MUSE - Museo delle Scienze | |
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Facciata nord del MUSE | |
Ubicazione | |
Stato | Italia |
Località | Trento |
Indirizzo | Corso del Lavoro e della Scienza 3, 38122 Trento |
Coordinate | 46°03′45.47″N 11°06′52.14″E |
Caratteristiche | |
Tipo | storia naturale e paleontologia |
Istituzione | 27 luglio 2013 |
Apertura | 20 luglio 2013 |
Direttore | Massimo Bernardi |
Visitatori | 343 984 (2023) |
Sito web | |
Il MUSE è il museo delle scienze di Trento. Si trova a sud dello storico palazzo delle Albere, in un palazzo all'interno del quartiere residenziale Le Albere, entrambi progettati da Renzo Piano. È stato inaugurato il 27 luglio 2013 e ha sostituito, proseguendone le attività, il Museo tridentino di scienze naturali.
Nel 1846 fu fondato il Museo Civico, subito denominato Museo Trentino, con sede in Palazzo Salvadori, via Manci.[1]
Nel 1964 venne istituito il Museo tridentino di scienze naturali, amministrativamente legato alla provincia autonoma di Trento. Dal 1982 trasferì la propria sede in palazzo Sardagna, dove rimase sino al 2013. Già a partire dagli anni novanta il museo si modernizzò, organizzando mostre interattive ed allargando la sua offerta anche didattica; inoltre si legò ad altre strutture sul territorio della provincia di Trento, come il Giardino botanico alpino Viote e la Terrazza delle stelle sul monte Bondone, il museo delle palafitte del lago di Ledro, il museo dell'aeronautica Gianni Caproni, il museo geologico delle Dolomiti a Predazzo e la stazione limnologica del lago di Tovel. Nel 2006 il museo istituì in Tanzania il centro di monitoraggio ecologico ed educazione ambientale dei monti Udzungwa, situato all'interno del parco nazionale dei monti Udzungwa.
Il crescente affollamento di allestimenti e di pubblico nel museo tridentino di scienze naturali e la lenta ma progressiva mutazione della struttura in via Calepina resero evidente che ormai tale sistemazione non rispondeva ai moderni parametri museali. Questo portò all'approvazione nel 2006 da parte della Provincia autonoma di Trento del progetto di una nuova sede che venne costruita nell'ambito di un più ampio disegno di riqualificazione urbana dell'area industriale dismessa dove sorgevano gli stabilimenti Michelin di Trento.
Il 27 e il 28 luglio 2013 la nuova sede fu inaugurata di fronte a un folto pubblico[2] e il museo assume il nome di MUSE - Museo delle Scienze.
Il 26 giugno 2014, a meno di undici mesi dalla data di apertura, ha raggiunto la soglia dei 500 000 visitatori paganti, divenendo una delle istituzioni museali più visitate d'Italia.[3]
Il 5 maggio 2015, a soli 21 mesi dall'apertura, Il MUSE ha varcato la soglia di milione di visitatori.[4][5][6] Al 30 giugno 2017 erano oltre 2,5 milioni,[7][8] e al 30 giugno 2018 le persone che hanno visitato le strutture che fanno parte della rete MUSE sono stati 3,2 milioni[9].
Il 27 luglio 2018 ha festeggiato i 5 anni[10] di attività con un programma fitto di laboratori e visite presentando il progetto di un nuovo planetario digitale[11][12].
Il 25 ottobre 2022 il MUSE ha superato quota 4 milioni di visitatori. Dopo due anni di flessione a causa della pandemia le presenze sono tornate a crescere: da gennaio a ottobre 2022 si sono registrati oltre 240 mila[13].
L'edificio, progettato da Renzo Piano, si sviluppa su una lunghezza massima di 130 metri (est/ovest), una larghezza massima di 35 metri (nord/sud) e sei livelli di altezza: due interrati e quattro fuori terra. Tutti i piani, ad eccezione del secondo livello interrato, sono aperti al pubblico e ospitano sia esposizioni (mostre permanenti e temporanee) sia attività amministrative e di ricerca. Il totale delle superfici è di 12 600 metri quadrati, 3 700 dei quali dedicati alle mostre permanenti, 500 a quelle temporanee, altri 500 ad aule e laboratori didattici, 800 a laboratori di ricerca e 600 alla serra tropicale all'estremità ovest del museo.
Il caratteristico profilo della struttura ricorda l'andamento frastagliato delle montagne trentine e in particolare delle Dolomiti.
L'edificio è stato costruito seguendo tecniche volte ad assicurare il risparmio energetico e la sostenibilità ambientale, cosa che gli ha valso il riconoscimento della certificazione LEED Gold.
L'interno è caratterizzato da un "grande vuoto" (Big Void) che collega tutti i piani del museo, nel quale sono sospesi animali tassidermizzati e lo scheletro originale e completo di una balenottera comune (Balaenoptera physalus) spiaggiata nel 1995 sulle coste di Livorno.[14]
L'entrata del MUSE è una grande sala (detta lobby) dai muri di vetro, da cui si può accedere alla biglietteria e all'entrata del museo; all'altro lato della sala è possibile recarsi al bar del museo o al negozio di souvenir. Durante la mostra temporanea Estinzioni (16 luglio 2016 - 26 giugno 2017) vi era possibile ammirare lo scheletro di un esemplare di Kaatedocus. Secondo le guide, il modo migliore di visitare il MUSE è dai piani superiori a quelli inferiori.
All'ultimo piano si trova la terrazza panoramica che non fa parte del percorso espositivo ed offre una vista sulla città di Trento e sulla valle dell'Adige.
In questa sezione i visitatori possono comprendere la formazione dei ghiacciai e fenomeni naturali quali l'erosione delle rocce e dissestamento del suolo. È presente la perfetta riproduzione in ghiaccio di un tipico ghiacciaio del Trentino.
Si possono osservare gli effetti del clima sugli animali e l'adattamento di essi alla vita ad alta quota con mutazioni come il melanismo e l'albinismo.
Una breve sezione dedicata ai grandi esploratori che hanno scalato le vette del mondo e a tutto ciò che si deve sapere sull'esplorazione montana.
Questa sezione si compone di un'intrigante labirinto di immagini e fotografie in vetro e di tipici animali alpini tassidermizzati. Non ci sono vetri tra i visitatori e gli animali.
Un tavolo tematico illustra al visitatore che la biodiversità degli ambienti d’alta quota è caratterizzata da organismi adattati a vivere in condizioni estreme. Grazie alla presenza di alcune specie modello di insetti ingrandite venti volte il visitatore può osservare quali sono gli adattamenti che esse possiedono per poter sopravvivere in ambienti molto ventosi, freddi e con intense radiazioni ultraviolette. A fianco di ciascuna riproduzione è presente anche l’insetto reale.
Si tratta dell'area didattica dove i bambini possono imparare a riconoscere i vari animali e divertirsi con i giochi forniti dal museo.
Sezione dedicata alla geologia delle Dolomiti e ai vari eventi geologici che hanno portato alla loro formazione.
Sono descritti e presentati vari minerali (in particolare elementi metallici) del mondo, il loro sfruttamento industriale e la trasformazione in oggetti di uso quotidiano.
Sezione dedicata ai disastri ambientali, alle innovazioni atte a prevenirli e al lavoro della Protezione Civile.
La sezione spiega come l'uomo primitivo sia arrivato nelle Alpi e di come sia riuscito a sopravviverci, oltre alla sua evoluzione comportamentale, compreso l'uomo di Neanderthal che visse sulle Alpi per un certo periodo. Vi sono 5 modelli realistici di uomini primitivi (1 Neanderthal, 4 Sapiens) ed alcuni utensili e sepolture rinvenuti sul territorio.
Sezione che dimostra che la maggior parte delle attrezzature sperimentali di maggior successo sono state ispirate dall'ambiente naturale, come lo stesso museo, ispirato dalla bellezza delle Alpi.
Sezione molto simile alla precedente, ma che mette in evidenza anche i danni provocati dall'uomo quando viola le leggi della natura, nonché alcune ricerche di sostenibilità in atto nel mondo.
Piccolo spazio in cui viene mostrato il lavoro della stampante 3D e i suoi innumerevoli utilizzi. Gli open labs permettono di entrare in contatto con i ricercatori del museo e con una parte dell'ampia collezione, esposta in vetrina. Sono presenti inoltre un fab lab e una sfera NOAA.
L'intero piano terra è quello della lobby, l'ingresso del museo, spesso utilizzato anche per eventi. Un'area è inoltre dedicata alla scienza interattiva e un'altra, il Maxi Ooh!, ai bambini più piccoli (0-5 anni).
In questa sezione del museo, che si sviluppa per gran parte del piano inferiore, è possibile ripercorrere tutto il viaggio della vita sul nostro pianeta grazie a grafici, fossili e ricostruzioni. Il percorso si articola inizialmente attraverso alcuni exhibit "a quadrifoglio" riguardanti l'origine del sistema solare e della vita sulla Terra (con riproduzione interattiva dell'esperimento di Miller e Urey) e lo sviluppo delle prime forme viventi unicellulari. Sono presenti alcune stromatoliti, le più antiche strutture sedimentarie biocostruite. Si possono ammirare le ricostruzioni di alcuni tra i più antichi organismi pluricellulari, ovvero la fauna di Ediacara (tra cui Dickinsonia, Spriggina, Charnia, Kimberella, Thectardis, Parvancorina e Bradgatia), e quelle di alcuni rappresentanti della fauna di Burgess Shales (Anomalocaris, Hallucigenia, Wiwaxia, Pikaia e Marrella), della quale sono esposti anche alcuni fossili.
Si passa poi a teche in cui sono conservate riproduzioni e fossili dei più antichi pesci senza mascelle (Anaspidiformes, Cephalaspis, Cyathaspididae, Athenaegis, Sphenonectris e Rhinopteraspis) e alcuni pesci corazzati dotati di mascelle, o placodermi (Dunkleosteus e Bothriolepis). Un settore è dedicato alla conquista delle terre emerse da parte delle piante (la piccola Cooksonia e le grandi Archaeopteris e Sigillaria) e degli artropodi (Pneumodesmus, Palaeocharinus, Meganeura, Arthropleura), fino a giungere ai primi tetrapodi (Ichthyostega) e ai primi rettili (Hylonomus). La sezione termina con alcuni fossili locali risalenti al Permiano, l'ultimo periodo dell'era Paleozoica, e con un calco di uno scheletro di Inostrancevia, il più grande dei gorgonopsidi, un gruppo di predatori estintisi alla fine del periodo.
La zona centrale del piano è dedicata all'era Mesozoica e ai rettili che vissero in quest'epoca. In semicerchio si trovano i calchi di un aetosauro (Desmatosuchus) e di quattro dinosauri (Plateosaurus, "Dilophosaurus" sinensis, Talarurus e Triceratops) oltre a un rettile volante (Pteranodon) e ad alcune ricostruzioni di un piccolo mammifero arcaico (Alphadon), mentre dall'altro lato si trovano i rettili marini (Nothosaurus, Plesiosaurus, Ophthalmosaurus e Halisaurus). Oltre ai grandi scheletri sono presenti numerose teche con fossili locali di notevole importanza, come alcune impronte di dinosauri rinvenute a Dro e ai Lavini di Marco (Grallator, Lavinipes), alcune ossa di rettili marini del Triassico (Placodus, Pistosaurus, Nothosaurus, Shonisaurus), fossili cretacei (Tselfatia, Ptychodus, Inoceramus) e un modello a grandezza reale del piccolo dinosauro Ciro (Scipionyx samniticus). Sono esposte anche alcune ricostruzioni a grandezza naturale di piante mesozoiche (Bjuvia, Tempskya, Williamsonia). Al termine della zona dedicata ai dinosauri, un video del paleontologo Cristiano Dal Sasso fa il punto sull'estinzione di fine Cretaceo.
Sormonta la zona centrale un imponente scheletro di balenottera (Balaenoptera physalus), che introduce la zona dedicata all'era Cenozoica, l'età dei mammiferi, dove si ripercorre il cammino evolutivo dei mammiferi e i loro adattamenti evolutivi. Particolare rilevanza hanno le strategie riproduttive (monotremi, marsupiali, placentali), rappresentate da numerose tassidermie (ornitorinco, wallaby, opossum, petauro dello zucchero, leone) e ricostruzioni (Zaglossus bartoni), oltre a uno scheletro fossile di orso delle caverne (Ursus spelaeus) e riproduzioni di mammiferi predatori estinti (Thylacinus, Sinonyx). Sopra questi, il calco di un gigantesco uccello estinto (un pelagornitide). Il percorso nell'area mammiferi prosegue illustrando i vari adattamenti dei mammiferi al nuoto (otaria, tricheco, lontra americana, tursiope, Kutchicetus) e al volo (pipistrelli, tra cui Epomophorus). Rilevanti i grandi mammiferi ungulati del passato (Cervalces) e del presente (crani di giraffa, rinoceronte bianco, cavallo, babirussa), con un focus sull'evoluzione delle zampe del cavallo (Mesohippus, Merychippus, Dinohippus, Equus).
Seguono approfondimenti sui roditori (tra cui uno scheletro del castoro estinto Castoroides) e su alcuni gruppi di mammiferi tipici del Sudamerica (xenartri) e dell'Africa (afroteri). Tra gli xenartri si possono ammirare tassidermie di armadillo dalle nove fasce, formichiere gigante e bradipo didattilo, nonché repliche di un artiglio del bradipo gigante Eremotherium e di un cranio dell'affine Catonyx. Tra gli afroteri, sono esposti i crani di elefante africano, di elefante nano (Palaeoloxodon falconeri) e di ritina di Steller (Hydrodamalis gigas), una zanna di mammut (Mammuthus primigenius) e alcune tassidermie (oritteropo, irace). La parte finale del percorso è dedicata all'evoluzione dei primati, dall'antico Plesiadapis fino all'origine dell'uomo, attraverso l'esposizione di alcune tassidermie di lemuri e scimmie; una replica di uomo odierno è posta di fronte a un pannello in cui sono esposti numerosi crani delle principali specie di ominini, dai più antichi ai più recenti (tra cui Sahelanthropus, Kenyanthropus, Australopithecus afarensis, A. anamensis, A. africanus, Paranthropus aethiopicus, P. robustus, P. boisei, Homo rudolfensis, H. habilis, H. ergaster, H. antecessor, H. erectus, H. heidelbergensis, H. floresiensis, H. sapiens, H. neanderthalensis). Per finire, oltre a uno schermo interattivo dal quale alcuni esperti (tra cui Telmo Pievani e Giorgio Manzi) parlano delle ultime scoperte di paleoantropologia (come Homo naledi), è presente una ricostruzione a grandezza naturale di una coppia di Australopithecus afarensis nei pressi di un calco delle famose impronte di Laetoli.
Questa sezione corridoio illustra la biodiversità del nostro pianeta e ciò che unisce tutti noi esseri viventi: il DNA;
Adiacente alla sezione del DNA, è presente una sala con svariati grandi acquari, che rappresentano la biodiversità dei laghi africani. Proseguendo per il percorso, si uscirà dal MUSE vero e proprio e si entrerà nella serra del museo. La serra ricostruisce l'ambiente dei Monti Udzungwa, in Tanzania, dove il MUSE ha un Centro di monitoraggio ecologico che rappresenta una delle sue sedi territoriali. Nella serra sono inoltre presenti alcune specie di uccelli (Turaco di Livingstone, anatra dal dorso bianco, Cossypha niveicapilla, Lamprotornis chalybaeus, Euplectes hordeaceus), due specie di anfibi (Phlyctimantis maculatus, Afrixalus fornasini), insieme ad una copia di Rhynchocyon udzungwensis, scoperto da Galen Rathbun e da Francesco Rovero, conservatore della Sezione di biodiversità tropicale del MUSE.
Il MUSE svolge attività di ricerca, organizzata in sette sezioni:
La sezione botanica studia la flora spontanea e coltivata del Trentino, privilegiando ricerche applicate volte alla sua tutela e conservazione, con particolare attenzione alle specie a rischio di estinzione. Può giovarsi della banca del germoplasma del Trentino, dell'erbario tridentino, di un laboratorio di germinazione, una serra di propagazione e quattro giardini botanici (la serra tropicale afromontana, gli Orti del MUSE, le Viote del Bondone e l'Arboreto di Arco).
La sezione si occupa della biologia delle acque interne, in particolare di habitat oligotrofi di elevato valore naturalistico come sorgenti di varia tipologia ecomorfologica e idrochimica, ruscelli sorgivi, torbiere, laghi d'alta quota, di montagna e corsi d'acqua. Negli ultimi anni sono stati studiati anche altri ambienti come il lago di Garda e torrenti mediterranei.
La sezione di zoologia degli invertebrati e idrobiologia studia l'ecologia degli ambienti acquatici e terrestri montani, con particolare riferimento all'alta quota, in relazione a cambiamenti ambientali e climatici.
La sezione svolge ricerca scientifica in ambito alpino, conduce studi sulla biodiversità e biologia di conservazione e sui cambiamenti ambientali nelle Alpi. Cura le banche dati, gli archivi e le collezioni scientifiche. In ambito alpino e nazionale coordina e partecipa a progetti di censimento, monitoraggio per atlanti faunistici e specie minacciate.
La sezione di biodiversità contribuisce, tramite attività di ricerca, documentazione e monitoraggio della biodiversità, alla conoscenza delle foreste pluviali montane afrotropicali, promuovendone la conservazione anche tramite progetti di cooperazione allo sviluppo ambientale delle comunità locali.
La sezione di geologia si occupa di definire le componenti principali del paesaggio alpino, la sua strutturazione geologica nel passato (paleoambienti ed ecosistemi), trasformazioni (passate e presenti) e i processi più rilevanti che le hanno indotte.
La sezione di preistoria studia il popolamento dei territori montani da parte dei gruppi di cacciatori-raccoglitori della fine del Paleolitico superiore e del Mesolitico. Vengono evidenziate le relazioni che intercorrono tra i modelli di sfruttamento del territorio, l'organizzazione sociale dei gruppi umani e la ricostruzione degli antichi paesaggi.
All'interno degli spazi espositivi del livello +1 è presente il "MUSE FabLab", un laboratorio di fabbricazione digitale aperto alla condivisione e collaborazione con utenti, artigiani digitali, aziende, famiglie e scuole che contribuiscono alla ricerca e prototipazione. Oltre alle strumentazioni necessarie per la fabbricazione digitale e la lavorazione elettronica (componenti elettronici di base e un assortimento di utensili tradizionali analogici), il laboratorio dispone di diversi macchinari a controllo numerico[15], tra cui:
Inoltre sono disponibili per chi desidera lavorare:
Una funzione rilevante del MUSE FabLab è la proposta di laboratori didattici per le scuole, corsi di formazione per utenti e attività di tinkering aperti ai visitatori del museo.[16]
Un unico dirigente ha la responsabilità complessiva ed amministrativa dell'organizzazione e del bilancio.[17] Gli organi istituzionali sono costituiti da presidente, direttore, consiglio di amministrazione, comitato scientifico e collegio dei revisori dei conti.[18] La provincia autonoma di Trento, proprietaria della struttura, gestisce anche i servizi ed il personale, attraverso la sua agenzia per appalti e contratti.[19] A partire dal 2017 sono emerse alcuni problemi che riguardano diversi dipendenti del museo.[20]
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