Inizialmente addetto all'ufficio stranieri (dal 12 novembre 1937) e dal febbraio 1944 reggente della Questura di Fiume sino al 13 settembre 1944, quando fu arrestato dai tedeschi delle SS e internato il 22 ottobre successivo nel campo di concentramento di Dachau con il numero 117826, dove morì di stenti il 10 febbraio 1945, 78 giorni prima della liberazione del campo.[2]
Nel 1936 giurò come volontario vice commissario di pubblica sicurezza e inviato alla questura di Genova. Nel 1937 venne trasferito alla questura di Fiume come responsabile dell'ufficio stranieri e poi come commissario di P.S.[7][8]
Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana. Nella sua posizione ebbe modo di conoscere l'impatto delle leggi razziali sulla popolazione ebraica. In quel contesto cercò di fare quello che la sua posizione gli permetteva, creando attraverso una rete di amici una strada per salvare molti ebrei dai campi di sterminio,[9] ad esempio, la famiglia di Carl Selan.[10][11] In una lettera ai genitori scrisse: «Ho la possibilità di fare un po' di bene, e i beneficiati da me sono assai riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare».[12]
Un calcolo approssimativo stima in più di 5 000 il numero di persone che Giovanni Palatucci aiutò a salvarsi durante la sua permanenza a Fiume.[13]
Nel novembre 1943 Fiume, pur facente parte della Repubblica Sociale Italiana, di fatto entrò a far parte della cosiddetta zona d'operazioni del Litorale adriatico, controllata direttamente dalle truppe tedesche per ragioni d'importanza strategica, e il comando militare della città passò al capitano delle SS Hoepener. Pur avvisato del pericolo che correva personalmente, Palatucci decise di rimanere al suo posto.[14][15][16]
Il console svizzero di Trieste, un suo caro amico, gli offrì un passaggio sicuro verso la Svizzera. Palatucci accettò, ma al suo posto fece partire la sua giovane amica ebrea originaria di Karlovać, Mika Eisler, che, ritrovandosi da sola dopo la separazione dal marito, per scongiurare il pericolo che incombeva su di lei e la sua famiglia, abbandonò precipitosamente il proprio paese per rifugiarsi a Fiume dove fu raggiunta dalla madre Dragica Braun.[17] (In seguito, per metterle al riparo, Palatucci si preoccupò di farle trasferire in una località più appartata, Laurana, a poca distanza da Abbazia).[18]
Si preoccupò anche dell'istituzione di uno "Stato libero di Fiume", per far sì che questo territorio, che correva il rischio di venire ceduto dall'Italia alla Jugoslavia, mantenesse una sua indipendenza. Fu proprio con l'accusa formale di cospirazione e intesa con il nemico in seguito al «rinvenimento di un piano relativo alla sistemazione di Fiume come città indipendente, tradotto in lingua inglese» che il 13 settembre 1944 fu arrestato dai militari tedeschi in seguito alla delazione pervenuta al capitano Schlünzen dal vice commissario ausiliario della III Divisione assegnato alla questura di Fiume fin dal 5 febbraio di quello stesso anno.[16] Dopo essere stato imprigionato nel carcere di Trieste, il 22 ottobre venne trasferito nel campo di lavoro forzato di Dachau, dove morì nel 1945, due mesi prima della liberazione, a 36 anni.
Già nel 1995 furono avanzati dubbi sulla corretta ricostruzione storica delle vicende legate alla figura di Palatucci,[20] ma ancor più clamore destò la ricerca condotta dal Centro Primo Levi nel 2013 che in parte ridimensionò i meriti attribuitigli[21][22][23].
Secondo lo storico Michele Sarfatti, «il sistema delle onoranze nei confronti di Giovanni Palatucci ha preceduto il lavoro di ricerca storica. Questo è il motivo per cui a lui sono state attribuite in modo acritico azioni che nessuno aveva mai verificato essere state compiute veramente da lui»[24].
Un memorandum del Ministero degli Interni del luglio 1952 aveva già escluso che Palatucci avesse compiuto un salvataggio di massa, ma nessuno fece approfondite ricerche documentali.[22]
Stando alla ricerca del Centro Primo Levi, in base all'esame di circa 700 documenti finora inediti, Palatucci andrebbe descritto come uno zelante esecutore della deportazione di almeno 412 dei circa 500 ebrei presenti a Fiume nel suo incarico di responsabile dell'applicazione delle leggi razziali fasciste. La sua deportazione e morte a Dachau sarebbe stata dovuta non al suo aiuto agli ebrei, ma all'aver mantenuto contatti col servizio informativo nemico, per aver passato agli inglesi i piani per l'indipendenza di Fiume.[5]
Anche il museo Yad Vashem e la Santa Sede hanno avviato accertamenti. L'Osservatore Romano, seppure con qualche riserva, ha ammesso che «sul caso Palatucci le ricerche storiche di prima mano sono state poche, che numeri e fatti sono stati sottoposti ad interpretazioni agiografiche. Ed è anche probabile che in seguito alle ricerche in corso i numeri andranno ridimensionati, che alcuni eventi andranno riletti»[25].
Secondo la ricerca del 2013, la storia di Palatucci sarebbe un mito fomentato dallo zio, il vescovo Giuseppe Maria Palatucci, che nel 1952 si sarebbe servito della storia inventata per assicurare una pensione di guerra al fratello e alla cognata, genitori di Palatucci.[26]
Michael Day, giornalista per il quotidiano The Independent, si è chiesto come Palatucci abbia potuto aiutare più di 5 000 ebrei a fuggire da una regione in cui la popolazione ebraica era grande la metà.[27] Anna Pizzuti, curatrice del database degli ebrei stranieri internati in Italia, ha sostenuto nell'intervista al Corriere della Sera che è impossibile che Palatucci abbia inviato "migliaia di ebrei [...] nel campo di internamento di Campagna dove sarebbero stati protetti dal vescovo Giuseppe Maria Palatucci", perché "quaranta in tutto sono i fiumani internati a Campagna. Un terzo del gruppo finì ad Auschwitz".[21][27]
In favore di Palatucci nel giugno 2013 decise di testimoniare l'anziana Renata Conforty, i cui genitori furono tratti in salvo proprio dal questore di Fiume[28]. Dopo un lungo silenzio anche il Vaticano, attraverso L'Osservatore Romano, ha pubblicato un lungo articolo della storica Anna Foa in cui riabilita Palatucci e si augura "che il Museo di Washington, che ha immediatamente cancellato dai suoi siti e dalle mostre il nome di Palatucci, abbia avuto accesso alla documentazione e non solo alla lunga analisi che ne fa il centro Primo Levi"[28] e rigetta le accuse mosse dello stesso Centro che tace sulle numerose testimonianze di salvataggi individuali rilasciate dagli stessi ebrei salvati e sul fatto che la mancanza di documentazione scritta è da ascrivere proprio al fatto che le operazioni attuate da Palatucci fossero necessariamente segrete[28]. Conclude la Foa che "ora come ora, in presenza di condanne infondate tanto definitive, ciò che è fondamentale è rispondere attraverso la documentazione a queste semplici domande: Palatucci ha o no salvato degli ebrei? Palatucci ha o no denunciato degli ebrei? Solo a queste domande ci aspettiamo che i documenti diano una risposta."[28]. Anche lo storico Matteo Luigi Napolitano ha preso le difese di Palatucci contestando le affermazioni fatte dal Centro Primo Levi contro il questore di Fiume.[29] I risultati della ricerca del Centro sono stati criticati anche da altri storici.[30] Giovanni Preziosi, tra l'altro, ha accennato anche al ruolo svolto da Palatucci nel salvataggio della famiglia di Clotilde (detta Lilly) Sachs de Grič, sorella di un suo amico, l’avvocato Niels Sachs de Grič, persona molto nota nella città quarnerina.[31]
Lo Yad Vashem ha giudicato irrilevanti gli studi condotti dal Centro Primo Levi e ha confermato il titolo di "Giusto" a Giovanni Palatucci: "Le prove sono numerose e inoppugnabili. Il revisionismo sulle figure dei Giusti è un fenomeno grave e incomprensibile, che nega il valore delle testimonianze e spalanca le porte al negazionismo", ha dichiarato il poeta Roberto Malini.[32]
Il 17 aprile 1955 fu concessa la Medaglia d'Oro alla memoria dall'Unione delle Comunità Israelitiche d'Italia con la seguente motivazione: «Commissario all'Ufficio stranieri della Questura di Fiume, tanto operò in favore degli ebrei e di altri perseguitati, che venne arrestato dai nazisti nel settembre 1944 e deportato in Germania. Le sevizie e le privazioni del campo di sterminio, a Dachau, ne troncarono, alla vigilia della liberazione, la mirabile esistenza. Se al suo nome nello Stato d'Israele sono state dedicate una via e una foresta, gli ebrei d'Italia vogliono anch'essi onorarne il ricordo».
Processo di canonizzazione. Il 21 marzo 2000 il Vicariato di Roma ha emesso un editto per l'apertura del processo di beatificazione di Giovanni Palatucci, avvenuta formalmente il 9 ottobre 2002.
Il 9 febbraio 2022, presso la chiesa di Corbellino, comune di Fagnano (AQ), è stata piantato un acero montano in sua memoria con targa commemorativa.
Il 10 febbraio 2023, presso il Parco di Monza, è stato dedicato un tiglio secolare ed è stata installata una targa in sua memoria.
Il 10 febbraio 2022, a Como, è stato dedicato a Giovanni Palatucci un cippo commemorativo.
Il 9 febbraio 2024, a Catania, nel Giorno del ricordo è stata dedicata una targa commemorativa e un ulivo, piantumato all’interno del Giardino Bellini[46]; contemporaneamente, sempre in Sicilia, una cerimonia identica si è svolta nel giardino di Villa Bonanno a Palermo, mentre a Caltanissetta la Questura lo ha ricordato fra le vittime delle Foibe[47].
il 12 febbraio 2024, a Viterbo, la Questura ha dedicato una targa commemorativa e un ulivo piantumato all’interno del giardino dell'Istituto Scolastico Paolo Savi
«Funzionario di Polizia, reggente la Questura di Fiume, si prodigava in aiuto di migliaia di ebrei e di cittadini perseguitati, riuscendo ad impedirne l'arresto e la deportazione. Fedele all'impegno assunto e pur consapevole dei gravissimi rischi personali continuava, malgrado l'occupazione tedesca e le incalzanti incursioni dei partigiani slavi, la propria opera di dirigente, di patriota e di cristiano, fino all'arresto da parte della Gestapo e alla sua deportazione in un campo di sterminio, dove sacrificava la giovane vita. Dachau – 10 febbraio1945» — 15 maggio 1995[48]
^Giovanni Palatucci, Il rapporto di causalità nel Diritto Penale. La tesi di laurea discussa a Torino nel 1932, Accademia Vivarium Novum–Dragonetti, Montella, 2004, ISBN 8887637474.
^Senza Titolo - La Nuova Sardegna, su Archivio - La Nuova Sardegna. URL consultato il 10 febbraio 2021 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2022).
Amleto Ballarini, Giovanni Palatucci. Favole e storia, in "Fiume. Rivista di Studi Adriatici", N. S., a. 23(2003), n. 1-6.
Michele Bianco, Antonio De Simone Palatucci, Giovanni Palatucci. Un olocausto nella shoah, Montella, Accademia Vivarium novum-Dragonetti, 2003. ISBN 88-87637-37-7.
Michele Bianco, Antonio De Simone Palatucci, Giovanni Palatucci. Un giusto e un martire cristiano, Napoli, La scuola di Pitagora, 2012. ISBN 978-88-6542-067-6.
Silva Bon, Le comunità ebraiche della provincia italiana del Carnaro: Fiume e Abbazia, 1924-1945, Roma, Società di Studi Fiumani, 2004.
Franco Celetta, Giovanni Palatucci. Raccontato con semplicità, Montella, Dragonetti, 2004.
Marco Coslovich, Il caso Palatucci. Il poliziotto che salvò gli ebrei?, in "Contemporanea. Rivista di storia dell'800 e del '900", anno V, n. 1, gennaio 2002, pp. 59–84.
Marco Coslovich, Giovanni Palatucci. Una giusta memoria, Atripalda, Mephite, 2008. ISBN 978-88-6320-001-0.
Georges de Canino, Il poliziotto che cercava le stelle, Roma, Anicia, 2011. ISBN 978-88-7346-482-2.
Giulio Di Luzio, Il disubbidiente. Il poliziotto che salvò gli ebrei, Milano, Mursia, 2008. ISBN 978-88-425-3718-2.
Dipartimento della Pubblica Sicurezza (a cura del), Giovanni Palatucci. Il poliziotto che salvò migliaia di ebrei, Roma, Laurus Robuffo, 2002. ISBN 88-8087-301-6.
Giuseppe Fresolone-Marcello Naimoli (a cura di), Giovanni Palatucci e gli ebrei internati a Campagna. Memorie, rappresentazioni e nuove ricerche, Roma, EDUP, 2017, IBN 978-88-8421-299-3
Fulvio Giannetti, Racconti della Shoà, Roma, Pericle Tangerine, 2004. ISBN 88-88645-06-3.
Giovanni Palatucci. Documenti e cronologia essenziale (1909-2009) nel centenario della nascita, Campagna, Comitato Giovanni Palatucci, 2008.
Nazareno Giusti, L'ultimo questore. La vera storia di Giovanni Palatucci, il poliziotto che salvò migliaia di ebrei, Livorno, Belforte, 2009. ISBN 978-88-7467-046-8.
Carlo Greppi, L'ultimo treno. Racconti del viaggio verso il lager, Roma, Donzelli, 2012. ISBN 978-88-6036-734-1.
Pierluigi Guiducci, Aspetti di una Resistenza (PDF), Commissione di Studio inerente alla figura e all’operato dell’ex reggente della Questura di Fiume, Dr Giovanni Palatucci, 2015
Antonio Luksich Jamini, Il salvataggio degli ebrei a Fiume durante la persecuzione nazifascista, in "Il movimento di liberazione in Italia", luglio 1955, n.37, pp. 44–47.
Amos Luzzatto, A proposito di laicità. Dal punto di vista ebraico, Cantalupa, Effatà, 2008.·ISBN 978-88-7402-386-8.
Tristano Matta, A proposito del caso Palatucci: una voce fuori dal coro, in "Qualestoria", anno 38, n. 2, dicembre 2010, pp. 121–126.
Ugo e Silvia Pacifici Noja, Il cacciatore di giusti. Storie di non ebrei che salvarono i figli di Israele dalla shoah, Cantalupa, Effatà, 2010. ISBN 978-88-7402-568-8.
Ferdinando Palatucci, Montella di ieri e di oggi, Napoli, Laurenzana, 1969.
Luigi Parente e Francesco Saverio Festa (a cura di), Giovanni Palatucci. La scelta, le differenze. Atti della giornata di studio, Avellino 20 dicembre 2001, Atripalda, Mephite, 2004. ISBN 88-88655-27-1.
Angelo Picariello, Capuozzo, accontenta questo ragazzo. La vita di Giovanni Palatucci, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2007. ISBN 978-88-215-5964-8. (La prefazione è di Toni Capuozzo, figlio di un collaboratore di Palatucci; il titolo del libro è ispirato a un episodio che lo vide protagonista, quale destinatario dell'ultimo messaggio di Palatucci dal vagone piombato).
Nico Pirozzi, Fantasmi del Cilento. Da Altavilla Silentina a Lenti un'inedita storia della Shoah ungherese, Edizioni Cento Autori, Napoli, 2007. ISBN 978-88-95241-34-0.
Goffredo Raimo, A Dachau, per amore. Giovanni Palatucci, Montella, Dragonetti, 1989; 1992.
Paolo Santarcangeli, In cattività babilonese. Avventure e disavventure in tempo di guerra di un giovane giuliano ebreo e fiumano per giunta, Udine, Del Bianco, 1987.
Settimio Sorani, L'assistenza ai profughi ebrei in Italia, 1933-1941. Contributo alla storia della Delasem, Roma, Carucci, 1983. ISBN 88-85027-99-7.
Franco Stano, Ebbe come criterio il cuore. Giovanni Palatucci, Montella, Dragonetti, 2009.
Piersandro Vanzan, Giovanni Palatucci. Giusto tra le nazioni, Gorle-Cascine Vica, Velar-Elledici, 2008. ISBN 978-88-01-04211-5.
Susan Zuccotti, Papa Pio XII e il salvataggio degli ebrei in Italia: esistono prove di una direttiva papale?, in Alessandra Chiappano e Fabio Minazzi (a cura di), Il paradigma nazista dell'annientamento: la shoah e gli altri stermini. Atti del quarto Seminario residenziale sulla didattica della shoah, Bagnacavallo, 13-15 gennaio 2005, Firenze, Giuntina, 2006, pp. 189–208. ISBN 88-8057-244-X.