Il 26 dicembre 1940 si sposa con Tullia Calabi. Rientra in Europa, a Londra, nel 1943; nel 1944 è di nuovo in Italia, dove fonda l'Associazione per l'architettura organica (Apao) e l'anno successivo la rivista Metron, pur mantenendo i contatti accademici più stretti con la comunità accademica angloamericana.
In un articolo del 1960 nell'L'Espresso critica aspramente, in occasione della demolizione della Villa Deliella, le azioni del comune di Palermo, denunciando le criminali speculazioni edilizie che cambieranno radicalmente ed irrimediabilmente l'urbanistica della città col cosiddetto sacco di Palermo. Nel 1979 viene eletto presidente emerito del Comitato Internazionale dei Critici di Architettura (CICA). Dopo le decise contestazioni del 1968, dichiara la sua delusione per una mancata riforma ed il permanere di un grave stato di degrado culturale nell'Università; nel 1979 lascia gli incarichi accademici.
Storia e controstoria dell'architettura in Italia, collana I mammut, n. 50, Roma, Grandi tascabili economici Newton, 1997, ISBN88-8183-446-4.
Capolavori del ventesimo secolo - esaminati con le sette varianti del linguaggio moderno, Roma, Newton & Compton editori s.r.l. , 2000, ISBN 88-8289-312-X
Il fondo Bruno Zevi[7] è conservato presso la Fondazione Bruno Zevi. Nel 2014 l'archivio Zevi è stato oggetto di un intervento di riordinamento ed inventariazione[8]
«La famiglia Zevi è saldamente integrata alla borghesia romana. Benedetto Zevi, nonno di Bruno, fu un noto chirurgo, suo figlio Guido sposò nel 1911 Ada Bondì, figlia di un attivissimo e agiato commerciante, fondatore degli omonimi Grandi Magazzini Generali di Risparmio Crescenzo Bondì. Venne in questo modo saldata la vocazione dotta della famiglia a quella commerciale, entrambe facilitate dall'agiatezza già accumulata dai Bondì. Guido Zevi non si dedica all'impresa commerciale del suocero, ma intraprende l'attività di ingegnere. Lavora per il genio civile, per il Ministero dei lavori pubblici e poi per il comune di Roma occupandosi delle infrastrutture impiantistiche e di trasporto pubblico". Il padre Guido curò anche il progetto e l'esecuzione di "una serie di edifici che il figlio Bruno giudicherà molti anni dopo come di «nessun [...] rilievo artistico», ricordando come il ruolo professionale del padre fosse affidato alla «sua personalità [...], alla competenza tecnica, alla scrupolosa sorveglianza dei cantieri»".»
^Bruno Zevi, su Sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche. URL consultato il 22 dicembre 2017 (archiviato il 22 dicembre 2017).
^ Vincenzo De Meo (a cura di), Inventario dell'archivio Bruno Zevi (PDF), su Sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche. URL consultato il 22 dicembre 2017 (archiviato il 22 dicembre 2017).
Claudia Conforti, Le radici del progetto storico di Bruno Zevi, in Roma moderna e Contemporanea, XVII, n. 1-2, aprile 2009, pp. 237-240, ISSN 1122-0244 (WC · ACNP).
Antonino Saggio, Arch'it - Coffee Break - Bruno Zevi, su architettura.it, 31 dicembre 2000 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2001).
Francesco Bello, Bruno Zevi intellettuale di confine. L'esilio e la guerra fredda culturale italiana 1938-1950. Atti del Convegno tenuto a Roma nel 2018, collana I libri di Viella, n. 334, Roma, Viella, 2019, ISBN978-88-331-3210-5.