Cristoforo Maria Aloisio Canonica, detto Luigi (Tesserete, 9 marzo 1762 – Milano, 7 febbraio 1844), è stato un architetto e urbanista svizzero attivo prevalentemente a Milano e in Lombardia. Architetto nazionale della Repubblica Cisalpina e poi architetto reale durante il Regno d'Italia napoleonico, fu autore, tra l'altro, del Foro Buonaparte e dell'Arena di Milano. Fu uno dei principali esponenti del movimento neoclassico italiano, insieme ai romani Valadier e Canina e ai lombardi Piermarini, Cagnola, Cantoni e Moraglia.
Nacque nel 1764 nell'attuale comune di Capriasca, nel Canton Ticino (a Roveredo o Tesserete: due diverse lapidi ne rivendicano la casa natale), figlio di Pietro Canonica, medico laureato all'Università degli Studi di Pavia e di Maria Antonia Porta, entrambi originari di Roveredo Capriasca. Ebbe cinque fratelli e quattro sorelle. Il vero nome era Cristoforo Maria Aloisio, ma venne chiamato solo con il terzo: in latino Aloisio, cioè Luigi.
Trasferitosi giovanissimo a Milano per intraprendere gli studi di lettere, preferì assai presto l'Accademia di Brera, dove seguì gli studi di architettura e divenne allievo di Giuseppe Piermarini, che ne intuì le doti e lo ammise nella propria cerchia.
Nota: il termine origine non indica la residenza ma unicamente il luogo d'origine della stirpe familiare. Di regola nei comuni di origine, molti dei cognomi sono anche dei patrizi, cioè antichi possessori di terreni di genere diverso.
Poi venne il turbinoso biennio 1796-97, con la calata del generale Napoleone Bonaparte e la conquista francese della Lombardia austriaca, riconosciuta il 18 aprile 1797 dall'armistizio di Leoben. I fatti, a Milano, si succedevano rapidi: l'8 luglio veniva promulgata la costituzione della Repubblica Cisalpina, il 27 luglio venne annessa la Repubblica Cispadana e, nell'agosto, Piermarini venne destituito dalla carica di architetto di Stato, sostituito dal trentatreenne Canonica. Il maestro si ritirò nella natia Foligno nel 1798.
L'arrivo di Napoleone diede la stura ad un vorticare di ambiziosi progetti di rinnovamento di Milano, divenuta capitale della neonata Repubblica Cisalpina. Il primo incarico del Canonica era stato riprendere il progetto del Teatro dei Filodrammatici, riprendendo uno schizzo di Piermarini, sviluppato dal Pollak: Canonica realizzò un teatro (disfatto dai rifacimenti del 1970) di circa 1 000 posti, con quattro ordini superiori interamente in forma di logge, quindi privi della consueta suddivisione in palchi, probabilmente per scelta ideologica. E poté inaugurare il nuovo teatro il 21 dicembre 1800 con generale soddisfazione: il giovane architetto di Stato aveva superato la sua prima prova. La facciata, però, non venne mai completata (sino ad essere rimpiazzata, nel 1904, dallo sgraziato liberty che ancora si osserva).
Seguì, sempre nel 1802 l'incarico per la nuova Manifattura Tabacchi, in principio del secondo tronco dell'attuale via della Moscova, sul luogo di un precedente deposito, eretto nel 1719 e, soprattutto, del vasto convento dei Carmelitani Scalzi, risalente al 1622: si trattava di un grande stabilimento, che sfruttava la forza motrice della roggia di San Marco.
Le due commesse erano arrivate al Canonica in quanto architetto di Stato, ma, già nel 1801 egli ebbe l'occasione di valorizzare l'esperienza acquisita con un ricco contratto privato: il disegno della costruzione del nuovo Teatro Carcano (dal nome del proprietario), lungo l'allora prestigioso corso di Porta Romana. Canonica prese a modello il teatro alla Scala e il teatro della Cannobiana, disegnando una sala con quattro ordini di palchi, una volta con un medaglione centrale, decorata dappertutto con stucchi e dorature spiccatamente neoclassiche. Venne inaugurata il 3 settembre 1803. Come d'uso esso fu eretto sulla sede di un convento soppresso nel 1799, quello delle monache domenicane che lo occupavano dal 1498, avendo sostituito la più antica chiesa e ospedale di San Lazzaro.
Ma la principale questione legata al rinnovamento di Milano era urbanistica e riguardava, in particolare, l'ampia area del castello: con decreto del 23 giugno 1800 Napoleone ne ordinò la totale demolizione (realizzata solo in parte dal 1801, per le torri laterali e in toto per i bastioni spagnoli, esterni al palazzo sforzesco, di fronte alla popolazione esultante). Per la sistemazione della vasta area attorno al sopravvissuto nucleo sforzesco vennero presentati, nel 1801, due documenti fondamentali: una pianta planimetrica della città di Milano, incisa dal Cagnani, con indicato il progetto di Foro Buonaparte dell'Antolini, nonché un piano Antolini, opera del medesimo architetto, che può essere considerato il primo piano regolatore di Milano.
Il progetto dell'Antolini prevedeva il rimaneggiamento del castello in forme vistosamente neo-classiche, con un atrio a dodici colonne e circondato, oltre che da una piazza circolare di circa 570 metri di diametro, da una sterminata serie di edifici pubblici di forme monumentali (le Terme, il Pantheon, il Museo Nazionale, la Borsa, il Teatro, la Dogana), collegati da portici sui quali si sarebbero aperti magazzini, negozi ed edifici privati. Esso venne respinto da Napoleone, il 13 luglio dello stesso anno, perché troppo costoso e, in effetti, sproporzionato ad una città di circa 120 000 abitanti.
Venne quindi ripreso in considerazione il progetto del Canonica, che limitava l'intervento ad un grande piazzale da sistemarsi di fronte al Castello, verso la città, di costo assai più contenuto. Esso era, inizialmente, intitolato "Città Buonaparte", ma assunse il titolo del progetto sconfitto e viene, ancor oggi, ricordato con il nome antoliniano di Foro Buonaparte. Il progetto venne ripresentato nel 1803 e realizzato tra il 1803 e il 1807: Canonica realizzò un pubblico passeggio, con viali alberati (poi abbattuti dagli austriaci dopo le cinque giornate e risistemati, dal 1864, dall'architetto Nazari).
La realizzazione del ‘Foro Buonaparte’ ridotto, aveva lasciata irrisolta la questione del grande spazio vuoto sull'area retrostante il Castello, opposta alla città. Vi si mise mano nel 1805. Cagnola disegnò l'Arco della Pace, mentre Canonica venne incaricato del disegno di un grande edificio per le feste, gli spettacoli e le celebrazioni. Nacque così, nel 1805, il progettò dell'Arena Civica, l'opera maggiore che Canonica ha lasciato nel capoluogo lombardo: si tratta di un anfiteatro, di impronta neoclassica sin nella morfologia.
Canonica lo disegnò ispirandosi al Circo di Massenzio, situato fuori di Roma, sulla Via Appia vicino alla basilica di San Sebastiano fuori le mura, forse il meglio conservato degli antichi circhi romani. Ha forma di ellisse, con lunghezza 240 metri e larghezza 120 metri e poteva contenere sino a 30 000 spettatori. Particolare imponenza ebbero il Pulvinare, ovvero il palco ove sedeva il monarca e la porta principale.
Fu incominciata nel 1805 e alla sua costruzione si impiegarono le pietre rivenienti dalla demolizione delle fortificazioni spagnole del castello e gli avanzi del castello di Trezzo sull'Adda, cosicché essa venne realizzata tutta in pietra viva. Venne inaugurato il 17 dicembre 1807 con una grande naumachia, alla presenza di Napoleone.
Il 9 gennaio 1807 venne istituita una Commissione d'Ornato per redigere il Piano Generale di Milano e controllare l'edilizia pubblica e privata delle diverse zone di Milano. Essa portò un contributo memorabile alla storia urbanistica italiana, con il famoso Piano dei Rettifili: si trattava di rettificare i percorsi principali milanesi (piuttosto irregolari come in tutte le città medievali), in base ad una moderna estetica della regolarità (o razionalista ante-litteram), recuperando il tempo perduto nei tre secoli precedenti in cui a Milano non aveva seduto alcun potere politico indipendente.
Anche in questo caso veniva ripresa una precedente proposta del rivoluzionario Antolini. E anche in questo caso l'Antolini dovette soccombere a favore dei suoi più parchi e meglio introdotti colleghi: il successivo 23 settembre la commissione approvò un progetto elaborato dai suoi stessi membri. Il Canonica (Porta Vercellina e Porta Comasina), il Cagnola (Porta Romana, Porta Lodovica e Porta Vigentina), l'Albertolli (Porta Nuova), il Landriani (Porta Orientale e Porta Tosa) e lo Zanoja (Porta Ticinese o Marengo).
Poco dopo l'incoronazione di Napoleone a Re d'Italia, il 26 maggio 1805 in Duomo, il 14 settembre, il nuovo viceré Eugenio emise un decreto imperiale per la costruzione, accanto alla Villa Reale di Monza e agli esistenti giardini, di un immenso parco con lo scopo di farne una tenuta modello e una riserva di caccia. Si trattava di un'opera immensa, su una superficie via via cresciuta sino ad oltre otto chilometri quadrati, con un recinto lungo quattordici chilometri.
I lavori vennero affidati proprio al Luigi Canonica, un po' perché ‘architetto di stato’, un po' poiché già vi aveva realizzato, nel 1802 il teatrino di corte. Avviati nel 1806, essi vennero terminati già nel 1808. Canonica (assistito dall'ingegnere Tazzini e dal capogiardiniere Luigi Villoresi), estese l'area verde del complesso, sino ad oltre 700 ettari, incorporando ville settecentesche con i loro giardini (dei conti Durini e dei Gallarati Scotti), cascine, mulini, una vasta area boschiva e un ampio tratto del Lambro. All'interno vennero organizzate tenute agricole modello, approvvigionate d'acqua, destinate alla sperimentazione agricola e d'allevamento. Organizzando, però un vasto sistema di rettilinei (un asse principale Nord-Sud detto ‘viale Mirabello’, più una rete di viali secondari a distribuire i percorsi in tutto il parco) che mettevano in comunicazione i punti principali, formando delle vedute prospettiche dette ‘cannocchiali’, oltre ad una serie di gradevoli punti di vista. All'interno del parco, Canonica realizzò il Ponte delle Catene sul fiume Lambro, alcune cascine e risistemò le settecentesche ville il Mirabello e il Mirabellino, già dei conti Durini.
Nel 1805 fu incaricato di dirigere, a Milano, i festeggiamenti per l'incoronazione di Napoleone Bonaparte come Re d'Italia: per l'entrata trionfale dell'8 maggio, Canonica disegnò l'arco di Porta Magenta, realizzato utilizzando i materiali del demolito bastione del Castello; il successivo 26 maggio per l'incoronazione in Duomo (quando Napoleone, cingendo la Corona ferrea, pronunciò il famoso detto ‘Dio me l'ha data, guai a chi me la tocca') curò l'apparato decorativo e scenografico.
Un secondo arco (questa volta effimero, ovvero temporaneo, in legno) realizzò per una nuova entrata trionfale dell'imperatore, il 15 dicembre 1807, a Porta Romana.
Nel 1808 venne invitato ad un concorso per un grande Orto botanico da edificarsi a Porta Nuova, che avrebbe dovuto comprende uno zoo, una scuola, una biblioteca e un museo di storia naturale. Nel 1809 presentò una proposta insieme allo Zanoja, ma gli venne preferito, nel 1810, la proposta del Cagnola, che pure non venne mai realizzata.
Nel 1808 lavorò all'ampliamento del palcoscenico del Teatro alla Scala, proseguendo, nel 1814, con la demolizione di alcuni edifici dell'attuale via Verdi, fra i quali l'antico convento della Scala, consentendo al Giusti di sviluppare la superficie del palcoscenico di altri 16 metri e di creare molti locali aggiuntivi, inclusi quelli della scuola di ballo.
Nel 1810 venne insignito del titolo di Cavaliere dell'Ordine della Corona ferrea.
Il 21 marzo 1808 Napoleone approvò la costituzione di un Senato del neonato Regno che venne destinato all'ex Collegio Elvetico (edificato nel 1579 per il cardinale Carlo Borromeo dal Mangone, con facciata barocca del Richini). Al Canonica venne affidato il disegno di un generale progetto di risistemazione, che non sarebbe mai stato realizzato. Al centro del cortile era destinato il monumento a Napoleone I commissionato al Canova e oggi nel cortile di Brera.
Nel 1809 gli venne affidata la ristrutturazione del Palazzo Reale di Milano, che egli ampliò sino via Larga, aggiungendo un edificio per le scuderie, realizzando la facciata posteriore e curandone il parziale innalzamento. L'opera era assai ambiziosa e corrispondeva al periodo dei maggiori fasti dell'imperatore: Canonica ebbe, quindi, i mezzi per coinvolgere notevolissimi artisti, fra i quali l'Appiani, che affrescò un grande soffitto con Minerva mostra a Clio lo scudo istoriato di Napoleone e, nella Sala delle Udienze Solenni, l'allegoria dei quattro continenti (tutti perduti a seguito dei bombardamenti britannici ed statunitensi del 1943).
Con la caduta del Regno italico del viceré Eugenio di Beauharnais e l'arrivo degli austriaci del Bellegarde e del Saurau, Canonica cessò le proprie funzioni pubbliche.
Non si conoscono, in dettaglio, le modalità di tale passaggio. I modi dovettero essere cortesi, se è vero che egli venne nominato socio dell'Accademia di belle arti di Vienna. Ma, sostanzialmente, egli non ebbe più alcun incarico pubblico. Un destino, questo, condiviso anche dall'altro grande maestro del Regno italico, Luigi Cagnola. Probabilmente tale passaggio ebbe a che fare, anche, con il rarefarsi degli investimenti dello Stato, dal momento che l'amministrazione austriaca si impegnò assai meno di quella napoleonica nel rinnovamento urbanistico e civile. Fecero eccezione rari casi, relativi, più che altro, al completamento di progetti già avviati, quali le porte daziarie di Milano affidati, ad ogni buon conto, ad una nuova leva di architetti, tra i quali spicca l'ottimo Moraglia.
L'ultimo progetto pubblico del Canonica consistette nell'allargamento dell'Orto Botanico dell'Università di Pavia, realizzato nel 1815 e, quindi, probabilmente avviato prima della caduta del Regno italico: Canonica sostituì le serre in legno, realizzate su disegno del Piermarini) con serre in muratura, allora riscaldate con aria calda[1].
Da quel momento la sua opera si concentrò, esclusivamente, in una lunghissima serie di commesse private: notevoli palazzi di città, grandi ville di campagna, talune chiese e, soprattutto, un lungo elenco di edifici teatrali, a proposito dei quali si può ben dire che il nostro abbia avuto una parte significativa nel consolidare il modello del teatro d'opera italiano.
I due ultimi interventi facevano parte di una generale ristrutturazione della gran via, allora contrada del Giardino, insieme al rifacimento del Palazzo Poldi-Pezzoli, disegnato dal Cantoni, il palazzo Melzi, disegnato dall'Albertolli o il Palazzo Borromeo d'Adda (ai numeri civici 39-41) del Settecento ma riformato in stile neoclassico dall'Arganini, un allievo del Cantoni.
Dopo il 1814, faute d'argent d'ètat, si dedicò di nuova lena a soddisfare la fiorente domanda del ceto patrizio lombardo, ciò che lo portò a disegnare notevoli ville, tutte a nord di Milano, in Brianza, fra le allora Province di Como e Milano.
Ciò che differenzia Canonica, rispetto a taluni architetti attivi nel primo venticinquennio della nuova occupazione austriaca (in particolare il Moraglia), è l'assai ridotta partecipazione alle commesse ecclesiastiche. Nella provincia si conoscono solo due opere decisamente minori: la stesura del progetto della chiesa di San Marcellino ad Imbersago e un non meglio specificato intervento sulla Chiesa SS. Vito e Modesto a Burago di Molgora.
Seguono, in Milano, i disegni di una nuova facciata per l'antica chiesa romanica di San Celso, presso il Santuario di Santa Maria dei Miracoli (oggi in Corso Italia) e, in Como, la nuova facciata del Santuario del Crocifisso, edificato nel 1564-74 (facciata restaurata, già nel 1864 dal Fontana).
Come nella tradizione dei Magistri cumacini, lasciò nella natia Tesserete solo rari segni artistici (peraltro gli unici in Ticino). In particolare, per la Chiesa di Santo Stefano, di costruzione romanica (documentata fin dal 1078) ma già sensibilmente arricchita in epoca barocca, Canonica disegnò un nuovo altare maggiore, nella forma di un tempietto a colonne, di gusto prettamente neoclassico.
Tale rarefazione contrasta con l'esuberanza della vera "specialità" del Canonica: l'edilizia teatrale. A Monza abbiamo già ricordato il teatrino di corte della Villa Reale, del 1802, a Milano il disegno del Filodrammatici e del Carcano, nonché l'ampliamento del palcoscenico della Scala.
Questi lavori teatrali e i successivi, sono tutti riconoscibili per il ricorso agli schemi più caratteristici del teatro d'opera italiano di gusto neoclassico. Che vennero, in effetti, formati proprio dal Canonica e dal suo maestro Piermarini. In quasi tutti i casi, Canonica, saggiamente, si limitava ai disegni e alla ‘direzione artistica’, mentre la progettazione esecutiva e la direzione lavori venivano lasciati ad ingegneri o architetti più di cantiere.
Morì celibe e senza figli nella sua casa di via Sant'Agnese a Milano, il 7 febbraio 1844, e fu sepolto al Fopponino di Porta Vercellina, oggi non più esistente.
L'iscrizione sulla sua lapide recitava:[2]
«QVI GIACE
LVIGI CANONICA
NATO A TESSERETE NEL 1762
MORTO A MILANO NBL 1844
ARCHITETTO
DI FAMA PARI AGLI ANTICHI
SEPPE CON MIRABILI OPERE
AVER NOME IMMORTALE
PER TESTAMENTO
LEGO' PARTE DI SVA FORTVNA
ALL'EDVCAZIONE DEL POPOLO
E MERITO' LE BENEDIZIONI
DEGLI VOMINI E DI DIO
L'EREDE LVIGI FONTANA
POSE IN SEGNO DI RICONOSCENZA»
Lasciò infatti nella natia Tesserete un legato annuo di 1 500 lire austriache con l'obbligo del "Sacerdote Cappellano di fare la scuola ai figli maschi di quel Comune insegnando loro a far conti, leggere, scrivere e religione", una donazione di 40 000 lire austriache per l'istituzione di "una scuola infantile e una scuola per le figlie", un lascito annuo di lire 300 annue alla parrocchia, per pagare un organista che suonasse nelle feste di precetto.
A lui è intitolata una via a Milano città, che attraversa i quartieri di Chinatown, Borgo degli Ortolani, Sempione.
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