria.
Oggi dell'antica vocazione agricola sopravvivono, soprattutto nelle zone collinari, piccoli orti, vigneti e frutteti, coltivati dai residenti soprattutto ad uso personale.
Altra antica attività economica è stata quella legata ai numerosi mulini, presenti soprattutto nell'alta Val Polcevera, che sfruttando le acque dei rivi che attraversano il territorio macinavano cereali, castagne ed anche minerale di zolfo o producevano forza motrice idraulica per aziende tessili e meccaniche. Legati all'attività molitoria, si svilupparono numerosi pastifici artigianali, uno dei quali ancora attivo a Ceranesi.[9][25][26] I mulini della valle erano alimentati tramite un sistema di canalizzazioni[27], detto Roggia dei Mulini, risalente nella parte più antica al XVII secolo, che percorreva gran parte della valle e della quale oggi restano alcuni tratti in galleria, in parte utilizzati come collettore fognario.[16] Resti di mulini sono presenti soprattutto nella val Verde e nella valle del torrente Molinassi; alcune strutture ancora discretamente conservate sono visibili nella frazione Casanova del comune di Sant'Olcese.[9]
I primi insediamenti industriali sorsero all'inizio dell'Ottocento: si trattava di piccole fabbriche rivolte esclusivamente alla realtà locale (filatoi, corderie, saponifici, tintorie); ancora poco prima della metà dell'Ottocento la borghesia genovese, diversamente da quanto stava avvenendo in altre città del nord Italia, aveva una scarsa propensione per i grandi investimenti industriali.
Le cose cambiarono intorno alla metà del secolo quando, in concomitanza con l'entrata in funzione della ferrovia Torino-Genova iniziarono gli insediamenti di industrie meccaniche e siderurgiche (in primo luogo Ansaldo, Ilva e ferriere Bruzzo), che tra gli ultimi decenni dell'Ottocento e la prima guerra mondiale avrebbero fatto della valle la principale zona industriale di Genova. Durante la prima guerra mondiale un terzo della produzione italiana di acciaio veniva dalle industrie siderurgiche della Val Polcevera (Campi e Bolzaneto).
Nello stesso periodo lo sviluppo dell'industria siderurgica favorì anche quello di altri settori, già da tempo presenti nella valle: il comparto tessile (in particolare a San Quirico e Ceranesi) e l'industria molitoria, sviluppatasi soprattutto negli anni settanta e anni ottanta dell'Ottocento, favorita dal ribasso del prezzo del grano, dalla crescita delle esportazioni di paste alimentari e dalla vicinanza del porto di Genova. Nella bassa Val Polcevera trovarono collocazione grandi stabilimenti molitori, mentre nella parte alta della valle proseguiva la tradizione dei mulini e pastifici artigianali.[16]
Nel secondo dopoguerra, contestualmente alla crisi delle grandi industrie, che andavano chiudendo le loro fabbriche, la scelta politica di assegnare a Genova il ruolo di terminal petrolifero (con la costruzione del porto petroli nel quartiere di Multedo) favorì l'insediamento di aziende legate a questo settore, che per quasi quarant'anni avrebbero provocato non pochi problemi di carattere ambientale in alcuni quartieri.[16]
Il paesaggio della valle, caratterizzato prima dall'agricoltura delle ville e poi dalla grande industria, subiva così una nuova fase di trasformazione legata all'espansione di raffinerie e depositi petroliferi. Negli anni cinquanta sulla collina di S. Biagio fu costruita la raffineria ERG, poi chiusa nel 1988, anche a seguito della crescente attenzione della popolazione agli aspetti ambientali del territorio. A partire dagli anni novanta, sulle aree dismesse dalle grandi industrie e dagli impianti petroliferi sono sorti nuovi insediamenti di piccole e medie imprese produttive e servizi, quali il nuovo mercato ortofrutticolo nell'area ex SANAC e l'Istituto italiano di tecnologia sulla collina di Morego.
A nord la valle è delimitata dallo spartiacque appenninico, dove si trovano una serie di valichi che mettono in comunicazione la costa ligure con la Valle Scrivia, tutti frequentati fin dai tempi più antichi, tranne il passo dei Giovi, aperto nell'Ottocento:
A poca distanza dalla Colla di Praglia si trova il Giogo di Paravanico (789 m), valico anticamente di una certa importanza, trovandosi sul percorso della mulattiera che portava alle Capanne di Marcarolo passando per la valle del Gorzente. Oggi è attraversato dalla strada di servizio, sterrata, che porta ai Laghi del Gorzente.
Oltre ai valichi sullo spartiacque appenninico, ne esistono altri, di importanza locale, che mettono in comunicazione la Val Polcevera con le valli adiacenti:
In epoca romana (nel II secolo a.C.) fu costruita la Via Postumia (così detta dal nome del console romano Aulo Postumio). Questa strada, passando per Pons ad decimum (Pontedecimo) e il Pian di Reste (nei pressi dell'attuale Passo della Bocchetta), conduceva da Genova a Libarna (città romana della quale si vedono i resti nei pressi di Serravalle Scrivia), e da qui andava fino ad Aquileia, sull'Adriatico. Di questa strada non esistono più tracce nel tratto ligure; gli storici hanno avanzato varie ipotesi sul suo percorso, che si ritiene uscisse da Genova percorrendo a mezza costa le colline sulla sinistra della Valpolcevera scendendo ad attraversare il torrente a Pontedecimo e risalire poi al Passo della Bocchetta[28]. Il tracciato dell'antica via fu ammodernato dalla Repubblica di Genova nel 1583.
Da Pontedecimo un'altra via, passando per il Giogo di Paravanico e le Capanne di Marcarolo (antico luogo di scambi commerciali tra mercanti liguri e piemontesi) conduceva fino alla pianura intorno ad Alessandria.
Altra via molto frequentata era, almeno a partire dal Medioevo, la cosiddetta “Via del sale“, che partendo dalla Val Bisagno si portava nell'alta Val Polcevera superando il valico di Trensasco e valicava l'Appennino alla Crocetta di Orero.[29]
Nel 1771 il Doge Giovanni Battista Cambiaso fece costruire a proprie spese la prima strada di fondovalle, in cambio di benefici fiscali, ma soprattutto per disporre di un percorso più agevole per raggiungere la sua residenza di campagna a Cremeno, nei pressi di Bolzaneto. L'apertura di questa strada, denominata Camblasia dal nome del suo promotore, diede un primo impulso allo sviluppo economico della valle.
Intorno al 1820, dopo l'annessione della Repubblica Ligure napoleonica allo stato sabaudo, fu aperta la "Strada Reale" per Torino, non più per la Bocchetta ma per il Passo dei Giovi, più basso ed agevole da percorrere. Questa strada, chiamata anche "Via Nazionale", costituì il principale collegamento tra Genova e il nord Italia fino alla costruzione della "Camionale" (autostrada Genova-Serravalle), la cui inaugurazione nel 1935 fu vista come una svolta epocale. La "Camionale", a carreggiata unica, fu raddoppiata negli anni sessanta ed integrata nell'Autostrada A7, Genova – Milano. Il percorso originale, assai tortuoso, costituisce oggi il tratto discendente tra i caselli di Busalla e Genova-Bolzaneto.
La Valpolcevera è attraversata dalla ex Strada statale 35 dei Giovi, ora provinciale SP35, che nel percorso attuale ricalca in gran parte la vecchia "Via Nazionale" e dall'Autostrada A7, Genova - Milano di cui ospita un importante casello a Bolzaneto.
Circa un chilometro prima della foce, l'intera valle era scavalcata dal viadotto Polcevera dell'autostrada A10 Genova - Ventimiglia, lungo 1.182 metri e sorretto da tre tiranti in cemento armato alti circa 90 metri, che fu costruito dalla Società Italiana Condotte d'Acqua su progetto dall'ingegnere Riccardo Morandi, inaugurato nel 1967, parzialmente crollato il 14 agosto 2018, demolito integralmente nell'estate del 2019 e sostituito da un nuovo viadotto chiamato Genova San Giorgio, realizzato da Salini Impregilo e Fincantieri su progetto di Renzo Piano e inaugurato il 3 agosto 2020.[30]
Da Bolzaneto e Pontedecimo partono diverse strade provinciali che collegano il fondo valle con i centri dell'Alta Valpolcevera (Campomorone, Ceranesi, Sant'Olcese, Serra Riccò e il santuario di Nostra Signora della Guardia).
La soluzione individuata da Autostrade per l'Italia al termine del dibattito pubblico indetto dal comune di Genova in merito al progetto della Gronda di Ponente per realizzare il nuovo collegamento tra le autostrade A7, A10 e A12 coinvolge la zona di Bolzaneto, prevedendo un viadotto sul Polcevera all'uscita della lunga galleria proveniente da Voltri, che passerebbe sotto la collina di Murta, e i raccordi per l'innesto della nuova arteria nella A12, prevalentemente in galleria, nella zona di Geminiano.[31] Il progetto, non ancora ufficialmente formalizzato a molti anni dal dibattito, ha visto una forte opposizione da parte di gruppi di cittadini delle zone interessate, costituitisi in comitati "No Gronda" e decisi a contrastare la realizzazione dell'opera.[32]
La Valpolcevera è attraversata dalla linea ferroviaria dei Giovi Genova Sampierdarena - Ronco Scrivia via Busalla, inaugurata nel 1853. Oggi questa linea è percorsa esclusivamente da treni regionali, provenienti da Alessandria, Arquata Scrivia, Novi Ligure e Busalla, diretti a Genova Brignole, e viceversa. Le stazioni presenti nella Valpolcevera sono Rivarolo, Bolzaneto, San Quirico-San Biagio, Pontedecimo e Piano Orizzontale dei Giovi, nei pressi della frazione Barriera del comune di Mignanego, anche se l'edificio si trova nel territorio di Serra Riccò.
I treni a media e lunga percorrenza per Milano e Torino, invece, vengono instradati sulla linea succursale dei Giovi, costruita pochi anni dopo la precedente e che attraversa la Valpolcevera parallelamente a questa, ma non ci sono stazioni tra Sampierdarena e Ronco Scrivia, tranne quella di Mignanego (loc. Ponterosso), che tuttavia dal 2015 non è più servita da traffico passeggeri.
La parte orientale della Val Polcevera è attraversata dalla linea ferroviaria secondaria Genova-Casella. Questa linea, che attraversa il territorio comunale di Sant'Olcese e una piccola porzione di quello di Serra Riccò, in corrispondenza del valico della Crocetta d'Orero, ha un interesse soprattutto turistico, ma localmente è frequentata anche da pendolari.
Le varietà di ambienti che si incontrano alle diverse altitudini ospitano numerose specie vegetali. Nella parte alta della valle accanto ad aree prative predominano boschi di castagno, spesso associati ad altre specie quali il carpino nero, l'orniello, la roverella e la rovere.[33]
Ad altitudini inferiori sono diffusi boschi misti di carpino nero ed orniello ma sono talvolta presenti anche specie tipiche della macchia mediterranea, come i lecci, residuo di antiche foreste assai più estese delle attuali.
Oltre ai boschi di latifoglie, in alcune aree montane in passato erano stati operati interventi di rimboschimento, creando estesi boschi di conifere, costituiti soprattutto da pino nero, pino silvestre e pino marittimo.
Ai margini dei boschi sono presenti specie arbustive quali ginestra, erica arborea, ginepro, mentre nelle aree agricole abbandonate e ai bordi delle strade sono diffuse specie infestanti come i rovi, la vitalba, la robinia e l'ailanto. Quest'ultimo, che è facile trovare anche in aree abbandonate nelle zone urbane, fu introdotto intorno alla fine dell'Ottocento per l'allevamento del lepidottero Samia cynthia, finalizzato alla produzione della seta.
Tra le specie erbacee si segnalano la primula, l'anemone trifoliata e il dente di cane, oltre a bulbose come i narcisi e i coloratissimi gigli di San Giovanni. Nelle zone caratterizzate da rocce ofiolitiche, come l'alta Val Verde, sono presenti rare specie in grado di tollerare elevati tenori di magnesio come la viola di Bertoloni, la peverina di Voltri, il lino campanulato, la dafne odorosae la reseda pigmea.[34],[7],[35] Nelle zone umide si trovano piante insettivore come la rosolida e la pinguicola.[35]
Nonostante la forte antropizzazione della valle, sono numerose le specie animali che trovano nei diversi habitat condizioni ideali per vivere e riprodursi.
* Uccelli. Tra gli uccelli sono comuni il passero, il picchio rosso, il cuculo, il merlo, il fringuello e il pettirosso. È segnalata anche la presenza del succiacapre e dell'averla piccola[36]. L'habitat fluviale, grazie alla ricchezza di pesci, offre adeguate risorse a varie specie di volatili sia migratori che stanziali, quali l'airone cinerino, il gabbiano comune, il germano reale, il corriere piccolo, la garzetta e il cormorano[37]. I rapaci che è possibile avvistare nelle zone montane sono il biancone e la poiana.[35]
La Val Polcevera, per la sua vicinanza alla città, fu tra le località preferite per il soggiorno estivo da molte famiglie patrizie, che vi fecero costruire sontuose dimore di villeggiatura, spesso associate a tenute agricole. Lo sviluppo delle ville di campagna, iniziato intorno al XVI secolo, ebbe il suo culmine tra il Seicento e il Settecento, ma proseguì ancora nell'Ottocento, favorito dall'apertura della ferrovia, che accorciò sensibilmente i tempi per raggiungere da Genova le colline polceverasche. Molte di queste ville esistono ancora oggi, spesso ristrutturate dopo anni di abbandono, anche se in molti casi inglobate nel tessuto urbano, la cui espansione le ha private dei loro vasti parchi. Tra le tante si possono citare:
Numerose e di antica origine sono le chiese cattoliche della Val Polcevera. Molte di esse sono fatte risalire ai primi secoli del Cristianesimo, anche se per la maggior parte non esistono notizie documentate prima del 1143, quando furono citate, insieme a numerose altre chiese genovesi, nel "Registro delle Decime" voluto dall'arcivescovo di Genova Siro II. Quasi tutte hanno subito ricostruzioni e ristrutturazioni nel corso dei secoli, ed oggi si presentano generalmente nell'aspetto barocco dovuto ai rifacimenti seicenteschi. Di seguito sono elencate le chiese più significative per ragioni storiche o artistiche. Oltre a queste ne esistono altre, costruite tra l'Ottocento e il Novecento per far fronte all'incremento della popolazione.
La linea della Mura Nuove costruite nel Seicento dalla Repubblica di Genova ed ampliate nell'Ottocento dal Genio Militare Sabaudo, fa da coronamento alle colline sul versante sinistro della Val Polcevera. Nelle mura sono incorporate alcune fortificazioni. Partendo dal Forte Belvedere si sale al Forte Crocetta, che sovrasta Certosa, si susseguono poi il Forte Tenaglia, le mura di Monte Moro, le mura di Granarolo con la porta omonima, le mura di Begato, il Forte Begato e il Forte Sperone.
Sui crinali a nord delle mura, che separano la Val Polcevera dalla Val Bisagno, esistono altre fortificazioni, costruite tra il XVIII e il XIX secolo come ulteriore presidio a difesa della città di Genova: contornano la valle del Torbella il Forte Puin, i pochi resti del Forte Fratello Maggiore e il Forte Fratello Minore. Più arretrato e in posizione dominante, il Forte Diamante.
I due forti costruiti sulle cime del monte detto "Due Fratelli", erano detti, in riferimento alla loro posizione, "Fratello Maggiore" e "Fratello Minore". Furono costruiti dal governo sabaudo nella prima metà dell'Ottocento, subito dopo l'annessione della Repubblica Ligure (denominazione napoleonica della ex Repubblica di Genova) al Regno di Sardegna. Il primo, a forma di semplice torrione, fu demolito negli anni trenta del Novecento per crearvi una postazione antiaerea, il secondo è ancora sostanzialmente integro e domina la vallata dal monte Spino (622 m s.l.m.)
Il "Forte Diamante", posto sulla vetta del monte omonimo, nel territorio del comune di Sant'Olcese, sorge più arretrato rispetto ai Due Fratelli. Tra i forti genovesi è uno dei meglio conservati; fu costruito nel Settecento dalla Repubblica di Genova e completato ed ampliato nella prima metà dell'Ottocento dal governo sabaudo.
Questi forti possono essere raggiunti attraverso brevi percorsi escursionistici (circa un'ora di cammino), dalla Val Polcevera, con inizio da Begato o Geminiano, da Trensasco (frazione di Sant'Olcese) oppure da Genova, partendo dal Righi.
Nei pressi di Fregoso (quartiere di Rivarolo) si trovano tre torri difensive, mai completate, la cui costruzione fu avviata negli anni venti dell'Ottocento. Ispirate alle torri Martello inglesi, avrebbero dovuto servire come postazioni avanzate all'esterno delle mura. I lavori furono presto interrotti, sia per il costo eccessivo sia perché ritenute non più utili per il mutamento della situazione politica e militare.[43] Delle tre torri costruite all'esterno delle Mura di Granarolo, tra i forti Tenaglia e Begato, denominate Monte Moro, Granarolo e Monticello, furono realizzati solo il piano seminterrato e il piano terra. La torre di Monte Moro, visibile da via B. Bianco, e quella di Granarolo, in via ai Piani di Fregoso, lungo la mulattiera che dalla porta di Granarolo scende al Garbo, sono le meglio conservate. La torre Monticello, nei pressi dell'abitato di Fregoso, è completamente nascosta da una fitta vegetazione.[44]
Il castello di Bolzaneto, in origine fortilizio militare, si trova a poca distanza dal casello autostradale di Bolzaneto. Più volte distrutto, ricostruito e rimaneggiato, divenne all'inizio del Novecento un'elegante residenza signorile, ed è attualmente utilizzato come struttura sanitaria. In origine in posizione strategica per il controllo del territorio circostante, alla confluenza del Secca nel Polcevera fu costruito dalla famiglia Adorno all'inizio del XIV secolo. Distrutto tra il 1336 e il 1337, negli scontri tra fazioni guelfe e ghibelline, fu ricostruito dalla Repubblica di Genova nel 1380. Nel 1435, durante la guerra tra la Repubblica di Genova e il Ducato di Milano, appoggiato dalla fazione ghibellina, cadde nelle mani delle truppe di Filippo Maria Visconti, che si arresero alla fine di quello stesso anno, quando una sollevazione popolare cacciò i Visconti da Genova. Dopo quella vicenda il fortilizio non si è più trovato al centro di fatti d'armi di rilievo; durante le vicende belliche del 1746-1747 ed ancora nel 1800 fu occupato dalle truppe austriache, ma non si ha notizia del suo coinvolgimento in scontri armati.[45]
Rimasto per molto tempo abbandonato, all'inizio del Novecento fu trasformato in villa di campagna e poi in ospedale, attivo fino agli anni ottanta del Novecento. Dal 2002 ospita una RSA e un "hospice" per malati terminali gestito dall'Associazione Gigi Ghirotti Onlus Genova.[46]
La natura collinare del territorio, ai margini della zona urbanizzata e quindi verso le cime dei monti e sulle colline che ne delimitano i confini ad ovest, nord ed est, si presta al turismo escursionistico. I sentieri maggiormente frequentati sono quelli che percorrono lo spartiacque ligure-padano, in particolare il tratto tra la Colla di Praglia e il Passo della Bocchetta, quelli che portano al santuario della Guardia, quelli che raggiungono i forti ed alcuni percorsi naturalistici come il percorso botanico di Ciaè, nel comune di Sant'Olcese. I percorsi sono mantenuti dalla FIE e segnalati mediante segnavia.[47]
L'Alta Via dei Monti Liguri è un itinerario escursionistico che percorre i monti della Liguria da Ventimiglia a Ceparana seguendo lo spartiacque ligure-padano, suddiviso in 88 tappe; l'alta Val Polcevera è interessata da quattro tappe di questo percorso, segnalato con un rettangolo con due bande rosse verticali ai lati e una bianca centrale, con la dicitura “AV“:
Nel primo tratto (tappa n. 23), dove si trovano le vette più alte, il Monte Taccone (1113 m) e il Monte Leco (1071 m), si attraversa la zona Sestri-Voltaggio, con le formazioni rocciose che affiorano in mezzo alle praterie. Lungo questo tratto vari sentieri di raccordo portano verso altre mete assai frequentate, pur se non comprese nel bacino idrografico del Polcevera: i Laghi del Gorzente, il monte delle Figne (1172 m), il monte Penello (995 m) e la Punta Martin (1001 m).
Tra gli itinerari di raccordo, anche quello che da Pontedecimo porta al Passo della Bocchetta, sul presunto percorso dell'antica Via Postumia, passando per Cesino, Madonna delle Vigne e Pietralavezzara (frazione di Campomorone), dove il sentiero, appena fuori dal paese, passa accanto a una cava abbandonata di marmo verde, salendo poi per boschi fino al Pian di Reste (800 m s.l.m.), a poca distanza dal Passo della Bocchetta, dove incrocia l'Alta Via (segnavia una “T“ di colore rosso).
Oltre il passo della Bocchetta, procedendo verso levante, dove prevalgono le rocce calcaree, l'altitudine diminuisce, il profilo dei monti si addolcisce e i boschi si fanno più fitti. I valichi sono più bassi e quindi più agevoli. A metà tra il passo dei Giovi (472 m) e la Crocetta d'Orero (468 m) si tocca il santuario della Vittoria.
In questo tratto un itinerario di raccordo percorre il crinale tra Polcevera e Bisagno, tra il valico di Trensasco e il monte Alpe, con ampio panorama su Sant'Olcese e la valle del Sardorella, sul versante polceverasco e su Molassana e la valle del Geirato, sul versante del Bisagno (segnavia una doppia “X“ di colore rosso).
La zona dei forti è raggiungibile attraverso numerosi sentieri che vi salgono dalla Val Polcevera e dalla Val Bisagno, oppure, provenendo dal centro di Genova, dal Righi, raggiungibile con la funicolare.
Dalla Val Polcevera un itinerario con inizio da Sampierdarena risale le mura a ponente e raggiunge il Forte Diamante in circa 3 ore di cammino, passando per Belvedere, Forte Crocetta, Garbo, Fregoso, Forte Begato, Forte Sperone, Forte Puin e Due Fratelli (segnavia cerchio rosso vuoto).
Due brevi itinerari molto frequentati sono quello che dal valico di Trensasco (392 m s.l.m.) sale al Forte Diamante in circa mezz'ora di cammino (segnavia tre cerchi rossi pieni) e quello da Bolzaneto al Forte Fratello Minore (circa un'ora di cammino, segnavia rombo di colore rosso).
I percorsi più frequentati che portano al santuario della Guardia salendo dalla Val Polcevera sono:
I monti della Val Polcevera sono generalmente costiere erbose, facilmente raggiungibili con comodi sentieri, ma vi si trovano alcune isolate formazioni rocciose frequentate come palestre di arrampicata.[51]
Poche sono le strutture alberghiere della Val Polcevera. Gli hotel che attualmente si trovano nel territorio sono sette:
Assai più numerosi sono gli esercizi dedicati alla ristorazione (ristoranti e trattorie, ai quali si sono aggiunte recentemente numerose aziende agrituristiche), che hanno una lunga tradizione, legata alla posizione sulle vie di transito tra Genova e l'entroterra padano unita all'antica vocazione agricola del territorio.
Esiste una struttura di accoglienza per turismo di tipo religioso denominata "Casa del Pellegrino" che si trova adiacente al Santuario Nostra Signora della Guardia.
La gastronomia locale rispecchia la cucina genovese d'entroterra quindi si trovano piatti a base di ortaggi; a mero titolo d'esempio, tra questi, si ricordano le numerose preparazioni dello zucchino genovese (“a funxettu”, cioè tagliato a rondelle e soffritto in padella con olio, aglio e origano oppure grigliato o ancora fritto con una pastella di acqua e farina, da solo o insieme con altre verdure o carni, oppure ripieno di carne, maggiorana, aglio, parmigiano, uova oltre che della sua stessa polpa e poi dorato al forno).
Ma esclusivi di questa zona sono il salame di Sant'Olcese e i corzetti alla polceverasca.
Il primo, ormai prodotto da soli due salumifici di Sant'Olcese, è un insaccato di carne suina e bovina cruda con impasto a grana media, con contributo dato dall'impiego di piccoli pezzetti di aglio, sottoposto ad una leggera affumicatura con legno di rovere o castagno. Tradizionalmente in primavera questo salame viene mangiato accompagnato da fave novelle e formaggio sardo fresco. Accanto al salame, viene prodotta anche la mostardella, un salume rustico per il quale erano utilizzate le parti di carne scartate nella produzione del salame con l'aggiunta di lardo. L'usanza era ed è gustarlo dopo averla scottata sulla graticola.
I corzetti polceveraschi sono una pasta a forma di "otto" ottenuti da un impasto di farina di grano tenero, uova, sale e acqua che viene condita con pesto, sugo di carne (tuccu), sugo di funghi, sugo di noci o semplicemente con burro fuso. Si distinguono da quelli del levante ligure, che hanno invece la forma di un disco di pasta con impresso uno stemma.
Nella valle si produce, anche se in quantità limitata, il vino Val Polcevera, al quale è stata assegnata dal 1999 la Denominazione di origine controllata (DOC), prodotto prevalentemente con uve del vitigno “Bianchetta Genovese”, un tempo ampiamente coltivato in tutta la bassa Val Polcevera ed anche sulle colline del ponente genovese. La zona di produzione comprende tutto il bacino del Polcevera e dei suoi affluenti e il ponente genovese fino al comune di Mele.[54] Il vino è prodotto nelle varianti “Bianco“, “Rosso“ e “Rosato".
Una rinomata variante è rappresentata dal Val Polcevera Coronata DOC, prodotto in una zona più ristretta che comprende le colline di Coronata, Sestri Ponente, Fegino, Morego e Belvedere, anche se a causa dell'urbanizzazione della zona, la sua produzione è oggi estremamente limitata. Oltre che dalla “Bianchetta Genovese” è composto di uve provenienti da altri vitigni a bacca bianca quali Vermentino, Pigato e Bosco. È un vino secco di colore giallo paglierino carico, con gradazione alcolica intorno agli 11 gradi, ideale per l'abbinamento con piatti liguri tipici a base di pesce o verdure.
Di seguito sono elencate le località che si incontrano risalendo lungo le due sponde del torrente dalla foce alle sorgenti.
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